sabato 9 aprile 2016

Funerale Antonio Bortolotto


Funerale Antonio Bortolotto (24 marzo 2016)

Rm 8,31-35.37-39 Lc 23,35-46

A volte ti chiedi se il Signore si non si sia distratto. Perché pazienza che prima o poi si muoia, pazienza che qualche volta quel prima arrivi quando proprio non te lo aspetti, ma quando la vita si accanisce e scuote una famiglia già tanto provata i conti proprio non tornano. Antonio e Bruna nove anni fa avevano perso la loro figlia Giada. Una vicenda che li ha segnati profondamente e che ha colpito anche la nostra comunità perché Giada era un piccolo raggio di sole che splendeva di altruismo e bontà. E ora che il Signore è tornato a prendersi Antonio, nel cuore della notte, in una modalità improvvisa e velocissima ci troviamo prigionieri dello sconcerto e dello smarrimento. Ma che fai, Signore? Cosa vuoi dirci con questi eventi nei quali ci pare di naufragare?

Domande che rimangono inevase in questa settimana dove anche nelle parole di Gesù risuona il grande interrogativo della distanza divina: Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? Ecco, noi oggi non abbiamo molte risposte. Abbiamo però qualcuno che interroga il Padre con noi e ci insegna a bussare al cuore di Dio.  
Antonio se n’è andato la notte della domenica delle Palme quando, inoltrandosi nella Santa Settimana, la chiesa si mette in ascolto della Passione del Signore. E sentiamo che quella pagina non è solo sua: appartiene ad Antonio, appartiene a Bruna e appartiene a tutti noi. E allora vorrei ritrovare in quella vicenda alcuni snodi che ci aiutino ad accostare da credenti quello che stiamo vivendo.
1.    Il racconto inizia con queste parole: Quando venne l’ora. Gesù è consapevole che sta arrivando un momento decisivo per la sua vita. E ad esso si prepara. Quali ore segnano la nostra vita? A volte sono ore molto terrene, fatte di impegni, appuntamenti incalzanti, frenesia. Oppure ore di evasione, di stordimento nelle quali ci tentiamo di allontanarci da ritmi produttivi che vogliono catturarci, senza renderci conto che è un divertimento che ci svuota. Anche Antonio guardava l’ora. Anzitutto quella della sua attività professionale, svolta con passione, intraprendenza, onestà. Le ore di lavoro del cristiano non corrispondono sempre alle ore del mondo. Ma questo tempo dato alla professione non impediva ad Antonio di riconoscere anche l’ora della famiglia e dell’aiuto da dare agli altri. Riempiva di attenzioni sua moglie e non dimenticava di dare una mano a chi poteva aver bisogno di lui. Quante cose facciamo ogni giorno: cosa passa e cosa resta? Quando sopraggiunge l’ora con che cosa vai incontro al Signore? Siamo di passaggio, sembra dirci oggi Antonio. Impara a guardare il cielo e non lasciarti catturare da un tempo vuoto di eternità. 
2.    Mentre sopraggiunge l’ora, Gesù si reca nell’orto degli ulivi. Gli ulivi qui in chiesa ci aiutano a ricordare questo momento nel quale Gesù si inginocchia e prega. Una preghiera che diventa lotta. Entrato nella lotta pregava più intensamente. Per capire Dio bisogna sintonizzarsi con lui, aprire il cuore, ascoltare la sua voce. E questo richiede pazienza, forza, combattimento. La preghiera è il terreno di questo esercizio che ci porta pazientemente a far spazio ai disegni di Dio, a scrutarne gli intendimenti, a zittire le nostre ragionevoli considerazioni per far posto ad orizzonti più ampi. I discepoli sopraffatti dal sonno non pregano. E a quel punto non capiscono più niente: fuggono, tradiscono, rinnegano. La crisi di fede che anche noi a volte patiamo, è spesso anticipata dalla crisi della preghiera. Non preghiamo e non capiamo più niente, né di noi, né di Dio. E la vita interiore si addormenta: rimangono luoghi comuni, banalità, scongiuri. Antonio viveva una preghiera credente. Con molta discrezione poiché su queste faccende era un tipo piuttosto riservato, ma anche con il desiderio di guardare oltre. E in quell’oltre c’era sua figlia: nella preghiera Antonio sentiva la sua vicinanza, sentiva di non essere solo. Sentiva che Dio non abbandona e che non può andar perduto ciò che nell’amore si vive. Che ne hai fatto della preghiera? Non dimenticartela mai perché essa ti salva dalla solitudine e dal vuoto, ma anche dalle tentazioni di onnipotenza e di metterti al posto di Dio. 
3.    C’è un altro momento della passione che oggi può dirci qualcosa. Il dialogo tra Gesù e quel malfattore appeso con lui. Mentre uno dei due condannati inveisce contro Gesù e lo insulta, l’altro chiede: Signore, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. E Gesù lo prende sul serio: In verità ti dico: oggi con me sarai in paradiso. Antonio non era un malfattore, anzi era un uomo di grade bontà e rettitudine. Eppure, da quando Giada se ne era andata, il pensiero di andare da lei era diventato costante. E lo confidava a più di qualcuno. Guarda che a me la morte non spaventa, Vado dalla mia Giada... Come se dicesse: Signore, portami con te, voglio riabbracciare mia figlia. Non sappiamo che cosa abbia determinato la morte di Antonio. Sappiamo però che quel suo cuore ad un certo punto non ce l’ha fatta più e forse, proprio vedendo quel cuore spaccato dall’amore e dal dolore il Signore è venuto a prenderselo, dicendo le stesse parole rivolte al malfattore: Oggi con me sarai in paradiso. Il Signore non ci perde, non perde niente di quello che nell’amore abbiamo costruito. E se Antonio se n’è andato, forse non è una tragica fatalità, non è perché Dio era distratto, ma perché aveva ascoltato ormai troppe preghiere. E siccome  anche Dio è un Padre che ha perso un Figlio, tra padri ci si capisce e si arriva a darsi una mano anche su strade impensabili. Chi ci separerà dall’amore di Dio in Cristo Gesù? Forse il dolore, il pericolo, la spada. Né morte né vita ci allontaneranno da colui che è morto per noi.
Affidiamo Antonio all’abbraccio di Dio e a quello di sua figlia. Per Bruna e per tutti noi chiediamo occhi di fede e di speranza.





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