Seconda
domenica di Pasqua
È uscito un film interessante in questi
giorni. Non di quelli che appartengono alla grande distribuzione, ma di quelli
che per il loro messaggio fanno interrogare la gente. Come saltano i pesci. Storie di famiglia, verità taciute, progetti
pieni di speranza che vanno e vengono. E
le questioni della fede. Di fronte a un magnifico tramonto tra i colli
marchigiani, il protagonista, Matteo, non ha paura di parlare con Dio e dice ad
una stupita compagna di viaggio: «O ci
credi o non ci credi, chiamalo come ti pare ma quello è. Adesso invece
prendiamo la fede, la tagliamo e ce la ricuciamo come ci pare a noi...». Sono
parole su cui ritorna il regista del film, Alessandro Valori, aggiungendo: «La
fede fa parte della vita – aggiunge il regista –, tutti noi, credenti e non ci
interroghiamo sul nostro destino. C’è un mondo fatto di credenti che il cinema
non racconta mai. La religiosità è un valore enorme, negarlo sarebbe
miope».
Ecco, oggi Tommaso ci invita a riprendere le
questioni della fede, a rimetterle in gioco e a lasciarti interrogare. Puoi
rassegnarti e nuotare oppure puoi saltare, anche se sei un pesce. Che cosa ci
suggerisce questo apostolo?
1.
Anzitutto
lui è Didimo, il gemello. Gemello di
chi? Gemello nostro, delle nostre inquietudini, della nostra ricerca, del
desiderio di capire, di fare chiarezza. Non dimenticarti mai di questo
gemellaggio perché altrimenti la vita non sta in piedi. Oggi viviamo in una
cornice laicista e secolarizzata che vorrebbe cancellare le questioni della fede.
E sottrae ad esse il terreno del confronto, dell’ospitalità relegandole tra le
realtà marginali e addirittura combattendole. Perché quando si colpisce un
giornale che fa dell’anticattolicesimo la sua bandiera, tutti a modificare i
propri profili sui social scrivendo Je
suis Charlie. Ma indifferenti fino al paradosso quando quattro suore di
Madre Teresa vengono trucidate per la loro fede. Devi leggere Avvenire per conoscere questa vicenda.
Essere credenti non va più di moda. E non ci rendiamo conto che quando
allontani la fede dalla vita, oltre a perdere Dio, perdi anche te stesso.
Pensate alle morti di questo periodo. Perché
si chiede qualcuno. Forse il perché
va cercato nella possibilità che Dio ci sta dando di ritrovare la sua presenza
oltre il vuoto che ci irreparabilmente in questi casi ci assale.
2.
Tommaso
rivela anche una latitanza pericolosa: non
era con loro quando venne Gesù. È il giorno della risurrezione e Tommaso
non è con gli altri. E questa assenza lo porta a formulare le sue richieste
pretenziose: Se non vedo, se non tocco,
se non metto mano. Quando capirà Tommaso? Quando accetterà di essere in
mezzo agli altri discepoli otto giorni
dopo. Riferimenti troppo precisi per non scorgervi il contesto domenicale.
Questo è il giorno in cui il Signore si manifesta. Noi a volte pretendiamo che
Dio ci offra prove tangibili di esistenza, di vicinanza, di provvidenza. E che
facciamo? Stiamo ben lontani da lui e da quella comunità nella quale egli
custodisce la sua presenza risorta! È come se volessimo conoscere il mare
standocene a riva! Ma quel che mi pare più problematico è che talvolta ci
immergiamo senza volerci bagnare. Rimaniamo estranei alla bellezza della quale
il Signore ci avvolge. Il problema dei ragazzi che non vengono a messa non è
solo quello di un mondo che offre altre proposte, ma anche di adulti che vivono
una messa stanca e che le uniche cose che raccontano non sono: “Abbiamo visto il Signore”, ma quanto
lunga la tira il prete.
3.
Infine
Tommaso si pone di fronte alle ferite aperte del Signore. Non sappiamo se le
l’apostolo abbia messo la sua mano nel costato. Il vangelo non lo dice.
Sappiamo però che ad un certo punto egli mette da parte le sue pretese ed
esclama: Mio Signore e mio Dio! Parole
piene di fede che nascono da segni che a quel punto dovevano essere
luminosissimi. Ecco, si diventa credenti quando le ferite si aprono alla luce,
quando nelle piaghe sai riconoscere il Signore che rinnova la vita. Quali
ferite? L’incontro tra i discepoli e il Signore risorto parla di perdono e di
pace. Forse le ferite nelle quali riconoscere il Signore sono quelle che altri
ci hanno procurato e che paradossalmente esibiamo come un trofeo, legittimando
le nostre chiusure, il nostro astio, la voglia di farla loro pagare. Ma qui non
incontriamo il risorto. Incontriamo solo il nostro orgoglio e la nostra
rivalsa. Pace a voi! Lascia che sulle
ferite che gli altri ti hanno inferto agisca lo Spirito del Signore. E forse
vedrai che lo vedrai un po’ più presente. Perché il nostro Dio non è un teorema
da imparate ma una sorpresa da accogliere. Anche dove ti sembra impossibile.
Gesù in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri
segni che non sono stati scritti in questo libro. Il Signore non cessa
di donarci i suoi segni. Smetti di sottoporre Dio al tuo microscopio e lascia
che ti sorprenda come Tommaso. Dove ti sta aspettando. E non essere più incredulo, ma credente.
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