martedì 26 gennaio 2021

Omelia 24 gennaio 2021

 

Terza domenica del T. O.

Erano forti e provocanti le parole con cui la giovane poetessa americana Amanda Gorman ha aperto la presidenza Biden. Parole che non nascondevano i recenti giorni difficili che gli Stati Uniti hanno conosciuto e parole che alludevano ad un riscatto ancora possibile.

Facciamo in modo che il mondo,

se non altro, dica che è vero.

Che abbiamo pianto, ma siamo cresciuti.

Che abbiamo sofferto, ma abbiamo sperato.

Che siamo stati stanchi, ma ci abbiamo provato.

Le parole con cui si inaugura un nuovo assetto politico o sociale  sono importanti per intuire il percorso successivo. In quelle parole ci si può sentire  interpretati, custoditi, portati verso nuova coscienza e nuova responsabilità.

Anche Gesù oggi inaugura la sua missione. Non è il presidente degli Stati Uniti, ma un giovane rabbi di Galilea che libera la forza della sua parola. E quella parola scuote, provoca, coinvolge uomini alle prese con un quotidiano apparentemente estraneo ai discorsi, in un percorso di trasformazione e di vita, come mai si sarebbe immaginato. Oggi, Domenica della Parola, quella Parola il Signore torna a dirla anche per noi, perché nella proliferazione delle parole non ci stanchiamo di cercare quelle importanti, perché tra le parole del mondo non dimentichiamo la sua. Quali parole ci rivolge il Signore?

1.    La prima parola ci consegna un invito all’abitabilità del momento presente rispetto ad un passato che può trasformarsi in nostalgia e a un futuro che può diventare evasione. Il tempo è compiuto, il regno è vicino. Oggi, qui. Smettila di vivere di rimpianti e raccogli le opportunità che la vita porta con sé in questo momento. Le persone che non ci sono più: quest’anno abbiamo vissuto lutti dolorosissimi. Ma non devi imprigionare chi se n’è andato né devi lasciarti imprigionare; pensa, che cosa vorrebbe da te questa persona che non c’è più? Le guerre che hai vissuto: per quanto tempo devi alimentare l’arsenale del rancore? Quello che sei stato quando lavoravi, quando eri giovane, quando eri qualcuno. Lo sei anche ora, magari per i tuoi nipoti che proprio di te hanno bisogno. Qui ora. E attento parimenti alle fughe in avanti, perché anche l’attesa di un futuro magico può distrarci dalle opportunità e necessità del presente. Pensate a quante volte fuggiamo da questo tempo, rifugiandoci nel desiderio che il virus ci abbandoni, che possiamo abitare i nostri sogni, che tutto torni come prima. C’è una giusta responsabilità di fronte all’emergenza, ma c’è anche una certa paralisi che ci impedisce di raccogliere l’occasione. Alcune coppie di fidanzati sono tentate di rinviare il matrimonio già rinviato. Perché? Perché non possiamo fare la festa che vogliamo. Forse la festa vera è sfidare la modalità della festa, è credere che il vostro amore non possa più aspettare. Il tempo è compiuto, il regno è vicino. Qui, ora. Dio non è rimpianto né miraggio. È l’oggi.

2.    La seconda parola è: convertitevi e credete al vangelo. Dio non ci lascia inerti: la sua è una parola genera processi di cambiamento. Attenzione però: si tratta di cambiamento evangelico. Convertirsi è connesso a credere al vangelo. Perché oggi siamo molto attratti dal cambiamento: di immagine, di situazioni di vita, di partner tanto che con la pandemia le richieste di divorzio sono aumentate del 60%. Ma non è il cambiamento che suggerisce il Signore. Pensate anche alla solidarietà che questo tempo ha dischiuso. Gente che ha dato il meglio di cui disponeva, soldi, tempo, volontariato. Ma non è l’unica immagine che vediamo, perché la regola mors tua vita mea è dura da sradicare. Credo sia una sana provocazione il gesto che ha fatto Papa Francesco di vaccinare alcuni senza tetto, in Vaticano. Perché, mentre le forniture non sono nel numero che pensavamo, stiamo assistendo alle cortesi sgomitate di chi dice: io vengo prima. Perché ho l’età, perché sono più esposto, perché ho un lavoro a contatto col pubblico. O forse perché non so aspettare, non so valutare le ragioni dell’altro, non sopporto di essere secondo. Ci si converte se si crede al vangelo nelle cui pagine è custodito il comandamento dell’amore, non dell’opportunismo. Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta. Ninive si salva se ci si salva insieme.

