Seconda domenica del T. O.
Abbiamo
sentito in questi giorni la vicenda di quell’insegnante di Avola picchiato dai
genitori di un alunno rimproverato in classe. Scene che si ripetono ormai con
una certa frequenza con ragazzi che rispondono con il vaffa ai richiami dei
docenti e genitori che in maniera spregiudicata e talora offensiva prendono le
difese dei ragazzi. Mi pare che stiamo ignorando gravemente la questione
educativa interrompendo quel rapporto di alleanza che lega tra loro i soggetti
che intervengono nel mondo dei ragazzi e, ancor più grave, compromettendo l’attenta e coerente
comunicazione delle direttrici fonda-mentali del vivere, tra cui il rispetto e
la responsabilità. Nel vangelo di oggi vi sono alcuni aspetti da rimettere in
gioco, elementi che in nome di una malintesa libertà e di una frettolosa
distanza da Dio ci siamo dimenticati, non senza gravi conseguenze.
1. Innanzitutto
vi è Giovanni Battista che indica Gesù. Ecco
l’agnello di Dio. E due dei suoi discepoli lasciano il vecchio maestro e si
mettono sulle tracce del nuovo rabbi. Ecco il primo insegnamento: ogni maestro
da solo non basta, ogni azione educativa ha bisogno di indicare un riferimento
superiore. Un po’ come Eli che insegna al giovane Samuele a dire: «Parla, Signore, che il tuo servo ti
ascolta». Il ragazzo che insulta l’insegnante, i genitori che lo picchiano
hanno come unico riferimento se stessi. Ma da solo non ti basti: finisci
prigioniero delle tue strette visioni, di idee che divengono ideologie,
talvolta dei tuoi rancori o delle paure. Cosa rimane del Natale se in un gruppo
di catechismo di quarta elementare, su dodici ragazzi, solo tre sono stati a
messa? È una questione di coerenza educativa ma anche di messaggi sulla vita e
sui suoi orizzonti: un bambino cresce e comprende che c’è qualcuno di più
grande, qualcuno di cui anche il papà e la mamma hanno bisogno, qualcuno che ti
dice che alcune cose sono importanti e altre non vanno bene.
2. Un
secondo aspetto importante sono le domande. Domande che pone Gesù: Che cosa cercate? Domande che pongono i
discepoli: Maestro dove abiti? Penso
che le domande oggi siano piuttosto scomode e noi abbiamo smesso di farcele per
non trovarci di fronte a quello che intuiamo ma, per paura o pigrizia, non
vogliamo riconoscere. Eppure è proprio nelle domande che Dio spesso ci dà
appuntamento. Pensate all’ora di religione: facoltativa. Certo, può essere un
diritto non avvalersene, ma in tal modo abbiamo tolto Dio di mezzo e cessato di
farci domande sull’oltre o su una dimensione che ha segnato l’esistenza umana
di molti. Offriamo patatine da Mc Donald e abbiamo rinunciato a quello che d.
Ciotti chiama il morso del più. I
cristiani interrogano e si lasciano interrogare. La Caritas in questi ultimi
tempi ha lavorato parecchio per assicurare assistenza a una persona in grave
difficoltà, confrontandosi anche con i necessari passaggi burocratici che il
caso richiedeva. E quella domanda evangelica ritornava molto forte: che cosa cercate? La legge o la persona?
Servizi sociali o carità cristiana? I protocolli o l’uomo? E così, sperando che
la gente nel frattempo non muoia, aspetti quando la burocrazia dorme, per
chiamare l’ambulanza e assicurare un ricovero che altrimenti appare impossibile.
Che cosa cercate? Le domande, ci
diceva Biagi in avvento, impediscono alla coscienza di addormentarsi, ci
tengono desti in un mondo che qualche volta ci canta la ninna nanna dei
sentimenti e delle responsabilità.
3. E
infine: Venite e vedete. Una vita che
sia vita ha bisogno di luoghi in cui dimorare e osservare condizioni di
possibilità. Gesù percorre questa strada: non fa troppi discorsi ai discepoli
ma offre loro l’occasione di vedere una vita differente, la sua È la logica
della testimonianza, del dare a vedere, dell’essere credibili perché prima si è
credenti. Pensate a fratel Biagio che sta dormento sotto i cartoni, davanti
alle poste di Palermo, per riuscire a strappare alla città un posto per
ospitare i senza tetto. C’è molta gente che lo sta raggiungendo in queste ore,
attratta non dai discorsi ma dalla vicinanza che quest’uomo è stato in grado di
stabilire con i poveri. Venite e vedrete.
La sfida educativa non la si vince con le informazioni e neanche con le
raccomandazioni: la si vince col coraggio della testimonianza e con la coerenza
tra ciò che si dice e ciò che si è.
Maestro dove abiti? Aiutaci,
Signore, a smascherare chi ci vende illusioni e a dimorare nella vita vera. Aiutaci
a essere un segno per le giovani generazioni, a non disertare l’umano e ad
esserne segno.
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