sabato 4 aprile 2015

Omelia venerdì santo 2015


VENERDI’ SANTO 2015

Nel racconto della passione che abbiamo appena ascoltato ci sono ben ventuno domande. Punti interrogativi che ci fanno capire che la vicenda della morte di Gesù non è una storiella devota, neppure un rapido passaggio o un incidente di percorso verso il mattino della pasqua. Ventuno domande sono il crocevia delle inquietudini presenti nel nostro cuore, interrogativi che martellano nelle nostre vicende oscure, nei drammi dell’umanità, nelle conclusioni troppo veloci che appartengono alla fede.

Ci sono domande che pone Gesù e domande che pongono gli uomini. Alcune ci interpellano e ci provocano.

1.     La prima domanda la pone Gesù, per ben due volte: Chi cercate? È la grande domanda dell’uomo; la ricerca che troviamo già nel primo capitolo di Giovanni, con la chiamata dei discepoli. Ma se all’inizio del vangelo Gesù aveva chiesto “Che cosa cercate”, ora chiede “chi”. Dalle cose alle persone. Noi siamo assetati di relazione e di relazione autentica. Gesù ti invita ad entrare in rapporto con lui, a non farne solo una tradizione, ma un’amicizia, un legame. Chi è Gesù? Quale volto hai incontrato? E la pagina della passione costituisce una sfida, perché bisogna passare dai quadretti oleografici di Gesù al suo volto sofferente. Lì trovi il suo mistero, un Dio che si identifica con i derelitti dell’umanità, che si nasconde anche in fondo alle tue miserie, per mostrare misericordia.

2.     La seconda domanda è quella rivolta a Pietro dalla serva impertinente: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». È la domanda che chiede ragione della nostra fede. Che cosa rispondi quando qualcuno ti rivolge oggi la stessa domanda? I nostri silenzi per non creare imbarazzo, i nostri equilibrismi per non apparire fuori moda, qualche volta anche la bestemmia piantata nel nostro territorio come una radice velenosa dicono tutta la nostra complicità con il rinnegamento di Pietro. Posizioni che ancor più ci addolorano se pensiamo che a questa domanda qualcuno, proprio in questi giorni, in Kenya, sta pagando un prezzo altissimo. Non sei anche tu dei suoi discepoli? Il crocifisso che scopriremo tra poco e che stasera porteremo in processione è testimonianza di una fede antica, di nonni e di padri che in quell’uomo della croce hanno creduto, sperato, amato, tanto da custodirne l’immagine nel sacello dell’apostolo Pietro. Proprio a casa di colui che prima ha rinnegato il Signore e poi si è lasciato rinnovare dal suo perdono. Con un’altra domanda: Simone di Giovanni, mi ami tu?

3.     E l’ultima domanda è quella di Pilato: «Che cos’è la verità?». Ecco, tante volte ce lo chiediamo anche noi. In tante circostanze del complesso vivere odierno. Una domanda che ci facciamo anche nelle conflittuali vicende dei rapporti, concludendo talora che la verità è nostra e che accanitamente la dobbiamo difendere. E i nostri legami si lacerano. Che cos’è Signore Gesù la verità? Quale verità ci mostri dalla tua croce? È la verità dell’amore. Che abbraccia, che perdona, che crede nella recuperabilità degli uomini. Non rimanere prigioniero della tua verità, perché potrebbe essere la grande menzogna. Ricercala in quell’abbraccio spalancato, quello che anche tu sei invitato a riaprire, con tuo figlio, con tua madre e tuo padre, con tuo marito o tua moglie, con i parenti e i vicini di casa. Solo in quel momento tu scopri cos’è la verità.

Aiutaci, Signore, ad ascoltare queste domande, spacca con esse il nostro cuore indurito e all’ombra della tua croce insegnaci a trovare risposta. 

2 commenti:

  1. SoS. Fatico molto da sola. Non so vivere in carenza di fratelli (eppure non siamo così vicini?) e mancanza di guide sagge. Mi stringo a Gesù. Ma accettare, accogliere, guardare a Croce, non significa muoversi passivamente in un oblio, in una dispersione tutta umana, quasi esilio nell'esilio in cui siamo tutti incamminati. Troppa distanza. Non ha importanza per gli altri cosa rimango, cosa sono o non sono proprio: faccio mio per una volta il motto fascistissimo "me ne frego!". Resto vicina, anzi adiacente, combaciante, abbandonata nel Suo amore che c'è e non manca. Inoltre spero, caro don Gerardo, non manco sperare nell'uomo e nella donna del mio tempo. Possano davvero risvegli a bdal torpore. Soccorr, gioire insieme, rialzarsi, correre verso Lui. Avrei desiderato tanto seguirlo in una forma di vita più delineata. O anche solo avere spazi condivisi con persone di fede, altre donne in cammino minimo e appassionato. Avere fratelli. Il Signore mi vuole bene, ha più che fiducia e stima. Lui sa che non sono solo una persona da rinchiudere e recuperare, da tenere a distanza, da teso. Il Signore mi ama, ama lei, ci ama dall'eternità. A Lui non piacciono le freddezze sa, le indifferenze, sotto cui stiamo seppellendo intere esistenze e tenere vocazioni.

    Le voglio molto bene. Stia bene, stia forte, ho bisogno di tante preghiere, viste cose terribili e questo deserto, pericoloso deserto.

    E' amato. Fraternamente,

    Veronica

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  2. Perdoni, se può, queste parole di amarezza. Piuttosto, lei come sta? Da lunghi mesi, anni, non ho sue notizie. Le auguro ogni bene e tanta salute fisica e spirituale e le grazie necessarie per una buona gestione della vita parrocchiale godigese. Penso siano fortunati, per così dire, i suoi fedeli. Devo ancora trovare casa, casa spirituale, dato nomadismo di questi anni e talune gravi incomprensioni. Mi seguono solo tanti ritratti del nostro Signore, mi seguono dappertutto, perché è Lui la mia sola casa e io provo a seguirlo con costanza sempre messa alla prova. Prego per le vocazioni. Ne abbiamo tanto bisogno. Tanti giovani da formare ad accompagnamento accorato e lieto. Tante donne coraggiose e belle, come quelle che avrei desiderato conoscere, avere vicino. Mi scriva se può, se vuole, ho tanto bisogno di consiglio e di essere rinfrancata. Sa che non concordo, anzi mi dissocio completamente dal silenzio famigliare e sacerdotale, perché la carità viene prima, molto prima, soprattutto in situazioni di emergenza. Siamo fatti per amare, per vivere vicini, approfondire conoscenza, senza obblighi, certo, eppure con la peculiare attenzione che lei ben conosce.


    L'abbraccio,

    V che le vuole bene, bene sempre

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