3.    La terza parola è: Venite dietro a me: vi farò diventare pescatori di uomini. È una parola importante che ci consegna reti buone, che generano vita. Che reti si diffondono intorno a noi? La vicenda di quella ragazzina di Palermo morta in seguito ad una sfida su Tik-Tok ci segnala l’esistenza di una rete subdola che ci sta rubando le nuove generazioni. Non mandiamo i figli a catechismo perché abbiamo paura del contagio e permettiamo al contagio della rete di fare strage. Cosa possiamo fare? A un bambino delle elementari non si dà il telefono. Per iscriversi ai social per legge bisogna avere almeno 13 anni. Proviamo a mettere dei momenti social-free, come quando si è a tavola. E non basta parlare e abitare i social con i figli, facendo i video insieme, perché anche il papà della ragazzina di Palermo lo faceva. Bisogna offrire relazioni in presenza e bisogna allargarle: scuola, sport associazioni, anche parrocchia. Solo una rete di solidarietà educativa ci mette al riparo dai rischi di una deriva di cui non sempre ci rendiamo conto. Le parole di Gesù sono quest’oggi anche per i nostri ragazzi. E i pescatori di uomini sono chiamati per custodire la loro umanità, sottraendola a ciò che la mortifica, aprendola a ciò che la libera.

domenica 17 gennaio 2021

Omelia domenica 17 gennaio 2021

 

Seconda domenica del T. O.

Un leader si presenta sulla scena politica, culturale, mediatica e …ci prende: per quello che dice, per come si muove, per le visioni che evoca. Capisci che c’è qualcosa di affascinante e inizi a seguirlo, diventi un follower, identità che sta ridisegnando i rapporti tra le persone, i contatti, gli orientamenti della vita. Non sempre però a questi entusiasmi corrisponde la successiva conferma e anche il sogno che inizialmente sembrava promettente può aprire la strada alla delusione. Hai seguito la persona sbagliata o i tuoi followers non hanno capito quello che avevi in mente.

Giovanni Battista oggi invita i suoi discepoli a seguire Gesù: Ecco l’agnello di Dio. Un’immagine potentissima, carica di riferimenti simbolici, che accende passione, coinvolgimento, interesse. Ma quando i discepoli di Giovanni arrivano da Gesù, lui non ha fretta. Vuole capire chi ha davanti e vuole che chi ha davanti capisca chi è lui. Perché Gesù non cerca facili entusiasmi, ma verità, non ha bisogno di followers che gli clicchino i like ma di discepoli che mettano in gioco la vita. Che gente cerca Gesù? Chi sono i suoi discepoli?

1.   Che cosa cercate? Gesù ti invita anzitutto a verificare le tue attese, i desideri che porti nel cuore. La prima attenzione che devi avere non sono le risposte, ma le domande. Pensate, è l’esatto contrario di quello che oggi avviene. Troviamo risposte prima di aver fatto domande. E quelle risposte, a ritroso, costruiscono le domande. Domande però pesantemente condizionate da quello che hai già trovato, che impediscono ricerche ulteriori. Vado in un negozio e vedo un cellulare di ultima generazione: tre videocamere. Fantastico, lo compro. E una volta comprato, che fai? Scatti e metti in rete: foto, video, commenti. Un'operazione che inizialmente fai un po' per gioco e che un po' ala volta ti prende, tanto che la realtà finisce per coincidere con quello che pubblichi e che gli altri pubblicano. Il cellulare che hai comprato diviene la risposta a una domanda di vita: per esistere devi dotarti di questa opportunità, altrimenti sei fuori. La risposta, lo smartphone che hai acquistato, ha generato una domanda che allude a un bisogno vitale. Ma è una vita che altri hanno indotto, parziale, edulcorata come le foto piene ritocchi. Sicuro che sia questa la vita che cerchi? E non è solo un problema delle giovani generazioni. Come venerdì scriveva su Repubblica una diciassettenne:  Cari adulti, non cercate solo di capire cosa proviamo noi, indagate i vostri sentimenti, leggetevi dentro, capite cosa manca davvero a voi. A volte pensiamo che ci manchi solo la vita di prima o il vaccino per potervi ritornare. Ma forse c'è un di più che questo tempo inutilmente cerca di farci capire: un di più di verità, di solidarietà, di essenzialità. Che cosa cercate? 

