lunedì 18 settembre 2017

Omelia funerale Lina Mazzarolo


Lina Stocco ved. Mazzarolo (1 ago. 2017)

Rm 8,31-35.37-39 – Gv 14,1-6

Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. La vita di Lina è quella di una donna forte, che ha tenuto saldamente in mano il timone della vita e non ha mai cessato di credere e di fidarsi di Dio, anche quando gli eventi della vita avrebbero portato a ben altre conclusioni. La sua esistenza potrebbe essere raccolta in tre sequenze, cariche di messaggi che forse oggi ci è chiesto di custodire.

1.    Lina è una ragazza di Godego, nata e cresciuta in questo paese mentre tanti cercavano fortuna all’estero. E dall’altra parte del mondo, in Australia, Camillo Daminato un giorno dice ad Alfonso Mazzarolo: «Fonso, gavaria na tosa da farte conossare». Camillo dovette essere convincente perché Alfonso rientra in Italia e va a trattare con Pietro e la Olga, genitori di Lina che nel frattempo è al lavoro in pastificio. Ma, curiosa come tutte le donne, arriva a casa e spia dal balcone della stalla quello che sta succedendo: «Chi saraeo chel bel toso?». Dieci mesi dopo, nel 1966, il bel toso diviene suo marito e in viaggio di nozze dove vanno? In Australia! Non doveva essere un hotel a cinque stelle perché Lina ogni tanto ripeteva: «Fonso, ma dove me gheto portà?». Abitavano a Griffith, inizialmente in una baracca e coltivavano frutta e verdura. Un po’ alla volta però l’attività cresceva e le condizioni miglioravano e in casa di Lina e Alfonso arrivarono anche i tre figli , Sandra, Renato e Fabio. La vita cominciava ad andare per il verso giusto. La vicenda di Lina, come quella di tanti Godigesi, è anzitutto quella di un migrante, di chi si è messo in viaggio per cercare sicurezza, per dare dignità alla vita. Una pagina che ci insegna ad essere grati a chi ha lasciato questo nostro paese e ne ha permesso lo sviluppo con quello che mandava a casa e che ci insegna ad essere attenti e rispettosi anche nei confronti di chi oggi vive vicende analoghe.

2.    Ma ad un certo punto l’imprevisto e la tragedia. 6 settembre 1975. Mentre la famiglia da Griffith va a Sydney per raggiungere l’Italia, con la felicità di far conoscere i nipoti, Alfonso è colto da un malore e pochi istanti dopo muore in ospedale. Noi possiamo solo immaginare cosa può essere passato nella mente di Lina in quegli istanti. I figli maggiori ricordano che lei aveva Fabio in braccio e continuava a ripetere: «Preghè, preghè». Arrivò poco dopo il nonno Pietro e li aiutò a rientrare tutti in Italia. Un ritorno in risalita, dove si trattava di far crescere i ragazzi e di mandare avanti la famiglia. «Go fatto da femena e go fatto da omo», parole che Lina ogni tanto ripeteva, ricordando i sacrifici di quegli anni. Due erano le risorse che possedeva: una grande forza d’animo e la fede. E forse la prima era dovuta alla seconda, perché Lina diceva spesso: «Se no gavesse avuo a fede no so che gavaria fatto». Fede che si trasformava in preghiera, rosario, messa alla Crocetta, candele accese continua-mente. E senza smarrire la serenità e neanche la capacità di pensare agli altri, magari un po’ di assistenza in ospedale e i gesti segreti della carità. La fede non ci risparmia dalle prove della vita, ma ci aiuta ad affrontarle con coraggio, sapendo che non siamo soli e che qualcuno si prende cura di noi. Chi ci separerà dall’amore di Dio in Cristo Gesù? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la nudità, la fame, il pericolo, la spada? Vita eterna è credere che Dio è più grande di tutto quello che può capitare, di tutto quello che sembra smentire la sua presenza e la sua fedeltà.

3.    La terza sequenza di Lina è legata agli ultimi anni della sua vita, quando malattia e infermità l’hanno segnata pesantemente: la mente non era più quella di un tempo e un ictus modificava per sempre la sua autonomia. Però, un paio d’anni fa, il giorno prima che la situazione precipitasse, aveva avuto un giorno stranamente diverso. Dopo anni che non si muoveva ed era piuttosto sospettosa, era andata nell’orto a fare qualche lavoretto, aveva parlato amabilmente con i suoi famigliari e aveva regalato loro l’ultimo suo sorriso. La malattia a volte ci trasforma, ci rende irriconoscibili. Ma forse Lina voleva dirci: non perdete la verità delle persone, il loro sorriso. E fatene tesoro buono, anche per i giorni in cui verrà meno. Perché ci ricordiamo di chi siamo, anche quando gli eventi sembrano confonderci. Forse oggi Lina torna a sorridere: la immaginiamo così, mentre entra in paradiso. Ancora ci guarda e dice quella frase che le stava a cuore e che spesso ripeteva: «Vao trovare Fonso».  

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