Quarta domenica del tempo ordinario
La
Giornata della Memoria è stata accompagnata quest’anno dalla testimonianza di
Liliana Segre, sopravvissuta di Aushwitz e recentemente nominata senatore a
vita dal Capo dello Stato. La sua vicenda ha la forza di zittire chiunque
ascolti, di far pensare, di prendere ogni distanza possibile rispetto ad un
male che talvolta ha un’onda lunga, nella testa di chi nega gli accadimenti o
di chi ne riduce l’atrocità. Ebbene, questa donna che oggi ha 86 anni, ricorda
il momento della selezione che periodicamente i prigionieri vivevano davanti ai
medici del lager. Lei aveva quindici anni e miracolosamente riesce a superare
la verifica. È viva. Ma dietro di lei c’è una coetanea con cui lavorava fianco
a fianco: qualche parola, il sorriso, un saluto. Una ragazza cui una pressa
aveva tagliato le falangi. E Janine, così si chiamava, viene mandata a
morte. Eppure
non le dissi niente. Non mi voltai quando la portarono via. Non le dissi addio.
Avevo paura di uscire dall’invisibilità nella quale mi nascondevo, feci finta
di niente e ricominciai a mettere una gamba dietro l’altra e camminare, pur di
vivere. Un rimorso che mi porto dietro per non averle fatto capire con un addio
che la sua vita era importante per me. Il male è questo. È ciò che ti
disumanizza anche quando del male sei una vittima. Gesù è venuto a liberarci da
queste catene invisibili, da questa oscurità in cui si muove il principe delle
tenebre. È quello che capita nella sinagoga di Cafarnao. Come avviene la
liberazione?
1. Anzitutto
Gesù lascia risuonare le domande e le obiezioni del male. Vuole che impariamo a
individuarne il linguaggio, le espressioni dietro cui si nasconde. Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? È il
tentativo di creare distanza: Gesù e noi, Gesù che vuole qualcosa da noi, un
Dio esigente, pretenzioso. Queste parrocchie che pretendono di avere ragazzi,
genitori e padrini per preparare la cresima… Abbiamo molti impegni, che vuoi da
noi? Sei venuto a rovinarci? Un Dio
che ci perde, che è causa della infelicità. Clonazione di due scimmiette,
possono essere molto utili per la medicina: se una si rompe c’è l’altra di
ricambio. Dai, può essere utile per il progresso: non essere nemico della
scienza… Io so chi tu sei: il santo di
Dio. In queste parole apparentemente devote c’è la più potente delle sfide:
io so già tutto di te, non hai più niente da dirmi. Dio dici sempre le solite
cose: che noioso che sei! Dobbiamo affinare l’udito, riconoscere che in alcune nostre
posizioni dove riteniamo di essere liberi, liberi non siamo: perché succubi
dell’ideologia, dei nostri egoismi, della nostra incapacità di metterci in
discussione. Taci, esci da costui.
Bisogna far tacere queste voci, spegnere l’amplificatore con cui grida la sua
boriosa presunzione.
2. Ma
non basta spegnere le voci del maligno: bisogna accendere la Parola di Gesù. La
gente infatti si stupisce perché la sua
parola è differente da quella degli scribi. È una parola detta con autorità, che fa quello che dice. Che parole ascolti? Guarda
che le parole del mondo spesso sono parole false, vuote, irrealizzabili. Come
alcune che accompagnano questa campagna elettorale. Le parole che guariscono
dal male sono quelle della coerenza. Mi ha colpito molto in questi giorni il
modo con cui i ragazzi delle superiori hanno ascoltato la testimonianza di
Matteo, giovane missionario che sarà ordinato sabato prossimo. Erano in
silenzio e pieni di attenzione, come non sempre succede. Perché? Forse perché
le parole che diceva trovavano la forza della Parola di Gesù e della
testimonianza resa con la vita. Perché le nostre parole non cambiano le cose?
Perché spesso sono chiacchiere. Vieni seccata a prendere tuo figlio a
catechismo: entri boriosa in classe, non saluti nessuno e lo strattoni via
perché i preti non capiscono quanto sia prezioso il tuo tempo. E quando la
catechista la volta dopo chiede ragione al bambino di tanta urgenza, candido
afferma che la mamma doveva andare a bere il caffe con le amiche. Quale parola
segui, quale parola vince?
3. Infine
la vittoria sul male non avviene senza lotta e fatica: Lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte se ne andò da lui. Gesù
vince con la nostra partecipazione, a volte anche con i nostri patimenti. Se ne
sono resi conto i ragazzi del gruppo Emmaus che venerdì sono andati a Treviso
ad ascoltare le due donne legate da un’amicizia che sembra impossibile: perché
il figlio dell’una ha ucciso il carabiniere marito dell’altra. Invece di
odiarsi e distruggersi hanno fatto della loro vita un percorso di pace e di
riconciliazione che ora diffondono tra i ragazzi. Ma come si può arrivare a
tanto senza passare attraverso la lotta? Contro la voglia di vendicarti o di
rinchiuderti? Allora al male bisogna opporre resistenza, qualche volta bisogna
anche accettarne lo strazio, sapendo che non è l’esecuzione di una condanna ma
il travaglio di un parto. Prova a vedere se dai tuoi mali, dalle tue ferite,
dalla tua solitudine può nascere vita. Anche questa forse sarà una giornata
della memoria, baluardo contro il male, forza di un mondo umano, ancora
possibile.
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