domenica 27 novembre 2011

Omelia 27 novembre 2011

Prima domenica di Avvento

Il mese scorso Alessio Gherlone, 18enne astigiano e talento della primavera del Novara è tornato ad allenarsi sul campo di calcio dopo un brutto incidente stradale del sabato notte trascorso in discoteca tra fumi e alcol. 19 giorni di coma poi il sorprendente risveglio e la paziente riabilitazione. E riabilitazione dell’intera esistenza, perché Alessio comprende che c’è qualcos’altro che deve uscire dal coma insieme al suo corpo: la famiglia, gli affetti e la fede. Riaggancia il rapporto con i propri genitori con i quali non c’era dialogo e riaggancia il rapporto con Dio: «Ho scoperto l’importanza della preghiera, un appuntamento personale e quotidiano a cui non so più rinunciare».
Il coma non è solo conseguenza di un trauma. A volte corrisponde a un’esistenza intorpidita, impoverita e rinunciataria nella quale piombiamo senza rendercene conto. Ecco allora l’invito insistente di Gesù: Vegliate. Lo ripete per tre volte, aiutandoci a comprendere che tale atteggiamento non può essere disatteso o recepito con sufficienza. Ne va dell’incontro con lui, ma anche della restituzione a noi stessi. Quale vigilanza ci raccomanda Gesù?

1.    Il primo vegliate è connesso all’attenzione. Fate attenzione, vegliate. Vivi facendo attenzione a te, agli altri, alle cose che capitano, ai segni di Dio. Si vince il coma combattendo distrazione e superficialità. Abbiamo ascoltato nei giorni scorsi le parole del presidente Napolitano affinché i bambini di stranieri nati in Italia possano ottenere la nostra cittadinanza. Le parole, com’era comprensibile, hanno destato reazioni molto forti, rivelando la complessità della questione. Far attenzione è necessario. Da un lato non si può passare indiscriminatamente dallo jus sanguinis allo jus solis perché questo potrebbe realisticamente esporre ad una nuova emergenza immigrazione. Dall’altro non possiamo dimenticare quei ragazzi di seconda generazione che, pur figli di immigrati, con il paese d’origine hanno ormai ben poco in comune e si sentono italiani. Questi ragazzi non sono solo una zavorra per il nostro Paese che se ancora riesce ad avere un saldo naturale positivo, è solo per la nascita dei figli degli stranieri che costituiscono il 13% dei nati in Italia. Fare attenzione e vigilare significa mettere in discussione la nostra propensione alla vita, al futuro. Pensata alla fatica dell’adozione e alle polemiche relative alle tecniche abortive. Quattro Babbi Natale, guidati dal ginecologo Silvio Viale, che è anche presidente nazionale dei Radicali italiani. hanno recapitato davanti alla sede della Giunta regionale piemontese quattro sacchi pieni di Ru486, la pillola abortiva. Viale ha spiegato: «Costringere le donne alla sola opzione dell'intervento chirurgico è una forma di violenza verso le donne». Peccato che molti altri ginecologi mettano in evidenza la violenza di quella pillola che trasforma l’aborto in un’esperienza solitaria tra dolori e emorragie. Peccato che nessuno ricordi la violenza fatta ad un individuo che non nascerà. Vigilare come il portiere di cui ci parla Gesù vuol dire fare attenzione a ciò che entra in casa nostra e a ciò che esce, distinguere valori da slogan ad effetto, valutare ragioni proprie e quelle degli altri perché non defraudare non tanto il padrone, ma l’umanità del suo patrimonio di vita e di futuro.

2.    Il secondo vegliate è legato a un altro verbo: fate in modo. È un verbo che dice non solo valutazione ma anche azione, creare le condizioni perché qualcosa si realizzi. E qualcosa di importante: l’incontro con Dio. L’incontro alla fine dei tempi non è slegato a quello che comincia già oggi, nella misura in cui lo rendiamo possibile. Ebbene, fa’ in modo che incontro ci sia, per te e per gli altri! Fa’ in modo ad esempio di salvaguardare la relazione col Signore nella preghiera. Oggi noi ne abbiamo perso i tempi e le modalità. E si realizza quello che descrive Isaia nella prima lettura: Noi siamo avvizziti come foglie… portati via dal vento. Viene la crisi economica e siamo disorientati, sopraggiunge una fatica in famiglia e pensiamo alle conclusioni dei rapporti, ci confrontiamo con le cose che non vanno come vogliamo e siamo preda della delusione. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!  Prova a dirglielo al Signore. Fa’ in modo di restituirgli un po’ di tempo all’inizio e alla fine della giornata, fa’ in modo che la domenica non si svuoti dei significati che l’hanno generata, fa’ in modo che la preghiera non sia estranea ai significati che suggerisci a tuo figlio, mettendolo in contatto con l’assoluto e preservandolo dal vuoto. Se mai ti vede pregare, all’inizio potrà fidarsi di te, ma quando anche tu sarai insufficiente, a chi affiderà la sua vita? Fate in modo. Quale modo devo attivare per rendere credibile la mia esistenza di cristiano?

3.    La terza volta in cui Gesù dice vegliate è legata a chi lo deve fare. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate. Il rischio del coma appartiene a tutti e l’esigenza della vigilanza pure. E allora l’invito di Gesù ci restituisce ad una straordinaria esperienza di solidarietà. Nel momento in cui vegliamo, nei pensieri, negli atteggiamenti, nella preghiera, non lo facciamo solo per noi, ma per restituire l’uomo, ogni uomo alla sua vocazione autentica, per dirgli: sei fatto di cielo, non tutto è qui. E ogni volta che qualcuno torna a indicare il cielo, il cielo si fa più vicino. Inizia a scendere e ci rende suoi inquilini, risvegliati dal coma. E ci rende meno paurosi perché in quel cielo non c’è aria rarefatta, ma Colui che lo abita e verso il quale la storia è in cammino e che nuovamente torna per ricordarcelo.

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