Venticinquesima domenica del T. O.
Nel
giornale dell’altro giorno c’era una notizia interessante: i fiori di Bach per aumentare
la pazienza dei genitori. Le famose gocce floreali per aumentare la resistenza,
per accettare la personalità del bambino, per sviluppare l’empatia… Non so se
sia la soluzione ma a volte di fiori di Bach ne servirebbero quintali. Anche
Gesù oggi ne ha bisogno perché i suoi discepoli, nonostante abbia appena detto
loro che sta andando a Gerusalemme per essere messo in croce, non entrano in
quel registro. Anzi, lungo la strada hanno sogni di segreta grandezza: Per la strada infatti avevano discusso tra
loro chi fosse più grande. Gesù non si arrabbia: li chiama a sé e spiega
loro ancora una volta cosa significa essere discepoli.
1. Essere
discepoli vuol dire mettersi sulle tracce del crocifisso risorto. «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle
mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni
risorgerà». Vuol dire che essere cristiani non ti colloca sotto una campana
di vetro. Sei il discepolo del crocifisso e anche tu a volte vieni crocifisso.
Ma quella strada di morte, rimanendo uniti a lui, diviene una strada di vita. Dopo tre giorni risusciterà. Perché
questo passaggio, questa strettoia angosciante? Perché Dio vuole che impariamo
a fidarci di lui, come il Figlio si è fidato del Padre, per non coltivare
segretamente l’idea di essere noi gli artefici della nostra salvezza senza
esserlo affatto, perché ci sono alcune vicende da cui puoi uscire da solo, ce
ne sono altre dove solo il Signore ti salva. E ti serve ricordare che te l’ha
detto e che l’ha vissuto prima di te. Dio non ti toglie la croce: la vita
cristiana non è un film di maghi e magie, ma la trama di chi cammina con Gesù e
si fida di lui e del Padre. Nei giorni scorsi a Roma è stata aperta la causa di
beatificazione di Chiara Corbella, giovane madre morta a 28 anni e che decise
di rinviare le terapie oncologiche per non danneggiare il figlio che portava in
grembo. Ora Dio
ci ha chiesto di continuare a fidarci di Lui nonostante un tumore che ho
scoperto poche settimane fa e che cerca di metterci paura del futuro, ma noi
continuiamo a credere che Dio farà anche questa volta cose grandi. Le cose grandi non sono state la guarigione, ma il cammino
della santità e la processione che continua a raggiungere la tomba di questa santa della porta accanto. Dopo tre
giorni. Fidati di Dio: lui vede più in là.
2. Essere
discepoli vuol dire non farsi ingannare da false grandezze. Chissà cosa avevano
in mente i discepoli… Ma anche noi corriamo questo rischio. Essere uno scalino
più in alto, superare la fila, farsi valere, contare di fronte agli altri,
diventare violenti e velenosi perché responsabilità politiche, amministrative,
professionali …parrocchiali sono cambiate e qualcuno non si è accorto di noi,
di quanto valiamo. Da dove vengono le
guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre
passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non
riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere;
combattete e fate guerra! È la guerra del “lei non sa chi sono io” e che ci porta a volte ad essere
aggressivi e arroganti, a volte a essere patetici, in ogni caso a sprecare la
vita dietro a un riconoscimento che non ci viene dai tappeti rossi che
calpestiamo, ma dall’effettiva disponibilità che diamo agli altri, come servi.
Perché se sei servo non hai problemi: sei all’ultimo posto, non puoi cadere e
puoi solo essere d’aiuto a qualcuno. «Se
uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
3. Infine
il discepolo oltre a farsi piccolo riparte dai piccoli: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e
chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». Di chi
prendi le difese, chi ti sta a cuore? Lascia perdere quelli che contano: hanno
già il loro Dio e qualche volta lo sono a loro stessi. Prova a vedere quanto
puoi essere importante invece per i piccoli della terra, che ti benediranno
perché in te scopriranno la mano di Dio. Pensate a quei volontari della croce
rossa che mentre trasportavano un anziano da Carrara a Ivrea, dove vivevano i
suoi figli, ha chiesto di poter vedere per l’ultima volta il mare. E loro si
sono dati da fare per raggiungere il litorale tirrenico, forse per l’ultima
volta. Un servizio a un piccolo della terra, ad un bambino di 88 anni che in
questo modo ha trovato la mano di Dio. Ma anche quei volontari hanno trovato
quella mano, anzi, ne hanno visto il volto: nell’anziano che hanno soccorso.
Piccoli diventati grandi, non secondo le misure del mondo, ma secondo le
proporzioni evangeliche. Quelle stesse che oggi il Signore raccomanda anche a
noi.
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