Esequie Tiziano Turcato (21 gen. 2020)
(Gal
5,16-25 14,7-12 / Mt 6,1-6)
A Tiziano appartenevano numerosi
mondi: la sua famiglia, il bene più prezioso che aveva, il lavoro con i suoi
fratelli, la parrocchia, dove non mancava di pulire la chiesa e varie esperienze
di volontariato, servite con premura e generosità. Ma il mondo che più gli
piaceva ce l’aveva dietro casa: l’orto e il frutteto cui dedicava buona parte
delle sue giornate, ossigenando la sua vita di amore per la terra e di amicizia
con tanta gente che, in maniera non sempre disinteressata, specie nella
stagione delle ciliegie, lo andava a trovare.
Certo,
c’erano ciliegie, pesche, albicocche, ma c’erano anche altri frutti che
crescevano nel campo di Tiziano, quelli di cui ci ha parlato S. Paolo poco fa:
“Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà,
fedeltà, mitezza, dominio di sé. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo
nello Spirito”. Tiziano mentre coltivava ciliegie era attento anche ai
frutti dello Spirito. E guardando la sua vita mi pare che ne possiamo
raccogliere alcuni. La discrezione, la precisione, la partecipazione.
1.
Discrezione.
Tiziano era anzitutto un uomo sobrio. Non amava la visibilità e quello che
faceva non aveva bisogno di pubblico encomio. Quando fai l’elemosina non
suonare la tromba come fanno gli ipocriti per venire lodati dagli uomini. Tiziano non amava elogi, neanche al
suo funerale, tanto che a casa raccomandava: “No ste dirghe tante robe al
prete, fe presto”. Preoccupato dalle troppe parole, controllava anche la rotta delle conversazioni
e, prima di incorrere nelle secche delle critiche o delle chiacchiere inutili,
tagliava corto e diceva: “Dai, Maria, va fare el caffè”. Era il segnale
che si era già detto abbastanza. Anche gli scherzi andavano misurati, perché
potevano diventare mancanza di rispetto, ferire e non divertire. “Sto
comportamento no me piaze”. Come
dire: non esagerare, fermati finché sei in tempo. La discrezione apparteneva
anche alla malattia, vissuta sempre con dignità e coraggio, senza ostentazione.
Della gravità Tiziano era ben consapevole, ma non c’era la necessità di
caricarla sugli altri. Non era però un atteggiamento impavido, eroico. Perché
poi si commuoveva spesso, soprattutto in questi ultimi giorni, ma lo faceva con
chi sapeva di poterlo fare, con la sua famiglia che lo assisteva, con alcuni
amici, con me nel momento in cui sono andato trovarlo e gli ho dato l’unzione degli
infermi, assicurando che lo avremmo portato nelle nostre preghiere. La sobrietà
non è indifferenza rispetto a quello che capita: è orientamento, senso della
misura, capacità di cogliere l’essenziale. Occhio ai discorsi che senti, ai
discorsi che fai. Perché talvolta nascondono la necessità di mettersi in
mostra, di ottenere riconoscimento, di compiacere qualcuno. Ma il valore delle
persone, sta poco nei loro discorsi, sta in quello che fanno e in quello che
scelgono, anche se parlano poco. Tiziano preferiva parlare con la vita.
2.
Precisione.
Di poche parole, Tiziano era però un uomo preciso. Al lavoro si rigava dritti,
anche se i dipendenti erano i suoi figli. Orari, puntualità, regole, esattezza.
”De lá dea rete semo casa, de qua semo in officina”. Uno stile che continuava
nella vita. Non esistevano “sì, no,
forse, vedemo...”. O era sì o era
no. E parola era parola. Era preciso
anche con il Signore, Tiziano che, piuttosto di entrare in chiesa a messa
iniziata, andava a quella dopo. E ogni sera concludeva la giornata con le
preghiere, recitate con sua moglie. Padre
nostro, Avemaria, Gloria... Quando
pregate non sprecate parole... E tuttavia, questa vita ordinata,
dritta come dritte voleva le gombine dell’orto, riusciva a far posto
anche a ciò che arrivava un po’ inatteso, ai tempi che cambiavano, a figli che
a volte variano i progetti dei padri. Perché la vita non é una gombina e
Tiziano lo aveva capito, integrando la sua precisione con la benevolenza, la
pazienza, la possibilità di lasciarsi sorprendere ancora, fino a vedere un
matrimonio il giorno prima di morire. Siate perfetti come è perfetto il Padre
vostro, raccomanda Gesù. Ma
il Padre è perfetto nell’amore, non
nel rigore, nella pazienza non nella sentenza.
3.
Partecipazione.
È il frutto buono della vita di Tiziano che in molti abbiamo raccolto. Perché
parecchi, “quando andranno in pensione”, promettono di dedicarsi al
volontariato. Poi non sempre se ne ricordano, forse per colpa di quote che tardano
ad arrivare. Tiziano invece, se ne è ricordato e ha iniziato a dare una mano a
tanti: Auser, Pro Loco, Parrocchia, Crocetta, Festa dei popoli. Mi pare che le
distinzioni non fossero la sua preoccupazione e dove c’era bisogno, c’era anche
lui, specialmente al mattino, quando per parecchi anni, in pulmino, accompagna
alcuni nostri ragazzi disabili nelle loro cooperative di lavoro. Non c’era solo
il servizio, ma un legame fatto di simpatia, di solidarietà e di affetto. Partecipazione,
come compagnia buona da stabilire nella vita per vincere la solitudine e
l’indifferenza. E qui ascolto Tiziano. Mi fermo. Perché questa è la terra della
carità, la terra di mezzo tra Dio e gli uomini, la terra dove Dio ama
riservarci le sue sorprese e le sue ricompense, quelle del Padre che vede nel segreto. A questa
terra di novità e di vita affidiamo Tiziano. Forse non troverà ciliegie ma
troverà i frutti dell’amore, quelli che Dio coltiva e quelli che non vanno
perduti.