sabato 9 aprile 2016

Omelia 10 aprile 2016


Terza domenica di Pasqua



Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai suoi discepoli. Non è stato per niente facile per i discepoli credere nella risurrezione. La tentazione era quella di tornare al mestiere di prima: «Io vado a pescare». «Veniamo anche noi con te». In queste parole c’è tutto il disorientamento di chi si sente tradito. Una grande illusione divenuta delusione. E a questo stato d’animo si aggiunge il fallimento professionale: In quella notte non presero nulla.

Qual è la strada che indica Gesù per recuperare fiducia e tornare a credere in lui?



1.    Anzitutto Gesù attiva una memoria buona. Gettate la rete dalla parte destra e troverete. Una cosa del genere era già capitata all’inizio della storia con Gesù: quando lui aveva chiamato i discepoli e aveva riempito le loro reti. Ora quell’episodio riaffiora nei ricordi e i discepoli capiscono che quanto hanno vissuto non è andato perduto. Ecco un primo invito per rintracciare il risorto. Ripensa alla storia con lui, ai momenti preziosi vissuti insieme, a quando ha riempito le tue reti. A volte noi interrompiamo la scansione del tempo in un presente vuoto di memoria che cambia i significati dell’esistenza. Le fatiche con la moglie o il marito impediscono di vedere la bellezza dell’innamoramento o dei primi anni di matrimonio, la passione che mettevamo agli inizi di un’attività professionale si dissolve nella routine degli anni successivi dove è solo il soldo a guidarci e non più la creatività, anche un’attività di volontariato può diventare il club delle beghe, dei sospetti, delle recriminazioni: e non ti rendi conto che Gesù è ancora lì che ti dice: Getta la rete e vedrai nuovamente le mie sorprese.



2.    Ma per riconoscere il Risorto c’è bisogno anche che qualcuno ti dica: È il Signore! È quello che fa il discepolo amato e che permette a Pietro di gettarsi in acqua. La fede non ce la inventiamo: è un dono che ci viene fatto da qualcuno che ci indica Gesù risorto. E questo ci insegna a farci attenti a chi ci dice queste parole e ad essere anche noi capaci di dirle. Perché quando perdiamo il Signore non vediamo più niente e mettiamo in discussione anche quello che vedevamo un tempo. E allora abbiamo bisogno di qualcuno che ci stia accanto e ci ripeta quelle parole che illuminano. Ecco perché la fede non può essere un cammino in solitudine. A volte c’è questa pretesa: di non aver bisogno degli altri nelle questioni che riguardano Dio e che anche gli altri se la debbano sbrogliare da soli. E a volte facciamo danni; perché quando un bambino scrive tra i desideri della prima comunione: Caro Gesù, se non chiedo troppo, vorrei che tutti potessero venire, capisci che gli impedimenti non sono le distanze chilometriche, ma quelle credenti di adulti che aprono cammini di responsabilità nei ragazzi con la pretesa di starsene fuori. Di questo, prima ancora del Signore s’indignerebbe Tata Lucia. Se non hai le risorse per dire a tuo figlio: È il Signore! prova a vedere se non te lo possa dire lui. Forse è proprio qui che il Signore ti aspetta.



3.    Infine per ritrovare il Signore occorre sedersi a tavola: Venite a mangiare. I gesti che Gesù compie prima di quella colazione sulla spiaggia richiamano quelli dell’eucaristia. Notate che con quel gruppo di discepoli i conti sono ancora in sospeso. Tradimenti, rinnegamenti, fughe. Eppure il Signore inizia a ricostruire il rapporto. E lo fa proprio preparando un fuoco, accogliendo a tavola, spezzando il pane. Ci sarà subito dopo il tempo per le domande, ma intanto si inizia a ricostituire relazione. È lo stesso stile che sembra indicare Papa Francesco nella Amoris laetitia: Sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione (AL 296). E continua: Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia ‘immeritata, incondizionata e gratuita (AL 297). Ecco lo stile che la chiesa di questo nostro tempo sta ritrovando per riproporre l’incontro con Dio: non quello delle verità asetticamente proclamate ma quello dell’accoglienza, persuasi che in essa si nasconda la verità. Non startene lontano dalla tavola di Gesù. Accogli quel Pane che ti dona. E forse mangiando di quel cibo potrai dire anche tu, con tuo stessa meraviglia. È il Signore.




Nessun commento:

Posta un commento