martedì 13 febbraio 2018

Omelia Funerale Francesco Carlesso


Funerale Francesco Carlesso (12 feb. 2018)

(Fil 4,4-9 / Mt 25, 31-46)

Spesso il male di vivere ho incontrato. È l’inizio di una celebre poesia di Eugenio Montale ed è anche il fardello che, abbastanza presto, ha accompagnato la vita di Francesco, consegnandolo alla fatica dei giorni. Giovane e promettente ingegnere, ad un certo punto percepisce un disagio che gli rende più difficile il lavoro, gli incontri, le responsabilità. La stanchezza, la fatica di andare avanti, la tristezza. Perché capitano vicende di questo tipo? Qualcuno può interrogare il passato, le storie di un bambino bisognoso di cure costretto a vivere in sanatorio per due anni o la voglia di riscatto passata sui libri di studio, di giorno e di notte. Non sappiamo perché capitano certe cose. Sappiamo però che Francesco ha continuato ad essere e a dare tutto ciò che poteva, aiutato dall’affetto di Vanna e di Sara e da una comunità che per lui è diventata una sorta di famiglia allargata. Perché capitano certe situazioni? Perché forse il Signore ci chiede di amare: anche nella fatica, nella debolezza, nel controsenso, resistendo allo sconforto e alla voglia di andarsene. Francesco non si è lasciato andare e non è stato lasciato dai suoi: in un contesto, nonostante tutto, umanamente ricco, ci ha lasciato qualcosa di importante che oggi raccogliamo.

1.    Ci ha lasciato innanzitutto una piccola busta con scritto: Messa dopo morte. Francesco. In essa c’erano le indicazioni delle letture che voleva al suo funerale. Sono quelle che abbiamo letto poca fa. Nella prima lettura c’era una piccola raccolta di indicazioni famigliari, per i mariti, le mogli, i genitori, i figli, gli schiavi… Ma Francesco aveva trascritto una frase che molto probabilmente lo colpiva maggiormente: Voi mariti non rattristate le vostre mogli. Forse, almeno agli inizi, si rendeva conto delle sue fatiche e di quello che potevano generare negli altri, ma portava nel cuore il desiderio di non rattristare Vanna, di custodire quella relazione che per lui era vitale. Ma il rapporto con Francesco era vitale anche per Vanna che in quasi quarant’anni di matrimonio ha sempre circondato suo marito di rispetto, tenerezza e cura, riempendo di normalità anche i momenti più impegnativi. È in questo affetto reciproco che il Signore ci dà appuntamento, qui vuole essere cercato, come ci ha ricordato Paolo: Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete come ricompensa l'eredità.

2.    Ma nella busta c’era anche la pagina del vangelo che abbiamo appena ascoltato. Per Francesco aveva un titolo solo: Avevo fame e mi avete dato da mangiare. E a casa Carlesso da mangiare ce n’era sempre per tanti, anche per gli scartati della società. Se poi c’era da aiutare qualcuno perché i soldi non bastavano, Francesco c’era. Con semplicità, mettendo nella busta anche più di quello che si era stabilito. È la misericordia, la chiave del paradiso, l’investimento a lungo termine che produce interessi nel regno dei cieli. “Vi raccomando, sembra oggi dirci Francesco: non dimenticate-vi che si trova unicamente ciò che si è donato e che Dio si fa presente nel povero al quale si sono aperte le porte”.

3.    C’è una terza pagina che Francesco ci consegna. Questa non l’ha scritta sulla lettera, ma l’ha vissuta. Quella della preghiera e del suo rapporto con il Signore. Partecipe della spiritualità dei Focolarini, sentiva che la croce era il luogo in cui la sofferenza sconfinava nell’amore e anche lui ripeteva spesso, convinto: «Partecipo con le mie sofferenze alla redenzione». Parole straordinariamente grandi e forse un po’ lontane per noi, ma che a Francesco non facevano paura, perché le viveva. E le sue ultime preghiere erano quelle della semplicità, ma che, se ci pensiamo, contengono una piccola sintesi della vita cristiana: Gesù, Giuseppe e Maria vi dono il cuore e l’anima mia l’appartenenza al Signore. Siate la salvezza dell’anima mia: solo il Signore ci guarisce e ci salva. Assistetemi nell’ultima agonia, spiri in pace con voi l’anima mia: al termine della vita non siamo da soli. Ma aggiungeva anche: Fate che l’ultimo mio pan sia l’Eucaristia: la forza di quel Pane che gli antichi chimavano “il farmaco dell’immortalità”. Uno sembra fuori coi pensieri, ma forse alcune cose le ha capite più di quelli che i pensieri ritengono di averli a posto. E per questo Gesù dice: Ti benedico Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato il mistero del regno dei cieli. Francesco era uno di questi piccoli, ma ha compreso e percorso strade di vita e di felicità. Francesco ogni tanto chiedeva a sua figlia: «Sara, sei felice?». Forse oggi questa domanda la fa anche a noi, come invito a ritornare all’essenziale e a una vita che, per quanto impegnativa, mai si chiuda alle sorprese di Dio, anche quando il male di vivere vorrebbe avere la meglio.




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