lunedì 18 settembre 2017

Omelia 17 settembre 2017


Ventiquattresima domenica del T. O.

Se ricordate, in Egitto, nello scorso mese di aprile, c’è stato un sanguinoso attacco ad alcune chiese cristiane in cui persero la vita numerosi fedeli riuniti per la celebrazione della Domenica delle Palme. La moglie cristiana di un agente di guardia, qualche tempo fa è intervenuta con gli assassini di suo marito, dicendo loro: "Vi perdono e chiedo a Dio di perdonarvi. Prego che Dio possa aprirvi gli occhi e illuminare le vostre menti". Un gesto talmente grande che ci disorienta e che ci pone di fronte alla domanda che Pietro rivolge a Gesù nel vangelo: Quante volte dovrò perdonare? Fino a dove possiamo spingerci, fino a quando è ragionevole tale atteggiamento? Quando qualcuno ci ferisce, quando qualcuno usurpa ciò che ci appartiene, quando qualcuno ci tradisce. Ebbene, Gesù vuole farci capire che la sua proposta non è ragionevole: è dirompente. Spacca schemi, consuetudini, umana contabilità. Dio non ci mette in mano la calcolatrice ma il suo amore sconsiderato. Vediamo allora quali sono le strade del perdono. Vi propongo tre passaggi: ricorda, molla, prova.

1.   Ricorda. Il perdono nasce dalla capacità di ricordare. Ricorda il vangelo: guarda che il cristianesimo non è fatto delle tue misure ma di quelle di Gesù. Ricorda quante volte sei stato perdonato, ricorda i diecimila talenti che appartengono al condono che ti è stato fatto: non è abbastanza? Noi teniamo registri contabili aggiornatissimi per quanto riguarda i debiti altrui, per quanto riguarda i nostri ci dimentichiamo di segnare. Ma c’è un’altra realtà da ricordare. Ce l’ha suggerita il Siracide, questo saggio dell’AT che forse si è trovato più volte a creare pace tra i figli di Israele. Ad un certo punto dice: Ricordati della fine e smetti di odiare. Cosa vuoi portare di là: le tue ragioni o il tuo amore? Cosa lasci in eredità ai tuoi figli: il rancore da custodire da una generazione all’altra o la fraternità e la concordia?

2.   Molla. Il servo cui è stato condonato il debito enorme va dal suo collega che gli doveva pochi soldi e non si limita a chiedere la restituzione: lo prese per il collo e lo soffocava. A volte siamo così: prendiamo gli altri per il collo e li soffochiamo. Con le nostre pretese, le cattiverie, le chiacchiere, le azioni legali. Molla la presa. Vi siete separati perché non andavate più d’accordo, perché dovete continuare a farvi del male, a insultarvi, a usare i figli come arma? Molla la presa. E le considerazioni che fai sull’odioso parente o vicino di casa? Guarda che forse non stanno soffocando solo lui, ma anche te e i tuoi figli che ti ascoltano. Molla la presa. Proviamo a vedere se si può curare anche la comunicazione. A volte i problemi nascono perché diciamo parole inadeguate, mal dette o mal comprese. Qualcuno, come se manifestasse un merito afferma: Quello che ho in cuore, io ce l’ho anche in bocca. Non sarebbe augurabile che ce l’avessi anche in testa, che passasse attraverso la verifica dell’intelligenza? Anche le parole soffocano e occorre imparare a dosarle, a selezionarle, a dirle quando è il caso e con chi è il caso.

3.    Infine prova. Era quello che diceva papa Francesco in Colombia paese in cui c’è un estremo bisogno di riconciliazione. Bisogna che alcuni abbiano il coraggio di fare il primo passo in questa direzione, senza aspettare che lo facciano gli altri. Basta una persona buona perché ci sia speranza! E ognuno di noi può essere questa persona! Ognuno di noi. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo fratello? Prova ad attivare percorsi di recupero. Quali? Prova a distendere i muscoli facciali: fai un po’ di ginnastica allo specchio o comprati la crema skinrelax che fa miracoli… Sorridi e saluta invece di girarti altrove. Prova a essere fedele a una parola data senza cambiare le carte in tavola. Prova a perdere qualcosa invece di perdere gli affetti. E se tutto questo non riesce prova anche …a pregare: forse il perdono inizia chiedendone la forza e l’efficacia.

Quante volte? Sempre, tanto da assomigliare a Dio. Perché il perdono non serve agli altri, serve a noi, per essere figli di quel Padre dei cieli che così vuol essere riconosciuto anche in ciascuno di noi.

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