domenica 9 agosto 2020

Omelia 2 agosto 2020

Diciottesima domenica del T. O.

Saranno i giorni particolari che sto vivendo, ma mi colpisce parecchio la vicenda di Gesù che, dopo la morte di Giovanni Battista, sente il bisogno, molto umano, di allontanarsi, di starsene per conto suo. Avendo udito della morte di Giovanni Battista, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. La morte di una persona cui sei legato domanda un tempo di sedimentazione, di rielaborazione del vissuto, per riorganizzare la vita, chi sei e chi vuoi essere, le cose importanti cui rivolgere l’attenzione. Serve per dire: voglio morire anch’io o voglio tornare a vivere? L’ultimo regalo che si fa agli altri che se ne vanno è quello di non sprecare la loro morte. E infatti Gesù ritorna. La solitudine dura poco perché la folla lo segue e lo raggiunge proprio dove pensava di starsene solo. E lui si commuove, forse perché vede non solo gente che ha bisogno di lui, ma anche la vita che continua, un compito che non è finito, un Padre che riapre i giochi. Ecco l’aspetto importante: l’assunzione di una nuova responsabilità. Vale anche per noi, quando la vita ci mette alla prova, quando ci pare che non ci siano sbocchi, quando ci interroghiamo sui compiti che ci appartengono.

E in questa ritrovata fiducia, Gesù ci indica alcune esigenze imprescindibili.

1.    Rifiutare l’allontanamento sbrigativo degli altri. Ad un certo punto è tardi e c’è parecchia gente intorno a Gesù. Come si fa a gestire tutte quelle persone? Ecco allora la soluzione dei discepoli: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ognuno per sé e Dio per tutti! I discepoli vedono i problemi, Gesù vede pecore senza pastore da raccogliere, da custodire. E si mette a guarire la gente. Chi ti affida il Signore? Chi devi ritrovare per evitare congedi troppo frettolosi? In questo tempo ci sono racconti un po’ tristi che provengono dall’ambiente ospedaliero e che a motivo Covid mettono in evidenza la difficoltà di essere accanto ai morenti. Perché i protocolli non consentono più di un accesso al giorno e per un tempo contingentato. Non sempre, non dappertutto. A volte ci sono episodi di grande umanità e comprensione da parte del personale sanitario che va oltre i protocolli. Ma non sempre è così e anche in questo tempo, in ospedale, si rischia di morire in solitudine. Forse, quando una persona se ne sta andando, si può garantire un ambiente riservato, per lei e per i famigliari. Perché anche quel momento è una terapia, per chi se ne va e per chi resta. Cercare, sentire compassione, non allontanare. L’uomo prima dei protocolli.

2.    Partire da quello che sei e da quello che hai. Voi stessi date loro da mangiare. Voi stessi. Il pronome rafforzato marca l’esigenza di esserci, di assumere responsabilità, di non fuggire. Voi stessi genitori, voi stessi animatori, voi stessi nonni, voi stessi preti. E non importa se hai in mano solo cinque pani d’orzo e due pesci. Il miracolo lo compie Gesù che cerca però la tua partecipazione, la tua corresponsabilità. Portatemeli qua. Dopo la genesi, Dio smette di creare dal nulla e preferisce generare vita grazie all’aiuto degli uomini. Poco o tanto non ha importanza, importante per lui è il tuo contributo, la tua consegna, la tua fiducia. Il miracolo è la sfida di cinque pani e due pesci alla fame del mondo. Pensate però a quello che sta capitando, alla difficoltà di unire l’iniziativa personale alla risoluzione dei problemi. Perché la pretesa è quella della garanzia totale e, se non è esaurita tutta la burocrazia, chiarite tutte le responsabilità non ci si muove. Neanche per una partita di calcio in oratorio. E non è un risultato della pandemia. È lo stile di chi fa della ricerca delle altrui responsabilità una professione e un sistema, per guadagnarci, per indebolire, per eliminare. Siamo sempre a rischio denuncia: chi te lo fa fare di tirare fuori i cinque pani? Ma un paese così implode. In questi giorni in Egitto è morto Mohamed Mashali, il "dottore dei poveri", un medico musulmano che visitava gli abitanti dei sobborghi più poveri di Tanta, città nel Delta del Nilo. Curava la gente, chiedendo pochi spiccioli solo a chi poteva affrontare la spesa. Lavorava dodici ore al giorno, visitando musulmani o cristiani, non importava, anche ora che era diventato anziano. È un problema socio-sanitario? Intanto prova a fare qualcosa tu. Voi stessi. Gesù insegna a tirare fuori le piccole disponibilità. E dove c’è autentica generosità lui moltiplica. E sorprende.

3.    Cerca quello che nutre davvero. Ad un certo punto il brano si concentra sui gesti di Gesù. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Sono gesti che sanno di Eucaristia, come se Gesù anticipasse quello che avrebbe compiuto nell’ultima Cena. Allora tu riprendi quota nella vita, anche dopo la delusione e il disorientamento, se ti lasci nutrire da Gesù, dal suo Pane. Non solo se cerchi gli altri, ma se cerchi Gesù! Non solo se ti dai da fare per gli altri, ma se lasci che lui faccia qualcosa per te. Quel Pane avanza perché la chiesa non ne sia mai priva e perché ogni uomo trovi una riserva di cielo nell’esistenza di ogni giorno. Mentre distribuisci pane, ricordati di mangiare, verifica quello che mangi e un po’ di cibo vero chiedilo a Gesù.

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