martedì 23 luglio 2013

Omelia 14 luglio 2013

Quindicesima domenica del Tempo ordinario

La visita e le parole del papa a Lampedusa hanno impresso una straordinaria attualità alla parabola del buon samaritano. C’è un uomo che ci interpella alle periferie del mondo e tale invocazione non decide solo della sua sorte, ma anche della nostra. Che uomini vogliamo essere? Uomini mossi dalla compassione, capaci di rivedere le loro scelte e di giocarci nella direzione dell’altro o uomini globalizzati dall’indifferenza, incapaci di rispondere alla grande domanda mediante la quale Dio ci chiede conto del fratello?
Alcune polemiche e recriminazioni che hanno fatto eco all’intervento del pontefice ci fanno capire che il sacerdote e il levita sono ancora tra noi: non solo i cristiani che ipocritamente presumono che la loro fede non li coinvolga nella storia, ma anche coloro che vorrebbero che i cristiani si comportassero così. Certo, un conto è la predicazione, un conto è la politica, ma non fino al punto da ritenere che la parola del vangelo non abbia qualcosa da suggerire anche alla politica e alle sue scelte.
Il papa ci ha fatto capire ancora una volta l’esigenza di percorrere le strade degli uomini e di farlo da credenti, sapendo che la direttrice Gerusalemme-Gerico, può intersecare anche le rotte del Mediterraneo.
Rechiamoci, dunque, lungo questa strada evangelica e raccogliamone gli appelli divini.

1.    Il racconto di Gesù inizia con la presentazione del soggetto protagonista della vicenda. Un uomo. Niente aggettivi. Bianco, nero, buono, cattivo, regolare, clandestino... Dio ha creato gli uomini, noi le classificazioni. C’è un duplice messaggio: Dio vuole che tu guardi ogni persona che ti vive accanto come uomo, il resto viene dopo. Prima l’uomo e poi il profugo, prima l’uomo e dopo il gay, prima l’uomo poi il criminale che pensi di riconoscere. Perché se vedi l’uomo salvi anche la tua umanità. Il racconto comincia con l’uomo perché Dio vuole che ciascuno continui ad essere tale e non perda il proprio posto nella creazione, credendo di essere Dio e finendo per fare il dittatore e il tiranno. Come fai a dire: Sono contento se affonda un barcone? (Boso) Possiamo capire che in quella barca vi siano talora uomini senza scrupoli che giocano sulla pelle degli altri. Ma i tuoi auspici sono tanto diversi? Non stai giocando anche tu sulla pelle degli altri? Nel discorso del papa è risuonata la prima grande domanda biblica: Adamo, dove sei? Adam in ebraico vuol dire “uomo”. Ed è questa la direttrice buona sulla quale si diffondono le rotte di Dio. Non dimenticarti degli uomini e non dimenticarti di essere tale.

2.     Ma cercare e difendere l’uomo, vuol dire anche custodirlo con una serie di interventi ben precisi. Nel racconto di Gesù, il samaritano è identificato con dieci verbi che costituiscono il nuovo decalogo cristiano, come sei i dieci comandamenti si specchiassero in una nuova legge non scritta più su tavole di pietra, ma nei cuori degli uomini. Ci sono verbi che indicano atteggiamenti e sentimenti, comportamenti e ragionamenti. Avvicinarsi, provare compassione, medicare, pensare al futuro decorso. A custodia dell’uomo occorre una visione complessiva della realtà umana. I sentimenti da soli potrebbero diventare slogan, le azioni potrebbero essere utili al momento ma prive di progettualità, le considerazioni potrebbero fermarsi a ricercare le cause dei problemi. Custodisci l’uomo con tutto ciò che appartiene all’uomo, senza dimenticare alcunché. In questi giorni è uscito un decreto che toglie dal codice civile e dal diritto di famiglia qualsiasi aggettivazione legata ai figli. Figli e basta, in base al principio che le scelte di vita dei genitori non possono e non devono avere conseguenze su di loro, né in termini affettivi, né patrimoniali. Il decreto però non è privo di una certa ambiguità, almeno nei messaggi, e rischia di far intendere che tutte le soluzioni familiari abbiano uguale valore, che i diritti dei figli legittimino anche il diritto di determinare a proprio piacimento il concetto stesso di famiglia. Ecco: prendersi cura, dell’altro, come nel caso di un bambino domanda anche un’azione intelligente nei suoi confronti, che custodisce integralmente la sua crescita, il suo equilibrio, la sua umanità.

3.     Infine c’è quella svolta sorprendente che Gesù pone nell’ultima domanda. Il dottore della legge aveva chiesto: Chi è il mio prossimo? Ma Gesù domanda: Chi ti sembra il prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? Non si tratta di trovare il prossimo, ma di farsi prossimo. Così si diventa uomini. Perché la prossimità è condizione necessaria all’esistenza e quando vi rinunci non vivi più. La parabola del buon samaritano Gesù non ce la dà per sistemare tutti i derelitti della terra. Ce la dà per sistemare anzitutto la nostra terra derelitta, per renderci convinti che, creati a immagine e somiglianza di Dio, troviamo noi stessi se assomigliamo un po’ di più a lui e viviamo dei suoi sentimenti.