sabato 15 giugno 2019

Omelia funerale Paolo Carraro


Funerale Paolo Carraro (15 giu. 2019)

(Rm 14,7-12 / Mt 18,1-5)

Eccola nella piazza della chiesa,
eccola sorta come per incanto!
Chi non l’avea desiderata tanto?
Chi non l’avea tanto sognata e attesa?

È l’inizio di una poesia di Marino Moretti, poeta del primo Novecento che descrive l’arrivo della giostra in paese. Chi non l’ha tanto sognata ed attesa? Chi da bambino non si è lasciato catturare?

A questo sogno è connessa la vita di Paolo Carraro, la cui famiglia, da almeno quattro generazioni, viaggia con la giostra da una sagra all’altra, compresa quella di Castello di Godego, dove, fino a non molti anni fa, Paolo montava le sue catene. I lunapark si popolava di attrazioni sempre più evolute, ma lui rimaneva legato a un fascino antico, quello di un seggiolino spinto in alto per rubare non solo una coda ma anche un po’ di cielo.

A dare inizio all’attività era stato il bisnonno, nel 1888. Oggi il popolo delle giostre si muove su moderni caravan, vere case sulle ruote; un tempo c’era la più umile carovana, dove anche Paolo aveva visto la luce, nel 1932 a Torrebelvicino, in una delle tante sagre. Lì era nato, diceva Paolo, lì aveva vissuto i suoi giorni e lì voleva concluderli, come più o meno è avvenuto se non si considerano gli ultimi istanti in ospedale a Camposampiero, dove era arrivato per la festa di S. Antonio.

Cosa racconta la giostra di Paolo? Forse dobbiamo osservarla con un’attenzione più profonda del solito, perché alcuni particolari ci sfuggono.

1.    La giostra racconta la pagina leggera della vita, la pagina della felicità. Forse qualcuno ricorda Paolo al microfono quando, tra i volteggi delle catene, proclamava orgoglioso: «È il gioco americano. Il gioco che va di moda. Salire, prego. La regina del volo». Bambini, ragazzi, giovani e adulti, per qualche istante di divertimento. Divertimento è una parola che allude al divergere, all’esigenza di volgere altrove lo sguardo. Vuol dire che non ci basta il lavoro, il ritmo determinato dalla professione, dalle occupazioni che pure strutturano la vita. C’è qualcosa in più nel cuore e nella testa degli uomini. C’è una dimensione fanciullesca che non possiamo perdere e che porta con sé una matrice autenticamente evangelica, quella che Gesù ci ricorda: Se non ritornerete come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli. La vita, lo sappiamo non è sempre divertimento, ma del divertimento ogni tanto abbiamo bisogno, per non prenderci troppo sul serio, per imparare a ridere di noi stessi, per non lasciarci travolgere dalle cose da fare o perché, avendo vissuto con il pensiero di tante cose da fare, alla fine non ci si renda conto di aver vissuto a metà! Custodisci un po’ di fanciullezza, condividila con tuo figlio e tuo nipote. Sali sulla giostra con loro: forse si ricorderanno un pagina lieta, che farà bene a loro e farà bene anche a te.