2.    Maestro, dove abiti? Venire e vedrete. Ed essi andarono e videro dove abitava. Gesù cerca gente che non si fermi alle vetrine della vita ma cerchi ospitalità; gente che si coinvolga, che dimori nelle questioni. Gente di spessore.  Oggi abbiamo una conoscenza piuttosto epidermica dei fatti. Ci nutriamo di post ai quali attribuiamo il valore della verità. La verità invece chiede di abitarla, di dimorarvi insieme. Pensate a quella donna di cui negli Stati Uniti si è eseguita la condanna a morte. Una sentenza applicata in maniera oscena, mettendo velocemente fine alla sospensione all'esecuzione annunciata il giorno precedente.  Non si gioca con la vita della gente, neanche dei criminali. E' vero, si trattava di un delitto feroce quello che aveva commesso Lisa Montgomery, l’imputata, perché aveva ucciso una donna incinta per impossessarsi del bambino che portava in grembo. Ma quella storia alle spalle dell'imputata? Quella catena di abusi da parte del patrigno e della madre che vendeva la figlia all’idraulico e all’elettricista di turno. La detenzione non poteva essere una misura sufficiente? Ci sentiamo più tranquilli ora che l’abbiamo uccisa? Sono soddisfatti l’America e il suo presidente che sigilla il suo mandato con questo gesto? I due discepoli andarono e videro dove abitava. Non c’è vita se non abiti, se non vai oltre le tue idee, i luoghi comuni, la pancia. Anche nella vita di coppia; forse è il momento in cui bisogna tornare a dirsi: dove abiti? Dove sei andato a finire, dove posso ritrovare il tuo mondo, quello che mi aveva fatto innamorare e dal quale sono uscito? Nella vita di un figlio, di un genitore, di un amico che abbiamo perso di vista: dove abiti? Il Signore si nasconde in questa profondità e ogni volta che la raggiungi lui è là che ti aspetta.

3.  Infine, se hai trovato vita, ti lasci cambiare. Tu sei Simone, figlio di Giovanni. Ti chiamerai Pietro. I discepoli di Gesù non sono pezzi di marmo, ma gente che accetta di rinascere sulla base di un compito. Simone, il pescatore che diventa la pietra della nuova comunità che Gesù ha in mente. Come ti conosce la gente? Per il tuo lavoro, per la casa, la macchina, le parentele…  Quale nome ti affida il Signore? Ieri sono stato al funerale di un vecchio parroco, con cui ero stato insieme: Don Adriano. E qualcuno di Resana diceva: per il nostro paese è stato una ventata di freschezzaEcco il nome nuovo! Non si tratta di anagrafe, ma di missione. A volte sei chiamato ad essere roccia, a volte carezza, a volte fuoco, a volte speranza, a volte sostegno. E non è mai tardi: ti chiamerai, al futuro. Vuol dire che c’è sempre la possibilità di cambiare, di dare il meglio, di stupire, di tornare a credere ad un progetto. 

