Terza domenica del T. O.
Erano
forti e provocanti le parole con cui la giovane poetessa americana Amanda Gorman
ha aperto la presidenza Biden. Parole che non nascondevano i recenti giorni
difficili che gli Stati Uniti hanno conosciuto e parole che alludevano ad un riscatto
ancora possibile.
Facciamo in modo che
il mondo,
se non altro, dica
che è vero.
Che abbiamo pianto,
ma siamo cresciuti.
Che abbiamo sofferto,
ma abbiamo sperato.
Che siamo stati
stanchi, ma ci abbiamo provato.
Le
parole con cui si inaugura un nuovo assetto politico o sociale sono importanti per intuire il percorso successivo.
In quelle parole ci si può sentire interpretati,
custoditi, portati verso nuova coscienza e nuova responsabilità.
Anche
Gesù oggi inaugura la sua missione. Non è il presidente degli Stati Uniti, ma
un giovane rabbi di Galilea che libera la forza della sua parola. E quella
parola scuote, provoca, coinvolge uomini alle prese con un quotidiano
apparentemente estraneo ai discorsi, in un percorso di trasformazione e di
vita, come mai si sarebbe immaginato. Oggi, Domenica
della Parola, quella Parola il Signore torna a dirla anche per noi, perché
nella proliferazione delle parole non ci stanchiamo di cercare quelle
importanti, perché tra le parole del mondo non dimentichiamo la sua. Quali
parole ci rivolge il Signore?
1. La
prima parola ci consegna un invito all’abitabilità del momento presente rispetto
ad un passato che può trasformarsi in nostalgia e a un futuro che può diventare
evasione. Il tempo è compiuto, il regno è vicino. Oggi, qui. Smettila di
vivere di rimpianti e raccogli le opportunità che la vita porta con sé in
questo momento. Le persone che non ci sono più: quest’anno abbiamo vissuto
lutti dolorosissimi. Ma non devi imprigionare chi se n’è andato né devi lasciarti
imprigionare; pensa, che cosa vorrebbe da te questa persona che non c’è più? Le
guerre che hai vissuto: per quanto tempo devi alimentare l’arsenale del rancore?
Quello che sei stato quando lavoravi, quando eri giovane, quando eri qualcuno.
Lo sei anche ora, magari per i tuoi nipoti che proprio di te hanno bisogno. Qui
ora. E attento parimenti alle fughe in avanti, perché anche l’attesa di un futuro
magico può distrarci dalle opportunità e necessità del presente. Pensate a
quante volte fuggiamo da questo tempo, rifugiandoci nel desiderio che il virus
ci abbandoni, che possiamo abitare i nostri sogni, che tutto torni come prima. C’è una giusta responsabilità
di fronte all’emergenza, ma c’è anche una certa paralisi che ci impedisce di
raccogliere l’occasione. Alcune coppie di fidanzati sono tentate di rinviare il
matrimonio già rinviato. Perché? Perché non possiamo fare la festa che
vogliamo. Forse la festa vera è sfidare la modalità della festa, è credere che
il vostro amore non possa più aspettare. Il tempo è compiuto, il regno è
vicino. Qui, ora. Dio non è rimpianto né miraggio. È l’oggi.
2. La
seconda parola è: convertitevi e credete al vangelo. Dio non ci lascia inerti: la sua è una parola genera processi di
cambiamento. Attenzione però: si tratta di cambiamento evangelico. Convertirsi è connesso a credere al vangelo. Perché oggi siamo
molto attratti dal cambiamento: di immagine, di situazioni di vita, di partner tanto
che con la pandemia le richieste di divorzio sono aumentate del 60%. Ma non è
il cambiamento che suggerisce il Signore. Pensate anche alla solidarietà che
questo tempo ha dischiuso. Gente che ha dato il meglio di cui disponeva, soldi,
tempo, volontariato. Ma non è l’unica immagine che vediamo, perché la regola mors tua vita mea è dura da sradicare.
Credo sia una sana provocazione il gesto che ha fatto Papa Francesco di
vaccinare alcuni senza tetto, in Vaticano. Perché, mentre le forniture non sono
nel numero che pensavamo, stiamo assistendo alle cortesi sgomitate di chi dice:
io vengo prima. Perché ho l’età,
perché sono più esposto, perché ho un lavoro a contatto col pubblico. O forse
perché non so aspettare, non so valutare le ragioni dell’altro, non sopporto di
essere secondo. Ci si converte se si crede al vangelo nelle cui pagine è
custodito il comandamento dell’amore, non dell’opportunismo. Ancora quaranta giorni e Ninive sarà
distrutta. Ninive si salva se ci si salva insieme.
3. La
terza parola è: Venite dietro a me: vi farò diventare pescatori di uomini. È una parola importante che ci consegna
reti buone, che generano vita. Che reti si diffondono intorno a noi? La vicenda
di quella ragazzina di Palermo morta in seguito ad una sfida su Tik-Tok ci segnala
l’esistenza di una rete subdola che ci sta rubando le nuove generazioni. Non
mandiamo i figli a catechismo perché abbiamo paura del contagio e permettiamo
al contagio della rete di fare strage. Cosa possiamo fare? A un bambino delle
elementari non si dà il telefono. Per iscriversi ai social per legge bisogna
avere almeno 13 anni. Proviamo a mettere dei momenti social-free, come quando si è a tavola. E non basta parlare e
abitare i social con i figli, facendo i video insieme, perché anche il papà della
ragazzina di Palermo lo faceva. Bisogna offrire relazioni in presenza e bisogna
allargarle: scuola, sport associazioni, anche parrocchia. Solo una rete di solidarietà
educativa ci mette al riparo dai rischi di una deriva di cui non sempre ci
rendiamo conto. Le parole di Gesù sono quest’oggi anche per i nostri ragazzi. E
i pescatori di uomini sono chiamati per custodire la loro umanità, sottraendola
a ciò che la mortifica, aprendola a ciò che la libera.