2.    Ma la giostra racconta anche un’altra verità, non per chi ci sale, ma per chi appartiene a questo mondo. Il giostraio, infatti, evoca un immaginario non sempre entusiasmante, nel quale le colpe di qualcuno rischiano di essere attribuite a tutti. Lo sapeva Paolo, alla nascita del cui padre, erano dovuti intervenire i carabinieri per convincere la levatrice ad assistere al parto, tanto era prevenuta nei confronti di quella che riteneva gente poco affidabile. Paolo però non era così: era un lavoratore; quando i figli erano piccoli, senza badare alla fatica, montava da solo la giostra nella quale oltre ai seggiolini giravano onestà, pane guadagnato col proprio sudore, rispetto per tutti, cordialità e capacità di fare del bene, di spostarsi per far posto a un’altra giostra, di andare ad aiutare suo fratello con la giostra dei piccoli. Una ricerca di integrazione sociale di cui, il segno più eloquente, è stato il matrimonio con Amelia Daminato. L’aveva adocchiata a Rosà, dove lavorava. Era andata alle giostre e lui era rimasto colpito: “Ciao, bella mora”. E la bella mora sarebbe diventata sua moglie, in una relazione piena di rispetto e tenerezza. Cosa poteva significare nel 1960 a Godego per una donna andare in sposa a un giostraio? Ha vinto l’amore, ha vinto la tenacia, ha vinto la determinazione di entrambi nell’essere più forti degli stereotipi che, non solo un tempo, ma anche oggi condizionano le nostre scelte e generano talvolta tanta sofferenza. Smettila di parlare di categorie e parla di persone, per quello che sono, per quello che sono e per quello che grazie a te possono diventare. Dio non ama le categorie: ama l’uomo e quel bene che ha nascosto nel cuore di ciascuno.

3.    Infine la giostra di Paolo era fatta di famiglia. La carovana si era allargata con l’arrivo di cinque figli ai quali Paolo non consegnava solo il lavoro. Paolo consegnava loro la storia, quella dei libri e quella vissuta, fatta di guerra, di povertà, di avventure che lui amava raccontare. Consegnava molta fiducia: le botte non servivano; serviva la responsabilità. Consegnava la passione per l’unità, raccomandando di volersi bene. Tacitamente consegnava anche la presenza di Dio in quelle preghiere con cui ogni sera si rivolgeva al Signore, ricordandoci che il padrone della giostra, alla fine è lui. Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. La giostra vera è quella di Dio e quel po’ di spinta che ci diamo, vivendo il suo vangelo, non ci porta ad afferrare la coda ma a prendere la sua mano che ci fa passare dalla morte alla vita.  

Bella la giostra! È tutta luce e argento,
tutta specchi, bagliori, oro, turchesi,
così come quei fantastici paesi
ch’io vedo solo quando m’addormento.

Anche Paolo si è addormentato. Che nella carovana dei cieli, possa vedere il mondo di Dio, sentire l’abbraccio del perdono e della misericordia, essere ancora accanto ai suoi cari.