Verifica di chi sei follower e se ne vale la pena. Valuta la possibilità di essere discepolo. Può essere una strada inedita: di verità, di libertà, forse anche di gioia. 

giovedì 7 gennaio 2021

Omelia 6 gennaio 2021 - Epifania

 

Epifania del Signore 2021

Abbiamo seguito con tristezza nei giorni scorsi la vicenda di Agitu, giovane donna etiope che, fuggita alla persecuzione del proprio paese, era approdata in Italia, in Trentino, dove aveva messo in piedi un allevamento di capre in estinzione. Un’attività con vedeva il riscatto di un territorio semiabbandonato e l'affermazione di un progetto di integrazione per cui una donna africana, inizialmente vista con sospetto, era poi stata accolta con gratitudine e stima.  Un suo dipendente, un africano anche lui assunto in nome di quella integrazione che Agitu credeva possibile, l’ha uccisa. Pensieri rancorosi, covati chissà da quanto, che hanno trovato un tragico epilogo. 

Quando ascolti queste vicende ti viene da pensare alla grandezza del male, alla faticosa affermazione di quei progetti di vita, di liberazione, di pace che Dio ha in mente. Ti viene però anche da pensare anche che il bene non va perduto, che i germogli cresceranno, che la luce accesa non sarà spenta da chi si è affiliato alle tenebre. La cosa che rincuora infatti, in questo tragedia, è che qualcuno sta raccogliendo l’eredità di Agitu; non solo le capre, ma anche il suo progetto di convivenza possibile. 

Agitu, come i Magi, veniva da lontano e anche lei ci insegna a cercare la luce, a prendere sul serio i segni e i sogni, a non sottovalutare gli ostacoli ma neppure a dare loro più potere di quanto non ne abbiano. Quali ostacoli sbarrano il cammino di Dio con gli uomini? Come affrontarli?

1.    Il primo ostacolo è la distanza. A volte abbiamo la sensazione di essere troppo lontani da Dio, dai suoi progetti, dalla realizzazione di qualcosa di bello. La distanza può avere tante forme: quella dell’indifferenza, del non mi interessa, non fa per me; quella dell’inadeguatezza: sono cose per gli addetti ai lavori, per i catechisti, per quelli che vanno in chiesa; quella dell’arrabbiatura: Dio, lasciami perdere che ultimamente non mi hai trattato bene. E va a finire che la distanza diventa una fossa che spesso ci scaviamo e che ostruisce ancora di più il nostro orizzonte. Come si supera la distanza? Cercando la stella e lasciandosi provocare dalla sua luce. Non si tratta solo di congiunzioni astrali come è capitato recentemente con l’allineamento di alcuni pianeti. Si tratta di prendere sul serio le provocazioni della vita, perché sono passerelle, scialuppe che Dio ci manda per metterci in viaggio. Il presidente Mattarella, qualche giorno fa, ha insignito di onorificenze al merito della Repubblica, numerosi italiani, che si sono distinti per il loro impegno sociale e civile, tra cui Chiara Amirante, una giovane donna di Roma che sta animando numerose iniziative di carità. Quando già faceva volontariato, un giorno decise di raggiungere un sottopassaggio dove non andava mai nessuno, ma dove sapeva che c’era un’umanità disperata: «Quando arrivai c’era una rissa. Vidi Angelo, per terra, che aveva tentato la terza overdose per farla finita. Cercai un posto dove portarlo ma non trovai nulla. Mi tornarono in mente le parole del Vangelo: “Non c’era posto, per loro, nell’albergo”. L’impotenza di non poter fare nulla fu per me uno shock fortissimo». Ecco la stella che brilla, un tossico. Togli dal buco lui e lui toglie dal buco te, superi la distanza e ritrovi le strade di Dio.

