domenica 27 settembre 2015

Omelia 27 settembre 2015

Ventiseiesima domenica del T.O.

Una delle attenzioni più importanti di questo nostro tempo è legata alla salvaguardia dei diritti di autore. Scrivi, canti, fabbrichi qualcosa, lo devi difendere da chi se ne può appropriare, servirsene per i suoi scopi e sottrarti guadagni e celebrità.
Così anche i discepoli di Gesù. Vedono un tale che compie miracoli e cercano di bloccarlo, preoccupati che una particolare prerogativa venga loro sottratta: Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva. Se qua tutti si mettono a fare miracoli, perdiamo il copyright e la nostra capacità persuasiva. La risposta di Gesù non sembra di tipo aziendale: non deve difendere alcun brevetto, anzi, anche altri possono partecipare alla sua azione e ai suoi interessi.
  1. Anzitutto Gesù invita ad essere attenti alla gelosia che conduce a vedere dei rivali nel bene. Non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Qui non c’è la legittimazione di ogni idea, ma il riconoscimento di un miracolo che può avvenire anche fuori dei confini strettamente cristiani o strettamente ecclesiali. Quando c’è qualcuno che scaccia un demonio lì c’è la forza di Dio. Pensate al mondo delle dipendenze: a quelle legate alle sostanze. Ne abbiamo avuto la triste constatazione in un noto locale qui vicino. Ma pensate anche all’alcol: è un demonio che si intrufola nelle vicende personali e spacca vite e famiglie. La morte di Luigi Milani mi ha ricordato la testimonianza che portava in relazione al suo cammino di liberazione dall’alcol e all’aiuto dato ad altri ad uscire dalla dipendenza. Ecco, quando agisci così stai liberando l’uomo dal demonio, da ciò che lo perde. Chi opera in questo senso appartiene a Dio, è su strade evangeliche. Gesù Cristo c’è dove c’è cammino di vita e di umanizzazione.
  2. In secondo luogo Gesù invita a riconoscere un’economia più grande in relazione alla salvezza eterna. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Questa è una pagina sconcertante per noi che veniamo in chiesa ogni domenica, se facciamo solo di tale partecipazione il criterio del giudizio eterno. La pratica cristiana è quella della carità. Pensate agli sforzi della solidarietà. Ci sono persone che forse in chiesa li vedremo nel giorno del funerale e tuttavia hanno vissuto con il bicchiere d’acqua in mano, per dissetare l’umanità. Non perderanno la ricompensa. Nei giorni scorsi a Godego c’è stata una grossa vincita al superenalotto. Del resto i gratta e vinci ci vengono proposti anche al supermercato. Ebbene un sociologo americano ha condotto uno studio, durato ben vent’anni, in cui si annota come il novanta per cento dei “grandi vincitori” finisca suicida o vittima di omicidio, infelice e in disperata solitudine, e comunque con le tasche vuote. Come sono forti le parole di Giacomo: Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine. I grandi vincitori della vita sono quelli che vincono se stessi, quelli che rinfrescano il mondo con l’acqua della solidarietà. E tra di essi ci sono anche i discepoli del Signore, magari a loro stessa insaputa.
  3. E infine Gesù invita i suoi discepoli a evitare ogni scandalo, a evitare di far inciampare gli altri proponendo un cristianesimo che non è quello che lui ha inaugurato. E qui ci sono dei tagli da operare. La mano, il piede, l’occhio. La mano che scandalizza è quella che non si apre al dono, il piede che scandalizza è quello che se ne sta fermo e non raggiunge l’altro, l’occhio che scandalizza è quello che fa finta di non vedere gli appelli importanti. E Gesù parla dei piccoli: Chi scandalizza uno di questi piccoli… Spiegami, quando chiami tuo figlio e gli impedisci anche di salutare tua cognata perché tu ce l’hai con lei, cosa stai facendo? Stai scandalizzando il piccolo. Quando ti metti in agitazione perché nella classe di tuo figlio ci sono troppi stranieri, cosa stai facendo? Ma se vai in quella classe scopri che quei bambini godono di cittadinanza italiana, si vogliono bene e non hanno certo problemi che vedono gli adulti! Occhio allo scandalo, perché noi siamo sempre pronti a creare barriere mentre i piccoli sono già artefici di quel mondo nuovo che Gesù ha in mente!

