domenica 28 ottobre 2018

Omelia 28 ottobre 2018


Trentesima domenica del Tempo Ordinario

Questa settimana è stata funestata dalla terribile notizia di Desirée, la sedicenne di Latina ripetutamente violentata in un contesto di droga, criminalità, degrado. Troupe televisive che si addentrano nei meandri oscuri di uno stabile fatiscente che per qualcuno costituisce la dimora abituale e che per molti è crocevia di spaccio, di ricettazione, di fughe di fronte alla legge. In questa vicenda siamo tutti un po’ ciechi: lo sono i violentatori assassini, gente prigioniera del proprio vuoto e priva di ogni traccia di umanità, lo è il padre di Desirée, a capo del traffico di droga di Cisterna, che accusa chi gli ha ammazzato la figlia ma che non esita a distribuire morte ai figli degli altri, lo è anche Desirée che si è lasciata attrarre in questo vortice oscuro dimenticando la bellezza della sua giovinezza e le speranze che la vita consegna ad ogni ragazzo. E ciechi lo siamo anche noi, società che vorrebbe risolvere il problema con le ruspe, dimenticando che tutti quegli sbandati si trovano in quel luogo perché già altre ruspe li hanno fatti partire da altrove. Siamo ciechi anche noi quando pensiamo che questi problemi appartengano solo a contesti lontani, senza considerare che le sostanze sono alla portata anche dei nostri ragazzi. Non le ruspe bisogna muovere, ma le gru, quelle che portano a costruire, a educare, a offrire speranza e forse anche luoghi di aggregazione e d’incontro. L’emergenza educativa non è più in agenda e, in questo Paese che ama gli slogan di piazza più dei suoi ragazzi, non c’è una voce di bilancio che consenta di realizzare un ambiente per poterli mettere insieme e suggerire loro che vita non è equivalente allo sballo. L’oratorio per il quale invano cerchiamo finanziamenti ne è la prova.  

Gesù oggi guarisce un cieco e vuole guarire anche noi, bisognosi di trovare la sua luce, il suo modo di vedere le cose. Come avviene la guarigione?

1.    Anzitutto gridando e vincendo quelli che ti vorrebbero zittire. Quando il cieco sente che sta arrivando Gesù, non si trattiene e inizia a chiamarlo a gran voce, tanto che molti lo rimproveravano perché tacesse. Ma egli gridava ancora più forte. Il cieco ricorda che un tempo ci vedeva e per quanto la sua situazione sembri inguaribile, lui non si rassegna: Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me. Non rassegnarti mai all’oscurità; esci da quello che ti rende tenebroso, che oscura la vita. Come quell’autista di Parigi che ad una fermata del suo autobus doveva far salire François, un disabile in carrozzella. L’elevatore l’ha tirato su, ma la gente era pigiata, infastidita e non voleva lasciarlo entrare. E l’autista ha fermato l’autobus e ha gridato: “Capolinea”. Così tutti sono scesi, François è salito e l’autobus ha ripreso la corsa. Non essere vittima del silenzio, della penombra, della mediocrità. E grida quando scendono le tenebre.

2.    C’è un altro gesto molto importante che il cieco compie: butta via il mantello e si reca da Gesù. Il mantello non è solo un vestito. Nella mentalità palestinese di allora è la casa del povero, è tutto ciò che uno possiede, tanto che se uno prendeva in pegno il mantello del povero glielo doveva restituire prima del tramonto del sole. Questo cieco invece butta via anche questa garanzia perché si sente ormai accolto in un’altra dimora, uno spazio più luminoso di quello che pensa di avere. Ecco, per trovare luce dobbiamo buttare il mantello che ci copre, che ci dà sicurezza ma anche ci imprigiona. Pensate ai lavoratori della Breton che hanno regalato 120 giorni di lavoro al papà di quel bambino di S. Martino di Lupari, che è morto sotto lo scuolabus. Hanno rinunciato a un giorno delle loro ferie, per poter permettere al loro collega di stare più vicino alla sua famiglia. Uno potrebbe pensare solo al suo mantello, a starsene in ferie tranquillo dove meglio gli pare e invece getta via le sue sicurezze per far entrare un po’ di luce in più, nella vita di una famiglia segnata da una grave perdita e forse anche nella loro vita. Perché quando fai del bene, il bene fatto ti torna indietro.

3.    Infine, ci dice l’evangelista che il cieco guarito seguiva Gesù lungo la strada. La guarigione funziona se la mantieni attiva, se Gesù diventa la tua strada. Fa’ in modo che la luce non sia uno sfarfallio momentaneo, ma un chiarore che ti accompagna. Ci sono ad esempio dei ragazzi che misteriosamente appaiono a catechismo e altrettanto misteriosamente spariscono, salvo ripresentarsi a particolari scadenze. E se interpelli la famiglia, ti guardano con sufficienza, come se non ti rendessi conto di dove porta la vita. Solo quattro, cinque volte, poi viene. Certo, puoi giocare al ribasso, come quando aspetti i saldi di fine stagione: chiediti però se siano le svendite a dare struttura alla personalità di tuo figlio o la perseveranza, l’incoraggiamento, il valore che tu adulto attribuisci o meno a certe esperienze. Lo seguiva lungo la strada. La strada è la vita: vedi un po’ con chi la vuoi percorrere, perché i meandri oscuri non sono finiti ed è meglio essere in compagnia della Luce.

Nessun commento:

Posta un commento