Venticinquesima domenica del T.O.
È
morto don Roberto Malgesini, un
prete pieno di carità, ucciso da uno di quei poveri cui ogni mattina portava la
colazione. Troppo buono, ripetevano
in tanti. Ma forse, troppo è il nome
di Dio e per i suoi discepoli troppo
non può che essere la forma della loro vita. Ce lo dice anche la parabola di
oggi con un padrone troppo buono che fa girare le scatole a quelli che lo
vorrebbero troppo giusto. Un’altra parabola che sovverte la nostra idea di Dio,
che ci dice che lui è oltre le nostre rappresentazioni, anche le nostre
ponderate e religiose aspettative. I miei
pensieri non sono i vostri pensieri. Vediamo come funziona questo Dio.
L’azienda, l’ingaggio, la retribuzione.
1. L’azienda:
Dio ha una vigna. La vigna è qualcosa di bello, è l’appezzamento cui tieni di
più. La vigna racconta una storia, custodisce progetti, raccoglie attese. Non è
un campo di cetrioli. Con questa immagine Dio descrive la terra che ha in
mente, quella per cui lui si spende e quella per la quale ti chiede di
collaborare. Don Roberto credeva in questa terra: la terra della fraternità,
della solidarietà, dell’inclusione. È una terra ben diversa da quella dei tre
giovani che hanno ucciso Willy, che percepivano il reddito di cittadinanza
frequentando hotel di lusso e correndo con macchine fuoriserie. Terra di
violenza, di sopraffazione, di imbroglio, di ruberie. Cosa stai coltivando? In
quale campo lavori? La violenza diffusa tra i ragazzi ci domanda attenzione sui
modelli che stiamo loro proponendo. Non solo quelli delle furberie e della
prevaricazione, ma anche quelli del nulla e dell’evasione, della vita il cui
obiettivo è il video su Tik-Tok e i like che porti a casa.
2. L’ingaggio.
Un altro aspetto importante di Dio e che lui non si stanca di chiamare. A tutte
le ore. E non gli dispiacciono neanche i last
minute. L’ingaggio è sempre possibile. Perché non è questione dell’azienda
in cui entri: è questione di te, della tua vita. L’azienda sei tu e, pur di
averti, Dio apre per cinque volte al giorno l’ufficio di collocamento. Sabato
iniziano i corsi di preparazione al matrimonio. Vedili come un’occasione di
ingaggio che Dio ti rivolge, ma non immediatamente per sposarti in chiesa,
bensì per dare forza alla tua vita di coppia, a quella relazione che hai messo
in piedi. Non è mai troppo tardi per parlarsi, per verificare alcune dinamiche.
Altrimenti sei preoccupato della casa, del mutuo, del lavoro, del figlio che
magari nel frattempo arriva. E non hai mai verificato il rapporto con il tuo compagno.
Vivete insieme ma siete due galassie che non si incontrano più. Entra nella
vigna, entra in una progettualità. Non consegnare all'ozio la tua relazione di
coppia. Non è mai tardi per essere quello che puoi essere. In famiglia, a
scuola, nel lavoro, nel volontariato, in parrocchia.
3.
Infine l’aspetto più delicato: la paga.
Uguale per tutti. Qui è l’aspetto più sconcertante di Dio: non funziona in base
ai meriti tuoi, ma in base ai meriti suoi, quelli dell’amore, libero dal
calcolo, abbondante, sorprendente. Con te ha pattuito una ricompensa: l’hai
avuta, perché ti dà fastidio che la prenda anche l’altro, uguale alla tua?
Perché a volte ci prende l’invidia? L’invidia nasce dalla sensazione che
l’altro sia stato più fortunato. Lui si è divertito, io ho lavorato. Io mi sono
comportato bene, lui si ne ha fatte di cotte e di crude. Gli operai della prima
ora brontolano perché loro hanno sopportato
il peso della giornata e il caldo. L’unica cosa che registrano è la fatica
in un lavoro che sembra più una schiavitù che un’opportunità. Qui è il problema.
L’invidia nasce quando pensi che l’ozio sia meglio del lavoro, lo sbragamento meglio dell’impegno, il billionaire meglio della tua giornata di
lavoro, l’avventura meglio di un progetto famiglia, il bar meglio
del volontariato. La differenza non è in quello che otterrai, ma in quello che
hai vissuto, nella passione che hai messo, nelle ore di lavoro in cui hai
creduto di realizzare qualcosa di bello. Se qualcuno ci arriva dopo a scoprire
questa realtà per Dio è una gioia, ma a te non toglie nulla di tutto il bene di cui sei
stato artefice. Allora lascia da
parte le rivendicazioni sindacali. Riscopri il pezzo di vigna che il Signore ti
affida: se già stai lavorano vivi il tuo lavoro con gioia, se scopri di essere
disoccupato, guarda che il Signore sta ancora passando e rinnova l’invito: Va’ anche tu nella mia vigna.