2.    Il secondo ostacolo è Erode. Erode è l’astuzia malevola, la malvagità, l’arroganza del potere che non sopporta concorrenti, la trappola tesa ai cercatori di Dio: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Attenzione perché Erode è sempre in agguato. Lo nei contatti che ci rubano il Signore dal cuore. Lo è in chi distrugge i suoi progetti di amore, pace, giustizia. Erode è sulla frontiera tra la Bosnia e la Croazia, dove non i Magi, ma i migranti che vengono dall’oriente con i loro bambini, muoiono di freddo respinti con la violenza e raccolti in campi disumani. Andate, informatevi… Aspetta che attiviamo le commissioni, magari mandiamo degli ispettori: se sapete qualcosa fatecelo sapere... L’ostacolo di Erode va affrontato con la verità, con una distanza interiore rispetto alle insinuazioni e alle mistificazioni, con un’altra strada su cui tornare. Come è avvenuto a Napoli con quei ragazzi che hanno aggredito il rider per rubargli la moto. Subito dopo si è vista un’altra Napoli, reattiva e solidale rispetto all’accaduto, che ha fatto una colletta per comprare di nuovo la moto. Come dire: Erode non vincerà. 

3.    Infine altro ostacolo all’incontro con Dio è pensare di sapere già tutto, come gli scribi interrogati da Erode. Hanno le profezie che correttamente interpretano ma quelle parole non li mettono minimamente in cammino. Rimangono prigionieri del loro mondo e delle loro certezze. I Magi invece si mettono in moto, vogliono capire, si lasciano provocare non solo dalla scienza, ma anche dall’esperienza. Alla fine, gli scribi sono prigionieri dell’autosufficienza, i magi della gioia. Che cosa ha fatto la differenza? Che cosa ha consentito di superare l’ostacolo? Si prostrarono e lo adorarono. La verità domanda umiltà, silenzio, partenze diverse da quelle che pensi, perché Dio è altro rispetto alle nostre supposizioni che diventano talvolta supponenza. Dio rivoluziona la nostra conoscenza di lui: se tu pensi di sapere già tutto, di dettare le regole, lui sfugge e si nasconde dentro ad una mangiatoia. Pensate a tutte le volte che noi dettiamo le regole a Dio: lo incontro quando decido io, lo riconosco quando "mi sento". E cosa sente Dio? Cosa ha deciso? Prova a capire se il suo appuntamento è differente da quello che hai in mente, se ha qualcosa di nuovo da suggerirti, magari in quella "mangiatoia" dove ogni domenica ti vuole nutrire, di parola vera, di pane che sazia, di fraternità. 

Alzati, rivestiti di luce. E' una vita rialzata e luminosa quella che apre il Signore, una vita rialzata, dopo che hai avuto l'audacia di inginocchiarti.

 

martedì 5 gennaio 2021

Omelia 3 gennaio 2021

 

Seconda domenica dopo Natale

È morto qualche giorno fa Pierre Cardin, stilista di origini trevigiane trasferitosi in Francia negli anni ‘20, un uomo che ha segnato la storia della moda, imprimendone il proprio stile. Lo stile è aspetto della vita al quale anche noi siamo diventati attenti, non solo per quello che indossiamo, ma anche per come ci muoviamo, per le scelte che facciamo. Nello stile scopriamo la nostra identità, la sensibilità che ci appartiene, l'idea della vita che possediamo. Ma che idea è? Ebbene, il vangelo di oggi ci mostra lo stile di Dio, che non segue le mode, ma la verità dei suoi intendimenti, come ha inteso essere Dio, non sulle passerelle mondane ma abitando le vicende degli uomini. L’evangelista Giovanni, a differenza di Luca e Matteo, non ci parla di pastori, angeli e magi, ma ci fa capire che cosa ha in mente Dio venendoci a trovare, lo stile che inaugura nell’umanità, anche se non sempre fa tendenza.

