giovedì 25 dicembre 2014

Omelia 25 dicembre 2014


Natale 2014

I giorni che precedettero il 25 dicembre del 1914 furono segnati da un accorato invito di papa Benedetto XV affinché almeno nel giorno di Natale, “l’incomparabile sciagura” del primo conflitto mondiale avesse conosciuto una tregua. Se l’appello del pontefice cadde nel vuoto la spontanea mobilitazione di soldati sul fronte occidentale produsse tante piccole «tregue di Natale», coinvolgendo in particolare militari inglesi e tedeschi.

I testimoni ricordano molti commoventi episodi: i canti natalizi, primo fra tutti Stille Nacht che si rimbalzavano nelle due lingue da una trincea all’altra, poi la timida apparizione di cartelli con scritte augurali. E, finalmente, con molta circospezione, gruppetti di soldati disarmati che uscivano dalle trincee, camminando lentamente verso le postazioni nemiche recando doni e biglietti augurali, stringendosi le mani, mostrandosi le foto delle fidanzate, ballando e dando vita a partite di calcio con una palla fatta di stracci.

I rispettivi comandi tuttavia videro in tale iniziativa un enorme pericolo per le sorti del conflitto e da quel momento punirono severamente ogni tentativo di fraternizzazione col nemico. 

Che cosa spinse quei soldati a quel gesto? Una forza invisibile, una forza residua di umanità che quel conflitto tentava di cancellare tra orrori e violenza. Una forza di umanità legata a quel Bambino che ha voluto diventare uomo per ricordarci di essere tali. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo. Il verbo si è fatto carne. Il Natale è tutto qui: tornare ad essere uomini ed esserlo davvero anche quando un comando tenta di prendere il sopravvento e di sovvertire tale prospettiva.

Quale umanità è credibile? Che uomo viene a mostrarci il Natale?

1.    L’umanità cantata dagli angeli. È l’umanità che cerca la pace. Pace in terra agli uomini che Dio ama. Finché viviamo agguerriti siamo sotto gli ordini di un comando che tradisce la nostra umanità: ci fa credere che l’uomo sia quello risoluto, che difende le proprie idee, i propri confini, l’uomo che non ha bisogno degli altri. E invece quell’uomo ha già perso, perché noi ci troviamo solo se ci mettiamo in relazione e se ravviviamo le relazioni con segni di cordialità, di riconciliazione e di pace. A volte noi crediamo di affermare noi stessi perché ostinatamente ci accaniamo dietro le nostre ragioni: tagliamo i ponti e costruiamo i muri che spesso si allungano da una generazione all’altra, a volte per banalità. E non ci rendiamo conto che quel muro ci separa soprattutto da noi stessi, dalla nostra parte migliore. Chi è più forte? Chi si blinda o chi fa il primo passo? Chi la fa pagare o chi perdona? Pace in terra agli uomini. Sei uomo vero se costruisci legami di pace.

2.    L’umanità vigilante dei pastori. Perché il Figlio di Dio scendendo sulla terra si presenta a questa categoria di persone? Perché non sono intorpidite, sono pronte a scrutare il cielo e ad accogliere i segni di Dio. Andiamo fino a Betlemme e vediamo il segno che il Signore ci ha fatto conoscere. L’umanità vera porta con sé frammenti di cielo, non si lascia schiacciare e non cerca neppure paradisi paralleli, tanto promettenti quanto illusori. Quello che abbiamo sentito sull’uso di cocaina da parte di numerosi professionisti della Treviso-bene è un segnale inquietante di una terra che non ci basta e di un cielo che non è tale. Un tempo l’uso delle sostanze era legato all’universo giovanile; oggi invece interessa anche il mondo degli adulti che in tal modo consegnano alle giovani generazioni il vuoto che loro appartiene. Alcune famiglie in questo tempo mi hanno detto che stanno riscoprendo la gioia della messa domenicale. Grandi e piccoli. È un segno di cielo. E a me si stringe il cuore quando una ragazza di quinta elementare mi dice che non ci può venire perché il papà la domenica ha sempre mal di pancia e la mamma le dice che bisogna fare un fioretto. Ma quale fioretto? Questo è il deserto che avanza! Che cosa consegni per la vita a tua figlia? Il buscopan? Come i pastori, lasciati condurre dal cielo.

3.    L’umanità custodita di Maria e Giuseppe. Il vangelo di Natale è carico di tenerezza e di protezione che contrastano un rifiuto. Ce lo dice quel versetto tanto intenso quanto drammatico: lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. Il Figlio di Dio che nasce incontra il rifiuto, il tutto esaurito; ma a fronte di questa chiusura ci sono mani che si prendono cura, fasciano, cercano un giaciglio per accogliere un bambino. L’uomo vero è in questi atteggiamenti di accoglienza, di premura, di solidarietà: sentimenti nei quali Dio stesso si riconosce. Che società è quella che non trova dimore per i poveri e costruisce casse da morto per i cani? Con tutto il rispetto per l’imprenditoria locale, c’è qualcosa che non funziona, che ci disumanizza. Quel bambino che nasce viene a ricordarci di chi siamo immagine: del Dio dell’amore. E solo nell’amore ritroviamo noi stessi. La raccolta della solidarietà che abbiamo attivato per Natale, straordinariamente abbondante è il segnale che questa sensibilità non si è spenta e che nell’alloggio del nostro cuore c’è ancora posto per l’altro.

Ecco l’umanità che ha in mente Dio: riconciliata, sveglia, capace di cura. Può essere solo una tregua di natale o può essere la bella notizia che da oggi ci accompagna. E se questo avviene sarà davvero buon natale.

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