sabato 3 febbraio 2018

Omelia 28 gennaio 2018


Quarta domenica del tempo ordinario

La Giornata della Memoria è stata accompagnata quest’anno dalla testimonianza di Liliana Segre, sopravvissuta di Aushwitz e recentemente nominata senatore a vita dal Capo dello Stato. La sua vicenda ha la forza di zittire chiunque ascolti, di far pensare, di prendere ogni distanza possibile rispetto ad un male che talvolta ha un’onda lunga, nella testa di chi nega gli accadimenti o di chi ne riduce l’atrocità. Ebbene, questa donna che oggi ha 86 anni, ricorda il momento della selezione che periodicamente i prigionieri vivevano davanti ai medici del lager. Lei aveva quindici anni e miracolosamente riesce a superare la verifica. È viva. Ma dietro di lei c’è una coetanea con cui lavorava fianco a fianco: qualche parola, il sorriso, un saluto. Una ragazza cui una pressa aveva tagliato le falangi. E Janine, così si chiamava, viene mandata a morte.     Eppure non le dissi niente. Non mi voltai quando la portarono via. Non le dissi addio. Avevo paura di uscire dall’invisibilità nella quale mi nascondevo, feci finta di niente e ricominciai a mettere una gamba dietro l’altra e camminare, pur di vivere. Un rimorso che mi porto dietro per non averle fatto capire con un addio che la sua vita era importante per me. Il male è questo. È ciò che ti disumanizza anche quando del male sei una vittima. Gesù è venuto a liberarci da queste catene invisibili, da questa oscurità in cui si muove il principe delle tenebre. È quello che capita nella sinagoga di Cafarnao. Come avviene la liberazione?

1.    Anzitutto Gesù lascia risuonare le domande e le obiezioni del male. Vuole che impariamo a individuarne il linguaggio, le espressioni dietro cui si nasconde. Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? È il tentativo di creare distanza: Gesù e noi, Gesù che vuole qualcosa da noi, un Dio esigente, pretenzioso. Queste parrocchie che pretendono di avere ragazzi, genitori e padrini per preparare la cresima… Abbiamo molti impegni, che vuoi da noi? Sei venuto a rovinarci? Un Dio che ci perde, che è causa della infelicità. Clonazione di due scimmiette, possono essere molto utili per la medicina: se una si rompe c’è l’altra di ricambio. Dai, può essere utile per il progresso: non essere nemico della scienza… Io so chi tu sei: il santo di Dio. In queste parole apparentemente devote c’è la più potente delle sfide: io so già tutto di te, non hai più niente da dirmi. Dio dici sempre le solite cose: che noioso che sei! Dobbiamo affinare l’udito, riconoscere che in alcune nostre posizioni dove riteniamo di essere liberi, liberi non siamo: perché succubi dell’ideologia, dei nostri egoismi, della nostra incapacità di metterci in discussione. Taci, esci da costui. Bisogna far tacere queste voci, spegnere l’amplificatore con cui grida la sua boriosa presunzione.

2.    Ma non basta spegnere le voci del maligno: bisogna accendere la Parola di Gesù. La gente infatti si stupisce perché  la sua parola è differente da quella degli scribi. È una parola detta con autorità, che fa quello che dice. Che parole ascolti? Guarda che le parole del mondo spesso sono parole false, vuote, irrealizzabili. Come alcune che accompagnano questa campagna elettorale. Le parole che guariscono dal male sono quelle della coerenza. Mi ha colpito molto in questi giorni il modo con cui i ragazzi delle superiori hanno ascoltato la testimonianza di Matteo, giovane missionario che sarà ordinato sabato prossimo. Erano in silenzio e pieni di attenzione, come non sempre succede. Perché? Forse perché le parole che diceva trovavano la forza della Parola di Gesù e della testimonianza resa con la vita. Perché le nostre parole non cambiano le cose? Perché spesso sono chiacchiere. Vieni seccata a prendere tuo figlio a catechismo: entri boriosa in classe, non saluti nessuno e lo strattoni via perché i preti non capiscono quanto sia prezioso il tuo tempo. E quando la catechista la volta dopo chiede ragione al bambino di tanta urgenza, candido afferma che la mamma doveva andare a bere il caffe con le amiche. Quale parola segui, quale parola vince?

3.    Infine la vittoria sul male non avviene senza lotta e fatica: Lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte se ne andò da lui. Gesù vince con la nostra partecipazione, a volte anche con i nostri patimenti. Se ne sono resi conto i ragazzi del gruppo Emmaus che venerdì sono andati a Treviso ad ascoltare le due donne legate da un’amicizia che sembra impossibile: perché il figlio dell’una ha ucciso il carabiniere marito dell’altra. Invece di odiarsi e distruggersi hanno fatto della loro vita un percorso di pace e di riconciliazione che ora diffondono tra i ragazzi. Ma come si può arrivare a tanto senza passare attraverso la lotta? Contro la voglia di vendicarti o di rinchiuderti? Allora al male bisogna opporre resistenza, qualche volta bisogna anche accettarne lo strazio, sapendo che non è l’esecuzione di una condanna ma il travaglio di un parto. Prova a vedere se dai tuoi mali, dalle tue ferite, dalla tua solitudine può nascere vita. Anche questa forse sarà una giornata della memoria, baluardo contro il male, forza di un mondo umano, ancora possibile.

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