lunedì 26 dicembre 2011

Omelia 25 dicembre 2011

Natale del Signore 2011

I giorni che hanno preceduto il Natale sono stati accompagnati nella nostra parrocchia dalla triste scoperta che qualcuno si era impossessato di Gesù Bambino. Nell’armadio dov’era riposto non c’era più. Solo la culla, il cuscino e il cellophane bombato di cui era avvolto. Chissà, se è il gesto di un devoto che voleva portarselo a casa, di un dissacratore che voleva distruggerlo o di un qualcuno che pensava di ricavarne qualche soldo. Non sarebbe la prima volta che Gesù viene venduto per trenta denari. A malincuore siamo andati ad acquistare una nuova statua di Gesù Bambino che, davanti all’altare, nuovamente rimane con noi. Alla tristezza del gesto si associa però un altro sentimento, molto più difficile da gestire. La sensazione che quello che è avvenuto in un armadio della sacrestia possa corrispondere a quello che capita nell’armadio della vita.
Sì, perché qualche volta funziona così. Gesù viene chiuso in un armadio, una mano invisibile ce lo sottrae e quando avemmo bisogno di lui non lo troviamo più.
E in questo caso non se ne può comprare un altro. Dove ti ho lasciato, Signore? Chi ti ha rubato?
A volte è una mano seducente, che screditando la chiesa e i cristiani variamente indica un’esistenza beata lontana da Dio: “Dio non c’è goditi la vita”. Peccato che la vita non sempre ci riservi il godimento. Altre volte è una mano più subdola che cancella la memoria cristiana della solidarietà e in tempi di crisi ci suggerisce l’idea di badare a se stessi, ai propri interessi, allontanando l’altro percepito come un potenziale pericolo. Rassegnarsi di fronte all’assenza di Dio ci espone al pericolo, al disorientamento, alla povertà. Perché con Dio non se ne va un orpello della vita, un optional. Se ne va la nostra umanità che non possiamo custodire senza di lui.
Dio non si rassegna a questa distanza. Ritorna. Ci ritrova perché lo ritroviamo. E il Natale ne è la rinnovata possibilità. Dove ci dà appuntamento Dio?

1.    Anzitutto nel mistero della piccolezza. Eccolo lì l’artefice dell’universo, per il quale tutte le cose sono state create: avvolto nelle fasce di un neonato e deposto nella mangiatoia. Poteva giungere su un destriero come un possente guerriero macedone, poteva apparire all’areopago di Atene tra i filosofi, poteva stagliarsi sulla scena politica di Roma. E invece lo si incontra inerme come un bambino, custodito tra le braccia di sua madre. Dio non vuole farti paura, non vuole sorprenderti con proclami ad effetto. Si consegna ad un abbraccio come ti vien voglia di fare con ogni cucciolo d’uomo perché tu la smetti di difenderti da lui e riattivi quella pagina di tenerezza con la quale anche Dio vuole parlare di sé. Se qualcuno t’ha sottratto Dio, verifica che non sia l’idea che hai di lui. L’idea che sia il tuo avversario, una sorta di sistema a garanzia dell’apparato, un codice di procedura. Di fronte a questi sospetti Dio rinuncia anche alle parole in sua difesa e ti fa udire unicamente un vagito. Da lì riparte il vangelo.

2.    E poi il mistero di una notte. Lui non ne ha paura e ne abita l’oscurità, perché ogni oscurità ne sia rischiarata. L’oscurità che lo invoca e l’oscurità che lo rifiuta. La notte della malattia, del disagio, della fatica del vivere. Ma anche la notte della malvagità, del cuore indurito, dell’indifferenza. Del peccato che non vorresti aver mai commesso e di quello di cui neppure ti rendi conto. La notte del perdono che non arriva e quella del perdono che non dai. E vieni in una grotta al freddo e al gelo non è suggestione di antiche melodie ma l’ostinata pretesa da parte di Dio di illuminare e riscaldare gli anfratti più spaventevoli della vita. Chi ti ha rubato il Signore? Forse la sensazione che nessuno possa essere compagno dei tuoi giorni? O forse la rassegnazione di chi, abitando solamente la notte, finisce per credere che non esista il giorno? Lui, luce del mondo risplende nell’oscurità. E quell’oscurità non l’ha vinto. Se appena ti lasci illuminare, la realtà può apparirti in maniera diversa dal quel film che continuamente replichi, sia che si tratti del cinepanettone del vuoto, sia si tratti del documentario delle tue paure alle quali non vorresti assistere.

3.    Ed infine Dio ci dà appuntamento nella vita di una famiglia, tra i gesti della quotidianità che Gesù abiterà per ben trent’anni. Il filosofo francese Fabrice Hadjadj, di origine ebraica, convertito al cattolicesimo dopo vent’anni di ateismo, ha pubblicato un interessante saggio: La fede dei demoni. Egli sostiene che Satana, puro spirito, usa strategie raffinate per convertire le persone più avvedute. E li suggestiona con un spiritualismo magico, etereo, elegante che promuove una spiritualità individualistica, egoistica, snob e detesta la "carnalità" cristiana che costringe a sporcarsi le mani e a investire nella direzione della premura per l’altro, del coinvolgimento nelle situazioni, nell’esserci. Ecco il furto di Gesù Bambino potrebbe essere quello dell’incarnazione: vuoto che innalza preghiere e non innalza la vita, che si compiace delle riflessioni e non riflette speranza, che si cura del dibattito culturale e non cura il fratello. Nel quotidiano Dio ti dà appuntamento: nella tua famiglia, nel tuo lavoro, nelle tue relazioni. Se non lo trovi qua, hai trovato solo te stesso e forse neanche quello.
Chi ti ha rubato Gesù Bambino? Guarda che il furto non è più tale. Dio te lo restituisce ancora una volta quel suo Figlio. Perché da lui nuovamente ti lasci sorprendere e perché con lui ricominci a vivere.

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