    Mosè, impedisci! Gesù impedisci! La storia del mondo è fatta di impedimenti, quella di Dio è fatta di possibilità. Ci aiuti a riconoscere i segni del suo regno e ad esserne artefici.

sabato 19 settembre 2015

Omelia 20 settembre 2015


Venticinquesima domenica del T.O.



Si è conclusa da poco la Mostra del cinema di Venezia, evento che ci propone ad ogni telegiornale il tappeto rosso sul quale passano attori e registi. Una passerella di successo, di notorietà, di gossip dove le grandezze del mondo si misurano. Anche se osserviamo con indifferenza tale kermesse, un po’ di sindrome da tappeto rosso appartiene anche a noi che segretamente facciamo i paragoni sulle bravure nostre e altrui, sulla popolarità di cui godiamo, sul fatto di essere più o meno accreditati sulla scena del mondo. Sembrano discorsi un po’ artificiosi, ma quando una ragazzina comincia ad essere esclusa dal gruppo wapp dei coetanei perché non condivide determinati stili modaioli e relazionali, vuol dire che il tappeto rosso passa anche a Godego e discrimina gli uni dagli altri, chi vale e chi non conta.

Ebbene, il vangelo di oggi ci aiuta a riflettere. Gesù per la seconda volta sta dicendo che la realizzazione cristiana è quella della croce ma i discepoli sono impegnati in altre riflessioni che sembrano più interessanti: Per la strada infatti avevano discusso tra loro su chi fosse il più grande. Ecco: il tappeto rosso del mondo è steso tra i discepoli e Gesù e sembra stabilire un confine invalicabile.



  1. Un primo aspetto su cui riflettere è proprio l’incapacità di abbandonare logiche vecchie. Gesù sta parlando della sua morte e risurrezione ma, nota l’evangelista: Essi non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. È quello che ci capita: veniamo in chiesa ogni domenica e proclamiamo la morte e la risurrezione del Signore ma capiamo poco ed evitiamo di fare domande, rimanendo in fondo prigionieri delle nostre convinzioni e delle nostre misure molto terrene fatte di opportunismi e di mediocrità. Una situazione famigliare incancrenita che crea fratture al punto che i figli tolgono l’acqua alla madre, rea, secondo loro, di non pagare le bollette del gas. E a messa tutte le domeniche come se niente fosse. Cosa dice Gesù? Abbiamo sentito Giacomo: Fratelli miei, dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti. Quale sapienza ti muove? Interroga il vangelo non i tuoi amici compiacenti che ti danno ragione.

  2. Altra indicazione: rovescia i criteri mondani. «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». Ecco il tappeto rosso del cristiano: mettersi a servizio degli altri. Perché in questa logica è nascosta la grandezza? Perché quando sei sul tappeto rosso sorreggi solo te stesso, quando servi sorreggi il mondo. Ora, il servizio non è che sia estraneo alla nostra sensibilità e a quello che quotidianamente facciamo. Non mancano inoltre le persone coinvolte nel volontariato. Ma il servizio del cristiano ha una particolarità irriducibile: è declinato con la totalità, il servo di tutti. Un servizio che abbracci ogni uomo della terra. Avete sentito quella proposta secondo la quale si pensava di aprire dei corridoi umanitari riservati ai soli cristiani? Ma questa logica non è cristiana! Il servo di tutti indica un abbraccio universale, lo stesso di Gesù che ad ogni uomo riserva compassione e misericordia. Prova a servire con lo sguardo di Dio e a sognare il mondo come lui lo sogna, attraversato dalla solidarietà e della fraternità. L’ultimo di tutti (éskatos) non vuol dire semplicemente colui che è sottomesso, ma colui che vede i tempi ultimi (éskaton), colui che ragiona secondo Dio e i suoi disegni.

