domenica 26 aprile 2020

Omelia 26 aprile 2020


Terza domenica di pasqua

Se fosse necessario rinunciare a tutto il Vangelo per una sola scena in cui esso sia interamente riassunto, certo non esiterei a indicare quella dei discepoli di Emmaus”. Così scriveva Jean Guitton, pensatore francese amico di Paolo VI, nel suo Gesù, pubblicato nel 1956. In effetti l’episodio contiene una piccola sintesi di vita cristiana: l’agire di Dio e la vita degli uomini, i grandi riferimenti della fede e i sentimenti che la accompagnano: smarrimento, delusione, speranza persa e ritrovata, gioia. Emmaus è il cammino della nostra vita con il Signore, un cammino che non esclude la fatica. Anche questo è un tempo faticoso, di speranze mortificate, di racconti inquieti, di strade impervie.

Ecco perché anziché scegliere una delle tante opere che rappresentano Gesù a tavola con i discepoli, ho preferito prenderne una dei discepoli in cammino con lui. Un soggetto meno frequente nella storia dell'arte, di cui il capostipite sembra Duccio di Buoninsegna, pittore senese tra ‘200 e ‘300. Raccontano le cronache che il 9 giugno del 1311 ci fu una processione, con grande partecipazione di popolo e di autorità cittadine, per il trasferimento della “Maestà” dalla bottega dell’artista al duomo di Siena. La Maestà di Duccio è una composizione artistica che da un lato ritrae la Vergine in trono con gli angeli e i santi, dall’altro ci sono scene evangeliche. Tra queste troviamo anche quella dei discepoli di Emmaus, in cammino, con Gesù. In alto a destra. Immagine Discepoli di Emmaus - Duccio
Di questo cammino vorrei riprendere i tre verbi fondamentali, che riguardano Gesù e che segnano i suoi movimenti.

1.    Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. È un’immagine di prossimità e di compagnia buona. Duccio ha rappresentato questa vicinanza itinerante vestendo Gesù da pellegrino: col cappello, il bastone, il mantello, la bisaccia e la conchiglia che indossavano i viaggiatori che nel medioevo andavano a Santiago. Nel grande pellegrinaggio della vita, sono qui con te, anche se non mi riconosci. Un Gesù paziente, discreto, rispettoso dei cammini degli uomini. Scalzi i discepoli e scalzo anche lui.  Non ha fretta di rivelarsi: aspetta i tempi della vita, ascolta prima di parlare, chiede di raccontare. Che sono questi discorsi che stavate facendo lungo la via? La manifestazione di Gesù inizia con la manifestazione del cuore dell’uomo. Anche se è un cuore triste, ferito, deluso. Non aver paura di raccontare al Signore quello che ti capita, compresi i drammi di questo tempo. E tutte le volte che qualcuno ascolta qualcun altro, c’è qualcosa di divino che si compie. Su questo racconto poi, Gesù ci mette del suo, ci mette la sua vita, la sua parola, la sua lettura. Spiegò in tutte le scritture quello che si riferiva a lui. Parla e ascolta. La guarigione ha bisogno di entrambi i movimenti, ha bisogno anche di accogliere parole vere, profonde, perché le nostre parole sono limitate. A volte ci chiudono in circuiti involutivi: bisogna ospitare parole vere, che riscaldino il cuore. Ieri era il 25 aprile. Quante parole si dicono e si scrivono. Quante ferite ancora aperte e quante accuse che gli uni riversano sugli altri. Forse le parole vere sono quelle di Papa Francesco quando ci invita a mettere fine alla parola guerra, a spegnere i focolai di odio presenti nel mondo. Questa è la resistenza: resistere alla cultura dell’odio e dell’indifferenza che neanche il coronavirus riesce a sconfiggere. E trovare parole di perdono, di riconciliazione, di pace.
2.    Il secondo verbo di movimento che appartiene a Gesù è una specie di provocazione: fece come se dovesse andare più lontano. Nell’immagine di Duccio lo si nota bene: bastone ben piantato per terra, mano tesa in avanti, piedi su un terreno sconnesso, nella determinazione di Gesù di proseguire il cammino. Gesù ci spinge sempre in avanti. Ha in mente qualcosa in più. Oltre la stagnazione, ma anche oltre la sola compagnia, oltre le tue parole e anche oltre le sue. Nel senso che la sua parola domanda ospitalità, trasformazione, accoglienza. Gesù vuole portarci più lontano. Là lo si riconosce. Non so se avete letto quella straziante lettera ospitata da Famiglia Cristiana di un padre e di un nonno che si congeda dai suoi famigliari descrivendo la casa di riposo in cui si trova come “prigione dorata”. Sembra infatti che non manchi niente ma non è così…manca la cosa più importante, la vostra carezza, il sentirmi chiedere tante volte al giorno "come stai nonno?", gli abbracci e i tanti baci, le urla della mamma che fate dannare. In questi mesi mi è mancato l'odore della mia casa, il vostro profumo, i sorrisi, raccontarvi le mie storie e persino le tante discussioni. Ecco qua l’invito ad andare più lontano. Anche nell’incontro tra le generazioni, vincendo la cultura dello scarto.
3.    Infine il terzo passaggio. I due infatti sono stati bene insieme e lo pregano: Non andartene: rimani con noi perché il solo ormai è al declino. Guardate la mano del discepolo più giovane che sembra invitare Gesù a casa sua. Ed egli entrò per rimanere con loro. Un lungo cammino per rimanere. Gesù sparirà poi dalla vista, ma non ritirerà la sua presenza: rimane. Niente e nessuno riesce a modificare questa sua determinazione. Non lo vedi, ma c’è. E il rimanere è affidato ad un gesto: un pane spezzato. Forse per questo Duccio non dipinge la scena classica dei discepoli a tavola. Perché quella scena si ripete sempre sull’altare di fronte al quale la Maestà è collocata. Gesù lo riconosci quando spezzi il pane con lui. Quando celebri l’eucaristia e quando diventi eucaristia, pane spezzato per gli altri. Non vediamo l’ora di poter celebrare la messa insieme. Ma c’è una messa solenne che in questo tempo si compie, fatta di tanta gente che si spezza per gli altri. Lì c’è il Signore che si fa conoscere e che rimane. Anche in quella città che appare sulla destra, dove non solo Duccio, ma questo tempo ci aspetta.

1 commento:

  1. Buonasera,

    Ho letto ora l'ultima omelia che accompagna un suo fedele a fine giornata terrena verso incontro decisivo con il Risorto nostra pace. Componeva. Vorrei per me non avesse sole esequie e ritirato mutismo, ma possibilità di amicizia, ricomprensione, percorrenza. Sa bene non essere il solo ad aver lasciato le mie mani repentinamente, senza una parola, anzi, come non mi fossi accorta anche di qualche parola di troppo, stizzita, stizzita di che? Ho perso un fratello che spero ritrovare. Qui, lo vede, siamo tutti ancora troppo lontani, inimicati, freddi, smemorati. Anche a questo serve la poesia, a ricordare che la vita è animata da fuoco d'amore, dono libero e immenso, tesoro spirituale, ma anche corpi che percorrendo mondo sanno costruire civiltà. Lasci stare. Come sta? Fa freddo da tanti anni. A Treviso, a Martellago, ovunque non si voglia proprio avvicinare la debolezza, "neanche per un attimo" (Alessio Lega). Tempo combattuto, di muri che non posso vedere. Lei li può vedere? I suoi fedeli non corrono mai in chiesa a piangere ed offrire suppliche? Che cosa stiamo facendo? Perché siamo così mal disposti? Vangelo non è solo parole

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