venerdì 14 dicembre 2018

Omelia esequie Valnea Curatolo Federighi


Funerale Valnea Curatolo Federighi (14 dic. 2018)

(Dt 8,2-9/ Gv 14,1-6)

Finestre della memoria. Questo il significativo titolo della pubblicazione che qualche anno fa ha raccolto i pensieri di Valnea, protagonista di vicende che hanno contrassegnato la storia del secolo scorso a livello internazionale e a livello locale, nel dramma dei profughi istriani e nei cambiamenti di questo nostro paese. E anche noi oggi ci affacciamo a questa finestra, perché i panorami che in essa si delineano non vadano perduti e possiamo custodire un po’ di sapienza in più riguardo al tempo: al passato di cui siamo eredi, al presente che abitiamo, al futuro che stiamo costruendo. Ce lo rammentava il libro del Deuteronomio: Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere. Ricordati: la fede ebraico cristiana è un esercizio di memoria nel quale scopriamo che non siamo da soli e che una mano invisibile ci accompagna: quella di Dio. Valnea era una donna credente, di una fede radicata e libera, fortemente incarnata nelle vicende umane e protesa a interrogare la vita. Significativamente la copertina del libro riporta un dipinto di Jessie Boswell con tre finestre aperte. Proviamo ad affacciarci anche noi per osservare qualche frammento di storia, di vita e di fede che la vicenda di Valnea ci consegna.

1.    Valnea, nata a Fiume nel 1923 in territorio allora italiano, ci apre anzitutto la finestra del dramma dei profughi istriani, fiumani e dalmati costretti a lasciare le loro terre nel secondo dopoguerra, a motivo dei nuovi assetti internazionali e delle violente pressioni del governo di Tito. La famiglia aveva un grosso panificio, ma ad un certo punto il quadro socio-politico si fa incandescente. Valnea, approfittando del permesso temporaneo di studio, l’8 settembre 1945 si trasferisce a Padova dove è iscritta a farmacia. La mamma poco dopo le invierà una lettera: Non tornare più a casa. Anche la famiglia, insieme ad altri 350 mila profughi, di lì a poco abbandonerà Fiume e si trasferirà a Sanremo. Diceva Valnea: Abbiamo perso tutto, abbiamo salvato la pelle. Non così sarebbe capitato ai circa 13 mila gettati nelle foibe. Valnea ci restituisce una pagina importante di storia ricca delle sue riflessioni, in particolare quelle che riguardano i confini, la convivenza umana, l’incontro di popoli e di culture diverse: Io, affermava nell’intervista – amo definirmi di pura razza bastarda. La mia bisnonna era irlandese e ha sposato mio bisnonno che era di Cherso. Il mio nonno materno era Dalmata. Da parte di padre la nonna era genovese, il nonno era di Trapani. Ho parlato di sangue misto, ma devo aggiungere di cuore italianissimo. Si può essere italiani, sostiene Valnea, anche con sangue di varia provenienza. La parola democrazia ha senso se vissuta fino in fondo, senza prevaricazioni, nel rispetto assoluto e reciproco delle diversità di opinioni, di religione, di lingua. Parole importanti, non prive di attualità, che è bene udire dalla cattedra di chi ha patito esclusione, persecuzione, lontananza e povertà e ci insegna a cercare quello che a volte facciamo fatica a vedere. Osserva i comandi del Signore, tuo Dio, camminando nelle sue vie e temendolo, perché il Signore, tuo Dio, sta per farti entrare in una buona terra. È la terra della fraternità e della concordia quella che il Signore ci indica e che Valnea non ha cessato di farci osservare, a volte anche con un certo rigore.

2.    Una seconda finestra è quella famigliare e professionale. Valnea ha studiato farmacia e tra i banchi dell’università incontra Guido Federighi. All’inizio è solo un’amicizia, poi i sentimenti si intensificano e inizia la relazione. Il papà di Guido, farmacista a Godego, ad un certo punto si ammala e viene a mancare; guido quindi chiede a Valnea di raggiungerlo in paese per assumere la direzione della farmacia. Guido non era ancora laureato perché si era dapprima iscritto a ingegneria; ma quando si ammala suo padre cambia facoltà e si prepara a gestire la farmacia. Intanto nel settembre del 1949 Valnea viene a Castello di Godego, va abitare dai Moresco, inizia a lavorare in farmacia finché Guido non si laurea e sposandola nel 1959, dà forma alla sua famiglia. Con Guido c’è sempre stata una grande intesa: mai visti litigare, diceva M. Giovanna. E non serviva neanche che si parlassero, tanto erano normali la disponibilità senza orologio, i consigli a gente che non aveva bisogno solo di farmaci ma anche di indirizzo e di sostegno, la solidarietà che sapeva cancellare i debiti a chi non poteva permettersi i medicinali. La storia di questo nostro paese è la storia della sua povertà, ma anche di uomini e donne che hanno fatto della loro professione una missione e che hanno tracciato sentieri di riscatto, risurrezione e di vita pagando di tasca loro. Io sono la via, la verità e la vita. Parole di vangelo ben presenti nei giorni di Valnea che ha camminato, senza mai pentirsene e senza vantarsene su strade di accoglienza e carità.

3.    La terza finestra è quella culturale. Quando Guido ha iniziato a fare il farmacista, Valnea è ritornata al mestiere che più le piaceva: insegnare. Matematica e scienze alle medie di Castelfranco e in qualche altro istituto. Non ha mai mancato però di promuovere anche a Godego formazione e informazione. Non faceva mistero Valnea della distanza che aveva sperimentato nel cambio di residenza da una città mitteleuropea com’era Fiume, dove in casa c’era il telefono e si andava a teatro a un paese rurale come Godego di fine anni ’40 dove gli unici laureati erano lei, il dott. Serafini e il prof. Ripoli e si reagiva alla povertà con la ricerca di un qualsiasi lavoro, smettendo presto di andare a scuola e partendo spesso per terre lontane. Valnea non faceva sfoggio della sua cultura. Con umiltà si è messa a disposizione del paese promuovendo conoscenza e l’istruzione, fondando il Centro Culturale Villa Priuli, l’Associazione genitori e recando nuovi stimoli culturali, pedagogici e anche religiosi, scontrandosi talora con le idee poco lungimiranti di qualche cappellano. Valnea era una donna di fede, ma aveva capito che la verità di Gesù Cristo era sempre legata ad una apertura del cuore e della mente e che certe impostazioni, spacciate per obbedienza, erano di fatto ristrettezze mentali. Vivi una fede libera, sembra dirci Valnea, attenta a quel che capita, pronta ad interrogarsi, lieta di trovare spazi di partecipazione dove capire e aiutare a capire. Perché è così che il Signore ci fa crescere e ci rende dei credenti adulti. Ogni tanto Valnea interrogava anche il suo futuro. Ma non si faceva molte domande; diceva semplicemente: Chissà che il Signore mi venga a prendere. Sapeva che nella casa del Padre, come ha assicurato Gesù, c’erano tanti posti. E crediamo che il suo posto ora lo abbia trovato, accanto al Risorto, alla Vergine Maria che sempre pregava, a P. Pio da cui era affascinata, a suo marito Guido e a quel popolo numeroso di cui è stata amica, maestra e compagna di viaggio.

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