  3. E infine Gesù ti apre una strada praticabile: inizia dai bambini. Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me. Vuoi diventare cristiano o vuoi tornare ad esserlo? Inizia dai piccoli. Pensate al piccolo Aylan raccolto in spiaggia: la sua immagine ci ha aiutato a ritrovare un po’ di umanità. Prova ad abbracciare il tuo bambino quando vai a casa e a pensarlo su quella stessa spiaggia. Forse qualcosa inizia a cambiare e a farti capire che alla grandezza delle strategie internazionali (aiutarli a casa loro) deve sostituirsi la grandezza del cuore che solo i bambini ci aiutano a riscoprire. Perché essendo piccolini hanno ancora negli orecchi il battito del cuore della loro mamma e sanno che solo tale frequenza è garanzia di vita. Ci aiuti a sentire quel battito il piccolo Aylan e ritrovare in questa intermittenza le misure di Dio.

domenica 13 settembre 2015

Omelia 13 settembre 2015

VENTIQUATTRESIMA DOMENICA DEL T.O.

Giovedì sera sono stato ad un incontro a Villa Foscarini. No clandestini a Godego. E mentre venivano esposte alcune considerazioni in relazione al problema dei profughi, emergeva anche la questione religiosa. «Noi siamo cristiani – diceva qualcuno - e non vogliamo che venga gente a soppiantare le nostre tradizioni, i nostri simboli: il crocifisso deve stare appeso alle pareti». Francamente non ho mai visto migranti prendersela con il crocifisso: in genere quell’immagine dà fastidio a chi ha forse qualche difficoltà ad accogliere tale logica e ad accettare che essa sia stata riferimento fondante per buona parte della storia occidentale. E poi si parlava della carità: «Anch’io faccio la carità, ma la faccio a parenti e vicini di casa. Tanti discorsi per i profughi , ma per quelli di Godego cosa si fa?». Come se ci fosse un ferito che perde sangue e noi dicessimo: E per quelli che hanno l’influenza cosa facciamo? Mi pare anche che l’icona biblica della carità sia il buon samaritano, guarda caso un uomo ferito e uno straniero. La duplice domande del vangelo, dunque, ci riguarda: La gente chi dice che io sia? Ma voi chi dite che io sia? Hai compreso bene chi è il Signore, qual è il suo vangelo? O rimani prigioniero della gente, di idee solo perché vanno di moda o perché in fondo ti fanno più comodo? Come si risponde alla domanda di Gesù? 
  1. Anzitutto è importante la consapevolezza di essere di fronte ad una domanda sempre aperta. Pietro dichiara: Tu sei il Cristo. Ma questo non esaurisce la ricerca. Anzi, quando, contando sulla bella figura, Pietro si sente in dovere di insegnare a Gesù a fare il Messia, Gesù lo chiama Satana e lo accusa di pensare secondo gli uomini e non secondo Dio. L’apostolo dovrà raccogliere molte altre tessere del mosaico che Gesù gli offre per capire chi sia. Dovrà passare soprattutto per l’esperienza pasquale mettendo in conto anche la croce. Inizia a rispondere alla domanda di Gesù, ma non sentirti mai troppo tranquillo nella risposta, perché il Signore ha sempre qualcosa di nuovo da suggerirti. E quando pensi di doverlo addirittura difendere contro presunti attacchi, verifica se stai difendendo lui o non piuttosto te stesso. Le parole di Giacomo, ad esempio, sono una seria verifica: la fede senza le opere è morta. Non è che vivi una fede a parole, mentre il Signore ti dà appuntamento sulle opere? Chi è Gesù? Un bel discorso?

