sabato 22 agosto 2015

Omelia 9 agosto 2015


Diciannovesima domenica del Tempo ordinario



Mentre ci accompagnava in visita ai Musei Vaticani e alle stanze di Raffaello, la guida ci ha detto che in più di qualche occasione i visitatori a quel punto hanno restituito l’auricolare dicendo che quella presentazione non interessava loro. In una parete della biblioteca di Giulio II infatti, Raffaello dipinge la Scuola di Atene con i massimi pensatori del mondo pagano. Dall’altra la Disputa del Sacramento in cui i grandi pensatori cristiani riflettono sull’Eucaristia posta sopra l’altare. Raffaello sembra stabilire un collegamento tra la sapienza del mondo pagano e la rivelazione cristiana, come se volesse invitare l’osservatore a superare le divisioni, a sentirsi in ricerca e a lasciarsi condurre ad una sapienza ulteriore rispetto a quella che può produrre il pensiero umano. Ma, evidentemente, alcuni visitatori non accettano questo percor-so, si tolgono l’audioguida e restano nelle loro posizioni.

Niente di nuovo; il brano del vangelo di oggi ci presenta la stessa situazione: Giudei che rimangono refrattari ai discorsi di Gesù proprio perché il percorso che indica sembra opporsi alla sapienza umana: Si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo».  Ecco: Gesù indica prospettive di cielo, vuole nutrirci di cielo e c’è il rischio di rimanere a terra e di mangiare logiche solo terrestri. Quali sono gli aspetti dello scontro e come se ne esce?



  1. Il primo problema è legato alla provenienza di Gesù. «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». È la questione dell’incarnazio-ne, della possibilità cioè da parte di Dio di scendere nella storia. Poche persone oggi militano in un rigido ateismo. Molti invece riconoscono senza difficoltà la presenza dell’assoluto, di Dio. Ma i problemi nascono quando ci si deve confrontare con il Dio che discende dal cielo. Allora questo sembra strano e, pur lontani dalla filosofia antica, ci pare impensabile che gli dei scendano tra gli uomini. Però, provate a pensare all’incoerenza di questo pensiero: perché se accetto l’esistenza di un Dio devo assumere anche il rischio della sua libertà e del fatto che possa anche decidere di discendere dal cielo. La fede non è un limite per la ragione, ma una sfida. Ti allarga la mente e ti decentra dalla presunzione di possedere la verità. Occhio a non costruire dogmi al contrario. Vuoi combattere il dogma della religione e ne costruisci uno di più grande con la tua preclusione che diventa il criterio di ogni valutazione.

  2. Seconda questione è quella di lasciarsi istruire. E tutti saranno istruiti da Dio. Perché non riesci a capire? Perché a volte frequenti maestri che non ti portano molto lontano. Ti lasci condurre da pensieri terreni e non lasci a Dio la possibilità di suggerirti qualcosa di differente. Nel modo di pensare a te stesso, al mondo, alla vita, all’amore, all’esperienza dell’oltre. Oggi il maestro è la banalità: avete sentito mai quella canzonetta estiva che dice: tutto il giorno sto sui libri, c****mene della crisi, ora voglio stare easy? Chi te lo fa fare a dare spessore alla vita? Né libri né crisi: solo la vita easy. Ma se questa è la tua scuola, qual è l’esito? E poi rimaniamo sconcertati perché a 25 anni la ragazza immagine di una discoteca qui vicino si toglie la vita. «Adesso siamo in ferie, ma faremo un evento per ricordarla!». Attento ai tuoi maestri.

  3. E infine: cogli le differenze. I vostri padri hanno mangiato la manna e sono morti, io sono il pane della vita perché chi ne mangia non muoia. Ecco, nella vita bisogna qualche volta fare due più due. Quello che mangio genera vita o genera morte? Era interessante in questi giorni romani vedere il confronto tra mondo pagano e cristianesimo degli inizi proprio sulla questione della morte. I ragazzi sono stati impressionati da un sarcofago in cui un bambino veniva rappresentato mentre si toglieva la maschera. A volte noi viviamo la vita come una mascherata, pensando che la morte non ci appartenga. E invece essa è la grande domanda sull’esistenza umana. Ecco la questione: anche se la tua immagine viene scolpita su un sarcofago, a distanza di qualche secolo chi si ricorda più di te? Nùtriti e nutri il mondo di vita. Il Signore custodisce questa vita nel Pane che ricevi ogni domenica. È il suo corpo e quando ne mangi tu ne diventi parte. Alzati e mangia, perché troppo lungo per te è il cammino. Un ragionamento in meno e una comunione in più forse ci aiutano a capire qualcosa in più del mistero di Dio e di quella vita che egli sogna per noi.

