Lina
Stocco ved. Mazzarolo (1 ago. 2017)
Rm 8,31-35.37-39 – Gv 14,1-6
Non sia turbato il vostro cuore, abbiate
fede in Dio e abbiate fede anche in me. La vita di Lina è quella di
una donna forte, che ha tenuto saldamente in mano il timone della vita e non ha
mai cessato di credere e di fidarsi di Dio, anche quando gli eventi della vita
avrebbero portato a ben altre conclusioni. La sua esistenza potrebbe essere
raccolta in tre sequenze, cariche di messaggi che forse oggi ci è chiesto di
custodire.
1. Lina
è una ragazza di Godego, nata e cresciuta in questo paese mentre tanti
cercavano fortuna all’estero. E dall’altra parte del mondo, in Australia,
Camillo Daminato un giorno dice ad Alfonso Mazzarolo: «Fonso, gavaria na tosa da farte conossare». Camillo dovette essere
convincente perché Alfonso rientra in Italia e va a trattare con Pietro e la
Olga, genitori di Lina che nel frattempo è al lavoro in pastificio. Ma, curiosa
come tutte le donne, arriva a casa e spia dal balcone della stalla quello che
sta succedendo: «Chi saraeo chel bel
toso?». Dieci mesi dopo, nel 1966, il bel toso diviene suo marito e in
viaggio di nozze dove vanno? In Australia! Non doveva essere un hotel a cinque
stelle perché Lina ogni tanto ripeteva: «Fonso,
ma dove me gheto portà?». Abitavano a Griffith, inizialmente in una baracca
e coltivavano frutta e verdura. Un po’ alla volta però l’attività cresceva e le
condizioni miglioravano e in casa di Lina e Alfonso arrivarono anche i tre
figli , Sandra, Renato e Fabio. La vita cominciava ad andare per il verso
giusto. La vicenda di Lina, come quella di tanti Godigesi, è anzitutto quella
di un migrante, di chi si è messo in viaggio per cercare sicurezza, per dare
dignità alla vita. Una pagina che ci insegna ad essere grati a chi ha lasciato
questo nostro paese e ne ha permesso lo sviluppo con quello che mandava a casa
e che ci insegna ad essere attenti e rispettosi anche nei confronti di chi oggi
vive vicende analoghe.
2. Ma
ad un certo punto l’imprevisto e la tragedia. 6 settembre 1975. Mentre la
famiglia da Griffith va a Sydney per raggiungere l’Italia, con la felicità di
far conoscere i nipoti, Alfonso è colto da un malore e pochi istanti dopo muore
in ospedale. Noi possiamo solo immaginare cosa può essere passato nella mente
di Lina in quegli istanti. I figli maggiori ricordano che lei aveva Fabio in
braccio e continuava a ripetere: «Preghè,
preghè». Arrivò poco dopo il nonno Pietro e li aiutò a rientrare tutti in
Italia. Un ritorno in risalita, dove si trattava di far crescere i ragazzi e di
mandare avanti la famiglia. «Go fatto da
femena e go fatto da omo», parole che Lina ogni tanto ripeteva, ricordando
i sacrifici di quegli anni. Due erano le risorse che possedeva: una grande
forza d’animo e la fede. E forse la prima era dovuta alla seconda, perché Lina
diceva spesso: «Se no gavesse avuo a fede
no so che gavaria fatto». Fede che si trasformava in preghiera, rosario,
messa alla Crocetta, candele accese continua-mente. E senza smarrire la
serenità e neanche la capacità di pensare agli altri, magari un po’ di
assistenza in ospedale e i gesti segreti della carità. La fede non ci risparmia
dalle prove della vita, ma ci aiuta ad affrontarle con coraggio, sapendo che
non siamo soli e che qualcuno si prende cura di noi. Chi ci separerà dall’amore di Dio in Cristo Gesù? Forse la
tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la nudità, la fame, il pericolo, la
spada? Vita eterna è credere che Dio è più grande di tutto quello che può
capitare, di tutto quello che sembra smentire la sua presenza e la sua fedeltà.
3. La
terza sequenza di Lina è legata agli ultimi anni della sua vita, quando
malattia e infermità l’hanno segnata pesantemente: la mente non era più quella
di un tempo e un ictus modificava per sempre la sua autonomia. Però, un paio d’anni
fa, il giorno prima che la situazione precipitasse, aveva avuto un giorno
stranamente diverso. Dopo anni che non si muoveva ed era piuttosto sospettosa,
era andata nell’orto a fare qualche lavoretto, aveva parlato amabilmente con i
suoi famigliari e aveva regalato loro l’ultimo suo sorriso. La malattia a volte
ci trasforma, ci rende irriconoscibili. Ma forse Lina voleva dirci: non perdete
la verità delle persone, il loro sorriso. E fatene tesoro buono, anche per i
giorni in cui verrà meno. Perché ci ricordiamo di chi siamo, anche quando gli
eventi sembrano confonderci. Forse oggi Lina torna a sorridere: la immaginiamo
così, mentre entra in paradiso. Ancora ci guarda e dice quella frase che le
stava a cuore e che spesso ripeteva: «Vao
trovare Fonso».
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