1.    Anzitutto Dio ama mettere il suo marchio di fabbrica. Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. Tutta la vita presente nel mondo ha origine in Dio, tutto partecipa di un suo progetto. Vuol dire che Dio ha a cuore anzitutto la vita di ogni uomo e desidera difenderla, renderla indisponibile ai tentativi di manipolazione. In lui era la vita. Ogni uomo reca l’immagine del creatore, anche quelle esistenze dove scatta  una sorta di retrocessione della vita, come se la loro fosse meno vita della nostra. La vita dei migranti, la vita degli anziani, la vita dei poveri del mondo. Quanto valgono? Sta iniziando la campagna vaccinale con animi che si surriscaldano tra sostenitori e oppositori. Ma forse la vera domanda non è vaccino sì-vaccino no, ma vaccino chi. Chi vi ha accesso, visto che non in tutti i paesi del mondo le risorse vaccinali arrivano o arrivano in tempi analoghi; che vaccini arrivano, visto che non sono gli stessi; la considerazione delle persone con disabilità rientra nelle precedenze? Dio desidera vita e sempre difenderà la vita di tutti i suoi figli, dei più deboli in particolare, perché in ciascuno c'è il suo marchio. E difenderà anche la vita di quel mondo che ha creato, perché anche in essa c'è il suo respiro. Pensate a quel fenomeno che vediamo anche sulle nostre strade: rifiuti seminati per non riempire i bidoni del secco e pagarne lo smaltimento. Come se così non ne pagassimo il conto! Custodisci la vita sempre, la vita degli uomini, la vita del mondo: fa’ tuo lo stile di Dio.

2.    Poi Dio ama piantare la tenda. Quel verbo che in maniera altisonante parla del Verbo che si è fatto carne, nel testo greco allude all’operazione del beduino che colloca la sua tenda nel deserto dopo la giornata di viaggio. La tenda di Dio è il suo Figlio Gesù, è la sua presenza tra gli uomini. Se vuoi assomigliare a Dio, allora metti tende di prossimità. Nei giornali di questi giorni c’era la testimonianza di un gruppo di preti dei Reggio Emilia a servizio negli ospedali Covid: C’è il tempo per stare lì, per chiacchierare e ascoltare, per pregare e piangere, per stare accanto anche senza dire nulla. Il tempo per tenere una mano, per accarezzare un volto, per riaggiustare i capelli increspati dal cuscino.  Allora le mani contano più delle parole, gli sguardi più che i discorsi. Ecco la tenda di Dio nei deserti dell’umanità: continua nei paletti e nei tiranti con cui allarghi la sua presenza. Nonno assistito in casa, pazientemente cambiato, senza disporre di assistenza domiciliare perché nel frattempo è positivo al virus; bambino rassicurato per fargli sentire che la vita è bella nonostante tutto, come nel film di Benigni; amico rasserenato perché la paura ci prende tutti in questo tempo, anche chi non diresti. Prova a capire dove Dio vuole affidarti un pezzo di tenda.

3.    Infine lo stile di Dio è battaglia tra luce e tenebre, ma le tenebre non hanno vinto. Poco importa a Dio se qualcuno rifiuta la luce, non ne vuol sapere. La luce non sarà spenta da chi è alleato dell’oscurità. Però ricorda una cosa: la luce di Dio filtra tra le crepe della vita, domanda resistenza, pazienza, fiducia, domanda gente che non si rassegna alla notte e scruta gli orizzonti. Nell’aprile del 2019 una guardia giurata aveva massacrato di botte con un estintore un senza dimora, Alfonso Russo. Un uomo che aveva rischiato la morte. Violenza gratuita, accompagnata dalla perversa convinzione che nessuno avrebbe preso le difese del clochard. Finché quelle difese le ha prese un’avvocata, che gratuitamente è riuscita a far condannare l’aggressore e l’azienda nella quale lavora, nonostante la reticenza e l’ostilità dimostrate nel corso del processo. Uno degli invisibili della capitale che ha trovato riconoscimento. Porta un po’ della luce di Dio dove le tenebre cercano di prevalere. Prendi le difese dei poveri. E anche quando i furbi credono di spadroneggiare, non dimenticare che hanno le ore contate. Le tenebre non l’hanno vinta.

Ecco lo stile di Dio: vita difesa, presenza vera, luce che prevale su ogni arrogante  tenebra umana. Uno stile che non scorre sulle passerelle della moda ma nel quotidiano in cui qualcuno, con le sue scelte, con i suoi sentimenti decide assomigliare al Signore. Il Verbo continua a farsi carne anche così.