  2. Altro aspetto necessario è la frequentazione di Gesù. Quando infatti Pietro pretende di istruire il Maestro, Gesù  gli dice: Va’ dietro a me. Vuol dire: ritrova il posto giusto, il posto del discepolo che segue. Ecco, tu non capisci chi è Gesù se non ci vivi insieme, se non lo segui sulle strade che ti indica. Pensate all’insistenza con cui l’Unione Europea incoraggia il riconoscimento delle unioni omossessuali richiamando l’Italia ai parametri comunitari. Sembra che questo sia il problema del momento, tanto da sentirci prigionieri di una “anacronistica cultura cattolica” che impedisce l’emancipazione del Paese. Che significa essere cristiani? Assecondare discutibili dichiarazioni di libertà o seguire Gesù Cristo? In Europa sono riconosciuti molti altri diritti, come quello all’istruzione paritaria e gratuita, ma qui non ci sono battaglie italiane. Attento dunque che quella che viene presentata come libertà ed emancipazione non sia ideologia, che difende gli interessi di qualcuno e mina il bene comune. Da uno stato mi aspetto anzitutto la tutela della famiglia, la possibilità che un padre e una madre possano mettere al mondo un figlio e la sicurezza che un figlio abbia un padre o una madre, visto che finora, pur con varie e spericolate acrobazie, un padre e una madre all’origine della vita ci sono sempre. Guarda cosa sta producendo la logica dell’utero in affitto. Un riconoscimento a coppie omossessuali non può essere lesivo del riconoscimento della dignità di chi metti al mondo e di chi vorresti adoperare per questa operazione. Va dietro a me, Satana, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini.

  3. Infine alla domanda di Gesù si risponde accettando la logica della croce. Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Croce vuol dire: accetto di affidare la mia realizzazione a qualcun altro che la sa più lunga di me, anche quando mi pare di perdermi: Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Affida la tua vita al Vangelo. Chiaro che la situazione dei profughi ci fa paura e ci pare di perderci, ma è la strada dove il Signore forse oggi ci dà appuntamento per aiutarci a ritrovare il suo progetto, la fraternità, l’umanità rispetto a un occidente che arriva ad utilizzare le sue sedi diplomatiche per vendere gommoni, un Occidente che si sta rendendo conto che gli scafisti sono a casa sua, che esso stesso è quello scafista di cui inorridisce. Si stanno diffondendo le marce dei piedi nudi. L’esodo cui stiamo assistendo non è solo quello dei popoli in marcia, è soprattutto il nostro esodo, quello che il Signore ci apre per metterci in cammino per ritrovare la parte migliore di quello che siamo.

    Ma voi chi dite che io sia? Che la domanda di Gesù ci scuota e che il vangelo torni a farci pensare secondo Dio e non secondo gli uomini.

giovedì 10 settembre 2015

Omelia 8 settembre 2015


Omelia 8 settembre 2015 - Natività di Maria (festa patronale)

Il compleanno di Maria è’ anche il compleanno della nostra chiesa parrocchiale la cui prima pietra è stata posta l’8 sett. 1935 da mons. Longhin e che è stata consacrata l’8 sett. 1956 da mons. Fulgenzio Pasini, fratello del parroco di allora.  

Possiamo festeggiare insieme alla Vergine. E il vangelo di oggi ci aiuta a trovare corrispondenze tra i due festeggiamenti. Abbiamo ascoltato la genealogia di Gesù, una storia antica fatta di circostanze, di luoghi, di nomi, in cui Dio realizza il suo progetto di salvezza. Non sempre in tale storia c’è chiarezza: anzi ci sono dei momenti oscuri. Ma Dio ci vede anche di notte: per lui le tenebre sono come luce! Che cosa ci racconta questa storia?