Omelia 2 agosto 2015


Diciottesima domenica del T. O.


Nei mesi scorsi una coppia di fidanzati è venuta a fissare la data di matrimonio. E mi ha rivolto una strana richiesta: quella di potersi sposare nella cappellina feriale. Credevo fosse una questione di intimità, invece si trattava di sfuggire alla difficile composizione dei rapporti famigliari. «I nostri parenti sono in guerra: tutti contro tutti. E noi non sappiamo come metterli a tavola. Non possiamo far finta di niente e non possiamo neppure selezionare gli invitati. Per questo vorremmo fare un matrimonio solo con le nostre famiglie. Una trentina di persone in tutto». È la punta di un iceberg che accompagna numerose vicende nuziali. A volte mettiamo insieme delle sceneggiate che, dietro le facce di circostanza, nascondono la nostra incapacità di capire i messaggi che la vita porta con sé. Pensate a Gesù. Domenica scorsa ha spezzato il pane per una folla di oltre cinquemila persone. Non era un semplice miracolo, ma un segno, un modo con cui Gesù invitava a condividere il pane, a diventare pane per gli altri. Ma la gente non lo capisce. E lo va a cercare sull’altra riva del lago perché vuole che il ristorante riapra le porte. Ed ecco la risposta: «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». È l’uomo che pensa a mangiare, a riempire la pancia, che non coglie gli appelli più profondi che la vita porta con sé. Quali sono tali appelli?

  1.  Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna. Anzitutto chiediti che cosa ti nutre veramente. Impara a distinguere ciò che sazia da ciò che inganna. Pensate all’uso delle sostanze da parte di numerosi ragazzi che con disinvoltura si procurano e assumono le pastiglie dello sballo. Abbiamo sentito: morto un ragazzo di sedici anni a Riccione. Ma qual è stata la domanda che ci si è fatta? Chi gli ha fornito la dose mortale? E se invece la roba era buona, tutto andava bene? Troppi interessi in questo mondo notturno: che toccano il divertimento, i locali, i consumi. E alimentiamo la menzogna che in fondo sia normale, basta stare attenti a quello che si assume. Anzi l’ecstasi ha un nome seducente: è la “droga dell’amore”, perché quando la prendi tutti diventano simpatici e a tutti vuoi bene. Fa’ attenzione perché puoi mancare all’appuntamento con la vita, cercarla dove non si trova o addirittura perderla dove speravi di trovarla.
  2. La gente sembra colpita dalle parole di Gesù e chiede: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?» per orientare correttamente la vita?. E Gesù risponde: «Questa è l’opera di Dio: credere in colui che ha mandato». La tua vita cambia, sta in piedi se credi in Gesù e al suo vangelo. Quale logica ti muove? Avete sentito di Mauro Berrutto, l’allenatore della nazionale di volley che ha mandato a casa quattro giocatori titolari per motivi disciplinari? Poi i rapporti si erano fatti tesi con la squadra e ha preferito rinunciare all’incarico. I valori cui tengo - ha detto l’allenatore - non sono negoziabili neppure con i traguardi ormai vicini della squadra. Ecco, a che cosa credi? Al compromesso, a tutto va bene allo stesso modo, a “ma sono dei bravi ragazzi”? Guarda di non vendere mai la tua fede, di non edulcorarla, di non richiuderla in un compromesso dove lavori in parrocchia, ti sposi in chiesa ma hai perso il vangelo.
  3. E allora, siccome i discorsi diventano impegnativi, la gente a questo punto chiede a Gesù: qual è il segno che quello che dici è vero? Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? E Gesù invita a cercare il pane che viene dal cielo. La tua vita cambia se cerchi e spezzi questo pane. In questi giorni i vescovi di Treviso e di Vittorio Veneto hanno inviato ai cristiani una lettera sulla complessa vicenda dei profughi. Lettera ripresa nella stampa locale e che trova talora commenti caustici o scomposti, della serie “metteteli in Vaticano”. Mi pare che l’appello dei vescovi non sia “tocca a me, tocca te”, bensì: ciascuno faccia la sua parte con intelligenza e con il cuore, cercando di rispondere non con gli slogan ad effetto ma con la responsabilità e un po’ di pane che profumi di cielo, di visioni più grandi di quelle in partita doppia con cui misuriamo talvolta la vita. Il pane del cielo non si limita a saziare qualche appetito: dà la vita al mondo. 
    Seguire Gesù non sopporta i compromessi, non si limita a blande e alterne risposte. È responsabilità di una vita nuova con la quale Dio ridisegna il mondo e la storia.