venerdì 3 aprile 2015

Omelia giovedì santo 2015


GIOVEDI’ SANTO 2015

Ci sono dei musicisti che, realizzando un’opera sinfonica, amano aprire la composizione con un pezzo nel quale anticipano i brani che seguiranno. Un’introduzione che serve ad aprire un varco e consentire all’ascoltatore di accedere con le emozioni e l’intelligenza a quanto verrà proposto. Questo brano iniziale si chiama ouverture.

Ebbene, anche la cena pasquale di Gesù è anticipata da una solenne ouverture, raccolta in quelle parole che abbiamo ascoltato: Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Avendo amato, amò. Tutta la vita di Gesù è stata guidata dall’amore e nell’amore Gesù consegna anche gli ultimi istanti. Chi vuol trovare l’opera sinfonica di Gesù dovrà cercarla sulle note dell’amore. E quell’amore si diffonde su tre movimenti: L’amore è nutrimento, l’amore è comunione, l’amore è servizio.  

1.    L’amore è nutrimento.  Il vangelo di Giovanni non si sofferma sui gesti del pane e del vino. Quei gesti erano già ben conosciuti dai cristiani ai quali l’evangelista si rivolge. Egli dunque può limitarsi a dire: durante la cena. Si sa bene che è quella Cena, quella di cui ci ha dato notizia Paolo. Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Gesù ha voluto assicurare il suo amore anzitutto ad un pezzo di pane. Poteva farlo in tanti altri modi, ha preferito il segno del cibo e i gesti di chi nutre. Di che cosa ti nutri? Chi ti nutre? Guarda che non tutto il nutrimento ti sostiene, non tutti ti offrono vita. Nell’eucaristia Gesù ha voluto racchiudere la sua vita, quella vita donata che vince la morte. Se tu mangi questa vita sei trasformato in questa vita!

2.    L’amore è comunione. Il cibo non solo ti nutre ma crea legami, condivisione. È brutto mangiare da soli, perché noi siamo affamati di prossimità. Gesù ha voluto custodire i suoi discepoli in un’esperienza relazionale segnata dall’amore. Perché questo dice la sua e la nostra verità. Gesù infatti con il Padre e lo Spirito vive una comunione profondissima. E noi che siamo creati a immagine e somiglianza di Dio siamo fatti dello stesso DNA. L’eucaristia ce lo ricorda e ci rafforza in tale legame. Il Corpo di Cristo infatti non è solo il pezzo di Pane eucaristico che riceviamo, ma siamo ciascuno di noi, uniti al Signore Gesù. Non te lo dimenticare mai: non fare della comunione una devozione privata. L’eucaristia non è mai un affare privato: ti aiuta a scoprire una partecipazione comunitaria, i legami famigliari, le relazioni con chi ti vive accanto perché la comunione di Dio cerca ogni uomo.

3.    L’amore è servizio. L’evangelista Giovanni ce lo ricorda con il racconto della lavanda dei piedi: l’amore di Gesù è concreto e solidale. Un amore che si fa dono totale, nell’atteggiamento del servo. Secondo l’evangelista quell’asciugatoio che Gesù si cinge ai fianchi, quel grembiule improvvisato, non se lo toglie più. Gesù vuole farti capire che la vita realizzata è una vita donata nella continua dedizione agli altri, fino al sacrificio più grande. È stata bella per  me la testimonianza di una donna della nostra comunità che accudisce la mamma anziana e paralizzata. Gli arti rattrappiti e le piaghe nei piedi. Non è stato facile farsi carico dell’assistenza e soprattutto delle medicazioni. «Non riuscivo ad affrontare quelle emorragie. Mi veniva il voltastomaco», diceva questa donna. «Poi un giorno ho guardato il crocifisso e ho detto: Gesù queste sono le tue piaghe. E da allora lo faccio sempre». Ecco la concretezza del servizio, del grembiule che nel quotidiano siamo invitati a indossare! È questo amore testimoniato che rende la sinfonia cristiana un capolavoro, perché alle note di Gesù, al suo sacrificio, si uniscono anche le nostre note, in un dono che assume tante espressioni, quante sono le possibilità di metterci a disposizione degli altri.

Riviviamo ora il gesto di Gesù e in quel grembiule collochiamo anche la nostra vita.

 

 

 

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