lunedì 10 giugno 2019

Omelia Pentecoste 9 giugno 2019


Pentecoste 2019

C’era un video assurdo che circolava in rete in questi giorni. Due pescatori della Groenlandia che catturano uno squalo, gli tagliano la coda e lo buttano in acqua sghignazzando: «Buona fortuna col nuoto, bastardo». Con l’accortezza di riprendere la scena, prontamente pubblicata. Mi pare la fotografia drammatica dei nostri giorni, di quello che siamo e possiamo diventare; in questo gesto non c’è solo la deprecabile violenza nei confronti di un animale, c’è invece qualcosa di cinico, di spietato, una lucida malvagità, in cui un individuo trova godimento facendo del male. Forse non solo a dei pesci. Basta pensare a quando in mare finisce gente buttata da mercenari senza scrupoli. E allora ti viene da dire: che cosa c’è nel cuore dell’uomo se facciamo gesti del genere, quali oscurità ci abitano? Chi è lo squalo? Forse è proprio per questo che Gesù ci regala il suo Spirito, perché nei nostri polmoni ci sia un’aria differente da quella velenosa che talvolta respiriamo, magari credendo che sia l’unica aria possibile.
Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Dove ci conduce lo Spirito? Come agisce in noi?
1.    Ci sintonizza con Gesù e con il suo pensiero. Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Lo Spirito riattiva la memoria perché spesso è intaccata da virus che cancellano un patrimonio prezioso che ci appartiene, quello cristiano, ma anche quello che di cristiano abbiamo vissuto nella nostra vita. Ad esempio, mi capita con una certa frequenza che gli sposi perdano dopo un po’ la memoria del loro matrimonio; non perché si lascino, ma perché la loro identità di genitori e di nonni erode quella degli sposi. Raccomandazioni ai figli, parole di affetto, sostegno nella scuola, aiuto nelle competizioni della vita e del lavoro. Poi i figli se ne vanno e i due rimangono a casa e non sanno più cosa dirsi. Sono diventati estranei l’uno all’altro. La vita si riempie di vuoto, di sostituzioni affettive, di reciproca insopportabilità. A volte ci si salva diventano nonni, ma è un salvataggio a metà, perché figli e nipoti non hanno bisogno solo di servizi, ma di una testimonianza d’amore vero. Lascia che lo Spirito ricordi ciò che il Signore vi ha detto nel matrimonio, che riattivi la memoria dell’innamoramento, della complicità, della tenerezza.
2.    Lo Spirito crea relazione di famiglia. Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito che ci fa conoscere Dio come Padre ci regala gli altri come fratelli. Questa è la strada per non diventare squali. In questa settimana abbiamo appreso la notizia tristissima di quella ragazza olandese che ha deciso di farla finita. Non è eutanasia; è un suicidio assistito, complice uno stato che invece di sostenere finisce per «incentivare e organizzare la morte dei suoi cittadini preda della disperazione», come in una frase ha riassunto il bioeticista olandese Theo Boer. Una soluzione che sembra raccoman-dabile come le altre, avvalorata dal fatto che se l’ha fatta qualcuno, altri la possono seguire. È la cultura dello scarto che si impossessa di noi. Diverso invece quel compito in classe premiato dal Senato della Repubblica, come miglior tema dell’anno in cui una quindicenne friulana parlando della nonna malata di Alzheimer ha scritto: Vorrei poter raccontare di gite al parco e fiabe lette, ma non sarebbe la nostra storia. A noi non è stato concesso il tempo di fare queste cose. Ma sono infinitamente grata per avere avuto quello di amarti, di essermi potuta rendere conto di quanto una persona possa essere fondamentale anche se non si ricorda il tuo nome e non ti riconosce più. Che bello. Lo Spirito ha stabilito relazione, anche dove sembrava impossibile. E la relazione è diventata vita.
3.    Infine lo Spirito ci restituisce a noi stessi quando ci fa parlare lingue nuove. È quello che succede agli apostoli che escono dal cenacolo. Lingue di fuoco che scendono e linguaggio nuovo che ne deriva: cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Prova a parlare in maniera diversa. E esci allo scoperto. Pensate ad esempio alla sentenza della Cassazione che nei giorni scorsi si è espressa in materia di prostituzione. Qualcuno aveva evocato la libertà sessuale, come diritto che ricade nell’articolo 2 della Costituzione, che tutela i «diritti inviolabili dell’uomo». La domanda, in estrema sintesi, era: quando la scelta di prostituirsi è esercizio di libertà sessuale, perché deve essere accusato di favoreggiamento chi la «agevola»? Ancora: poiché oggi esiste la figura della escort, perché chi mette in contatto queste «professioniste» con i clienti deve essere accusato di favoreggiamento della prostituzione? Ieri la Corte Costituzionale ha diffuso i motivi del rigetto del ricorso: anche se la scelta «appare inizialmente libera», essa conduce spesso in un «circuito dal quale sarà difficile uscire volontariamente» e comunque si tratta di una scelta che mette a rischio l’integrità fisica e la salute delle donne. E noi che ci nascondiamo dietro l’ipocrisia del “mestiere più antico del mondo”: mestiere o schiavitù? Parlare lingua nuove. Ma non novità delle mode, la novità di Dio, l’unico che fa nuove tutte le cose.
Lo Spirito ci viene regalato per questo. Il suo soffio talvolta ci sovverte, ma ci indica strade di libertà e di verità. Per noi e per il mondo.