  1.  È una storia piena di iniziativa. Dio non è prigioniero del vecchiume e in maniera misteriosa rinnova la sua fedeltà di generazione in generazione, come canta Maria. Così è capitato nel momento in cui è stata pensata questa chiesa. I discorsi erano nell’aria da un po’ ma fu in occasione del Natale del 1932 che un predicatore invitato per l’occasione, p. Beniamino Franceschi, disse che era ora di costruire un nuovo edificio. Il precedente, aveva notato mons. Longhin nella visita pastorale del 1927, era decoroso ma angusto. Fu come una breccia. Il 2 gennaio del 1933 di mattina presto mons. Pasini trovò davanti alla porta della prima Abbaziale il vecchio Romolo Smania seduto sulla carriola piena di ghiaia, con sopra quattro mattoni nuovi da collocare ai quattro angoli della chiesa. L’audacia di Romolo divenne l’audacia del parroco, del suo collaboratore d. Marcello Favero e dell’intero popolo godigese che diceva: finalmente facciamo sul serio! Ecco Dio è novità, iniziativa, capacità di rinnovare, di aprire nuove intuizioni. Anche oggi abbiamo bisogno di tale audacia. Altrimenti diventiamo un museo. Dov’è che il Signore ci chiama ad essere audaci? Il 13 agosto del 1934 iniziarono gli scavi delle fondamenta, un lavoro non da poco per i godigesi. Oggi siamo invitati a ritrovare le fondamenta della fede, in particolare in relazione al vangelo e al vangelo della carità. La vicenda dei profughi con cui ci stiamo misurando ci dice che qui dobbiamo ritrovare l’iniziativa di Dio, gli appelli che egli sta rivolgendo alle nostre comunità ed essere capaci di intravedere novità. Le difficoltà, le perplessità non mancano, come non mancavano ai Godigesi nel ’34. Ma il vangelo è sorpresa, possibilità di cambiamento, anche quando sembra impossibile.
  2. Ma la genealogia di Gesù ci parla anche per il grande coinvolgimento di persone: uomini e donne, notabili e gente del popolo. La storia di Maria e la storia di Gesù sono contrassegnate da questa partecipazione: abbiamo infatti ascoltato un lungo elenco di nomi, una specie di album di famiglia. E anche una chiesa, una parrocchia è storia di famiglia, con tanti volti. Il 12 agosto 1934, prima che iniziassero i lavori di scavo, furono istituiti due comitati: comitato d’onore e comitato esecutivo. Ma in essi non ci sono personalità o tecnici specializzati, bensì tutti i parrocchiani, con generosità. Ed è interessante l’operazione che fece allora mons. Pasini nel momento in cui consegnò ad ogni famiglia un blocchetto di pagelline in cui registrare ogni settimana il contributo all’edificazione della nuova parrocchiale. E non si raccoglievano solo soldi ma molte altre risorse. Così quando mons. Pasini faceva i bilanci finali e comunicava le “entrate” dal 1933 al 1935, c’erano in “cassa”: 695 mila messe ascoltate, 287 mila comunioni, un milione 775 mila comunioni spirituali, 74 mila ore di adorazione, 64 mila via crucis, un milione 312 mila rosari, oltre dieci milioni di giaculatorie e mortificazioni e sofferenze. Più 74 mila uova, mille polli, 6 q.li di bozzoli, 12 maiali e 25 mila lire! Un popolo che si è dato senza risparmio, che veniva all’alba, partecipava alla messa e poi si metteva al lavoro! Anche oggi abbiamo bisogno di qualche coinvolgimento. Certo per le strutture: gli interventi sono molti e sono onerosi, lo sappiamo. Ma è importante che non perdiamo di vista l’esigenza di esserci, di persona. La nostra comunità si sta ridisegnando nella collaborazione con altre parrocchie. La presenza dei preti si è contratta. È un appello che il Signore ci sta rivolgendo ad esprimere un laicato più attento e responsabile anche in ambiti tradizionalmente affidati al sacerdote.
  3. Infine la genealogia di Maria ci mette di fronte a un progetto più grande di quello che si vede. Non a caso finisce col sogno di Giuseppe. Una chiesa deve sognare. Deve guardare avanti. Mons. Pasini ricorda nelle sue memorie che molti anziani che passavano e vedevano le fondamenta dicevano: Chissà se riuscirò a vedere la chiesa! Gino Lazzari era uno di questi: morì prima dell’opera realizzata, e lasciò in testamento un sacco di pannocchie. Come volesse dire: la morte non ci separa. Lo stesso sogno ci appartiene! Ecco: continuare a sognare la comunità: secondo Dio, secondo quanto ha in mente. Una comunità che si vuole bene, che continua ad esserci, che diviene segno di speranza per il mondo. Continuare a sognare per la risorsa più importante che abbiamo nella nostra comunità: i bambini, i ragazzi e i giovani. Gli ambienti dell’Oratorio, ancora da completare, sono l’invito ad un sogno dove in gioco non ci sono solo permessi e impalcature, ma la cura che mettiamo per il futuro della nostra comunità.

Ci aiuti la Vergine Madre. Il suo compleanno possa essere anche la nostra festa, che ci riappropria di una famiglia e che riscopre un progetto.