Quinta domenica di pasqua
I fatti capitati lungo i Navigli, a
Milano, sono l’icona di questi giorni in cui qualcuno esce, incurante delle
misure di sicurezza e in cui qualcuno cattura chi esce, con le proprie foto e
con i propri post, in un misto di indignazione e forse di invidia. Perché il
nostro sdegno non è mai del tutto puro e spesso porta con sé una inconscia
voglia di rivincita, di fare altrettanto, quello che a noi è proibito. Siamo
come i discepoli di lingua greca che mormorano contro quelli di lingua ebraica
perché vedono dei privilegi inaccettabili nel modo di gestire la comunità. Non
è detto che dal virus usciremo cambiati, non è detto che usciremo migliori.
Intorno a noi percepiamo sentimenti che non sono sempre quelli della
solidarietà che questo tempo ci ha regalato. Sentiamo che spesso montano la
rabbia, la cattiveria, il risentimento, la preoccupazione che ci toglie la
pace. E soprattutto la tentazione di fare confronti. Tra prima e dopo, tra noi
e gli altri. A rimedio di questa agitazione Gesù suggerisce la fede. Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in
me. Ecco l’invito importante rivolto ai discepoli: smettetela di guardarvi
tra voi, di riempirvi di sospetti, di alimentare le paure. Vivete la vostra
vita con me. Che non vi capiti di guardare i Navigli più di quanto non
guardiate il vangelo! E per darci la persuasione che di lui ci possiamo fidare,
Gesù riserva ai suoi amici un’altra delle sue grandi affermazioni. Io sono. Ogni volta che Gesù parla di sé
in questo modo, sta evocando il nome santo di Dio, la sua presenza, la sua
alleanza, come ha fatto con Mosè. Io sono
colui che sono. Che vuol dire: ci sono, ti puoi fidare, ho ancora tante
cose da dirti e da darti. E a queste parole di rassicurazione, Gesù aggiunge
tre immagini. Io sono la via, la verità e
la vita.
Ed ecco allora l’immagine di oggi. Van
Gogh, Sentiero di notte in Provenza, 1890. Van Gogh, Sentiero di notte in Provenza. 1890 Museo Kröller-Müller, Otterlo, Paesi Bassi È l’anno di morte del pittore, quindi questo è uno degli ultimo lavori, quando
l’artista si trovava a St. Remy, nella primavera di quell’anno.
Van Gogh non ha in mente il vangelo,
tanto meno la pagina che abbiamo appena ascoltato, ma ci fa capire con la sua
esperienza e la sua riflessione artistica, come il vangelo ci possa stare in
mezzo, anche alle nostre inquietudini.
1.
Anzitutto osservate la
strada. Su di essa si muovono due uomini a piedi e, più lontana, una coppia in
calesse. La strada, come la vita ha varie velocità e intreccia i cammini degli
uomini. Osservate poi i movimenti e i panorami: è una strada sinuosa, sterrata,
fatta di cielo e di terra, di paesaggi, di un canneto, di una casa. Una casa
che sembra dire: esci di casa e fa della strada la casa. E poi strada di cui
non si vede l’origine, né la destinazione, non perché non siano importanti, ma
perché non di meno lo è il preciso tratto che stai percorrendo. La fede che
Gesù ti chiede è nell’abitare la strada con lui, qualunque sia il tratto di
strada che la vita ti riserva. E poi di sentire che lui è strada per la tua vita. Io
sono la via. Non perché ci sono i capitelli o le chiese, ma perché lui è
con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Dov’era Dio nella pandemia?
Con tutte le risorse spirituali che abbiamo scatenato? Ci aspettavamo il
miracolo. Ma il miracolo è stato nel non crederci diversi dagli altri uomini,
il miracolo di chi ti vive accanto, il miracolo della solidarietà, della
preghiera, di chi si prende cura di te perché scorge le tue difficoltà. Il miracolo della strada.
2.
Altro aspetto affascinante
del dipinto è il cielo. Il blu cobalto che piace tanto a Van Gogh. E in questo
cielo, da un lato la luna: una falce di luna crescente. Dall’altro una stella,
anzi, due stelle, una più grande e una più piccola, che splendono quasi
impazzite di luce. Gli astronomi pensano che quelle due stelle siano Venere e
Mercurio, che brillano verso il 20 aprile nel cielo della Provenza. Da un lato
luce riflessa, dall’altro quella sorgiva. La verità è attingere alla sorgente
della luce. Chi fa la verità viene alla
luce, assicura Gesù. E la verità è lui. Lasciati illuminare. Che vuol dire:
sii meno perentorio nelle tue affermazioni, rifletti, abbi pazienza. Sta
attento a quello che ascolti, verifica la fonte: non tutti sanno tutto. E poi
prova a ricordare qualche versetto di vangelo e a collegarlo alla vita. In
questo tempo alcuni genitori che aspettavano il battesimo dei loro figli e
magari con l’idea di fare una bella festa, mi stanno dicendo: Don, la festa è il battesimo. Il resto
quando si potrà. Mi pare sia proprio la sfida della verità. Brilla il
Signore e brilla anche quel sacramento in cui si fa azione. Due stelle che
illuminano la nostra vita di un figlio che cresce.
3. E infine quel cipresso, albero che Van Gogh amava e che
ritorna frequente nei dipinti. Alto solenne, è un’immagine di vita che va oltre
la vita. Non a caso i cipressi sono l’albero dei cimiteri, quasi a indicare
cammini ascensionali. Io sono la vita, dice
Gesù. Ma, con Van Gogh, sembra interrogarci: che vita cerchi? Guarda in alto e
recupera le misure più alte della vita, recupera il rispetto per ogni vita.
Abbiamo capito che la morte vera è la solitudine e che qualche volta arriva
anche prima di andarsene, quando sei fuori gioco, quando sei escluso, quando
sei scarto. La liberazione di Silvia Romano ci mette di fronte a una bella
pagina di vita: quella di questa ragazza, ma anche quella di coloro ai quali lei
è andata a portare vita, con il suo volontariato. È in questa vita piena,
audace, controcorrente che il Signore ci invita a credere e a operare, ovunque ci sia un appello per sottrarre l'uomo a mani nemiche della vita, ma anche dove la vita non si accontenti della terra e cerchi orizzonti più alti, fatti di cielo.
Non rimanere nei
Navigli, fermo all'apericena. Mettiti sulla strada di Dio, guarda oltre e in Gesù riconosci la via, la verità e la
vita.