sabato 9 aprile 2016

Omelia 4 aprile 2016


Seconda domenica di Pasqua



È uscito un film interessante in questi giorni. Non di quelli che appartengono alla grande distribuzione, ma di quelli che per il loro messaggio fanno interrogare la gente. Come saltano i pesci. Storie di famiglia, verità taciute, progetti pieni di speranza che vanno e vengono.  E le questioni della fede. Di fronte a un magnifico tramonto tra i colli marchigiani, il protagonista, Matteo, non ha paura di parlare con Dio e dice ad una stupita compagna di viaggio:  «O ci credi o non ci credi, chiamalo come ti pare ma quello è. Adesso invece prendiamo la fede, la tagliamo e ce la ricuciamo come ci pare a noi...». Sono parole su cui ritorna il regista del film, Alessandro Valori, aggiungendo: «La fede fa parte della vita – aggiunge il regista –, tutti noi, credenti e non ci interroghiamo sul nostro destino. C’è un mondo fatto di credenti che il cinema non racconta mai. La religiosità è un valore enorme, negarlo sarebbe miope». 

Ecco, oggi Tommaso ci invita a riprendere le questioni della fede, a rimetterle in gioco e a lasciarti interrogare. Puoi rassegnarti e nuotare oppure puoi saltare, anche se sei un pesce. Che cosa ci suggerisce questo apostolo?



1.    Anzitutto lui è Didimo, il gemello. Gemello di chi? Gemello nostro, delle nostre inquietudini, della nostra ricerca, del desiderio di capire, di fare chiarezza. Non dimenticarti mai di questo gemellaggio perché altrimenti la vita non sta in piedi. Oggi viviamo in una cornice laicista e secolarizzata che vorrebbe cancellare le questioni della fede. E sottrae ad esse il terreno del confronto, dell’ospitalità relegandole tra le realtà marginali e addirittura combattendole. Perché quando si colpisce un giornale che fa dell’anticattolicesimo la sua bandiera, tutti a modificare i propri profili sui social scrivendo Je suis Charlie. Ma indifferenti fino al paradosso quando quattro suore di Madre Teresa vengono trucidate per la loro fede. Devi leggere Avvenire per conoscere questa vicenda. Essere credenti non va più di moda. E non ci rendiamo conto che quando allontani la fede dalla vita, oltre a perdere Dio, perdi anche te stesso. Pensate alle morti di questo periodo. Perché si chiede qualcuno. Forse il perché va cercato nella possibilità che Dio ci sta dando di ritrovare la sua presenza oltre il vuoto che ci irreparabilmente in questi casi ci assale.



2.    Tommaso rivela anche una latitanza pericolosa: non era con loro quando venne Gesù. È il giorno della risurrezione e Tommaso non è con gli altri. E questa assenza lo porta a formulare le sue richieste pretenziose: Se non vedo, se non tocco, se non metto mano. Quando capirà Tommaso? Quando accetterà di essere in mezzo agli altri discepoli otto giorni dopo. Riferimenti troppo precisi per non scorgervi il contesto domenicale. Questo è il giorno in cui il Signore si manifesta. Noi a volte pretendiamo che Dio ci offra prove tangibili di esistenza, di vicinanza, di provvidenza. E che facciamo? Stiamo ben lontani da lui e da quella comunità nella quale egli custodisce la sua presenza risorta! È come se volessimo conoscere il mare standocene a riva! Ma quel che mi pare più problematico è che talvolta ci immergiamo senza volerci bagnare. Rimaniamo estranei alla bellezza della quale il Signore ci avvolge. Il problema dei ragazzi che non vengono a messa non è solo quello di un mondo che offre altre proposte, ma anche di adulti che vivono una messa stanca e che le uniche cose che raccontano non sono: “Abbiamo visto il Signore”, ma quanto lunga la tira il prete.



3.    Infine Tommaso si pone di fronte alle ferite aperte del Signore. Non sappiamo se le l’apostolo abbia messo la sua mano nel costato. Il vangelo non lo dice. Sappiamo però che ad un certo punto egli mette da parte le sue pretese ed esclama: Mio Signore e mio Dio! Parole piene di fede che nascono da segni che a quel punto dovevano essere luminosissimi. Ecco, si diventa credenti quando le ferite si aprono alla luce, quando nelle piaghe sai riconoscere il Signore che rinnova la vita. Quali ferite? L’incontro tra i discepoli e il Signore risorto parla di perdono e di pace. Forse le ferite nelle quali riconoscere il Signore sono quelle che altri ci hanno procurato e che paradossalmente esibiamo come un trofeo, legittimando le nostre chiusure, il nostro astio, la voglia di farla loro pagare. Ma qui non incontriamo il risorto. Incontriamo solo il nostro orgoglio e la nostra rivalsa. Pace a voi! Lascia che sulle ferite che gli altri ti hanno inferto agisca lo Spirito del Signore. E forse vedrai che lo vedrai un po’ più presente. Perché il nostro Dio non è un teorema da imparate ma una sorpresa da accogliere. Anche dove ti sembra impossibile.

Gesù in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Il Signore non cessa di donarci i suoi segni. Smetti di sottoporre Dio al tuo microscopio e lascia che ti sorprenda come Tommaso. Dove ti sta aspettando. E non essere più incredulo, ma credente.

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