domenica 20 novembre 2011

Omelia 20 novembre 2011

Cristo Re 2011
Ascoltando questa pagina del vangelo ci viene in mente il giudizio universale di Michelangelo. Il Cristo che leva energiche braccia nell’esercizio di una giustizia divina che separa i buoni dai malvagi. Venite benedetti del Padre mio… via, lontano da me maledetti, nel fuoco eterno. Gesti e parole che ci sconcertano perché ci consegnano una pagina minacciosa con la quale facciamo fatica a misurarci. È importante però che recuperiamo la fisionomia corretta di quel giudice che appare sulle nubi. Il figlio dell’uomo, quando verrà… verrà come il pastore. L’immagine del pastore ci appare più rassicurante e ci è stata descritta nella prima lettura da parte del profeta Ezechiele. Annunciando il Dio pastore che si prende a cuore la situazione del suo gregge, Ezechiele descrive tre azioni: 1. Egli passa in rassegna e raduna le sue pecore, 2. si prende cura di quelle malate e di quelle grasse forti, 3. giudicherà fra pecora e pecora.
La pagina del giudizio quindi è solo il terzo momento di un’azione più complessa che quel pastore ha già esercitato. E non a caso Gesù parla di sé come il Buon Pastore.
1.    Ecco allora un primo suggerimento. Questa pagina del giudizio universale cessa di impaurirti nella misura in cui conosci Gesù e il suo desiderio di renderti partecipe della sua comunione, della sua vita. Io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Il giudizio lo si costruisce se ti lasci liberare dalla caligine che si diffonde nella vita e accogli il Signore, le sue prospettive, i suoi pascoli. Abbiamo sentito il discorso inaugurale del presidente Monti e i numerosi consensi che ha suscitato mentre veniva interrotto dagli applausi. Problemi chiamati per nome, ricerca serie delle cause, possibili strade da percorrere. Sembrava di ascoltare un linguaggio politico al quale non eravamo più abituati, invischiati com’eravamo nella contrapposizione. Ecco la caligine che riguarda la nostra concezione della politica, della convivenza civile, dell’informazione, da tempo intossicate con dosi di veleno non più sopportabili che, demonizzando sistematicamente ogni espressione dell’altro, hanno generato conflittualità da cui alcune frange giovanili sembrano incapaci di uscire. Forse sono loro oggi l’anello più debole della catena, esposti a falsi pastori che invitano alla rivolta e alla conflittualità sociale oppure mantenuti in zone di stagnazione, magari ben nutriti e coccolati, dimenticando di educarli alla responsabilità e dando loro modo di esercitarla. La Giornata del seminario ci ricorda che anche un giovane può vivere in grande la vita. Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna.
2.    Il secondo atteggiamento è la cura. Quel pastore si prodiga senza risparmio per le sue pecore. Le raggiunge, le cura, le assiste. Ecco il giudizio di Dio si gioca lasciandoti curare da lui. Non solo guidare ma anche correggere, sostenere, guarire. Perché se non lo fai il male ha la meglio su di te e mina la tua salute, la tua vita. Quali sono i mali che ci tolgono vita? Pensate al fenomeno delle dipendenze. E non solo quella da sostanze come quell’universitario trevigiano arrestato al casello autostradale di Portogruaro  con mezzo chilo di ecstasy. A volte la dipendenza sono catene che generiamo in famiglia, nell’ambiente di lavoro, tra parenti. Genitori che non mollano i figli ormai adulti e li sottomettono alle loro pressioni tanto che la madre ha più potere della moglie, la considerazione e la stima dei superiori che diviene regola del proprio lavoro, l’accettazione sociale e il desiderio di apparire disinibiti che ci fa dimenticare il vangelo e a volte anche il buon senso tanto che il figlio si vergogna della volgarità del padre. E tu vivi in funzione dell’altro rispondendo alle sue richieste che ti rendono schiavo. Lasciati guarire da Gesù. Lui è re non perché ha dominato sugli altri, ma perché ha sottomesso le forze che soggiogano l’uomo: l’amor proprio, la ricerca di sé, la voglia di apparire e di far bella figura, il bisogno che qualcuno detti regole sui pensieri, sui comportamenti. Il giudizio di Dio sarà proprio su questo: a chi hai consegnato la tua vita? A quale salvatore?
3.    Ed infine quel giudizio tra pecora e pecora. Sì c’è anche una distinzione. Ma Gesù ci offre il criterio per comprenderla: avevo fame, avevo sete, ero nudo, malato, forestiero. Dio non ti aspetta l’ultimo giorno. Ti dà modo di riconoscerlo ogni giorno nel segno dei poveri e dei diseredati della terra. Perché se lo vedi là vuol dire che non segui gli opinion leader del momento e hai capito che ciò che regge la vita non è il tuo successo, né il tuo benessere e neppure obbedire agli altri ma l’amore. E amore concreto che diventa assistenza: mi avete dato da mangiare, siete venuti a visitarmi, mi avete curato. Questo atteggiamento non serve per risolvere i problemi della povertà. I poveri li avremo sempre con noi, parola di Gesù. Ma servono per guarire le nostre povertà. Ed è forse per questo che i poveri ce li avremo sempre. Per poter riconoscere un destino che ci appartiene e che Dio ostinatamente vuole rivelarci, anche quando non ce ne accorgiamo: quando mai ti abbiamo visto? Non importa, ci vede lui. Vede un uomo vero, non in mano allo spred ma con in mano la carità. Che produce futuro. Sempre, quando lo capiamo e anche a nostra insaputa.

1 commento:

  1. bellissime riflessioni che invitano all'ascolto di se e dei prossimi.....grazie Don
    mt

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