Sedicesima domenica del T. O.
Abbiamo di fronte
agli occhi le immagini che ci giungono da Israele. Oltre 300 morti che
interrogano la comunità internazionale ma anche la preghiera per la pace che i
contendenti hanno fatto insieme a Papa Francesco. Dov’è finito quel progetto di
concordia e di buona volontà? A volte il male sembra avere il sopravvento. È il
problema che incontra il seme di cui Gesù già ci aveva parlato domenica scorsa.
Non è solo questione di terreni; c’è anche la zizzania. È l’immagine di una
realtà che minaccia il raccolto, che infesta il campo alterandone la fisionomia
promettente. Il seme era buono, ma non era il solo. E forze di morte sembrano
prevaricare su di esso. Eppure Gesù non perde la speranza e invita i suoi
discepoli a fare altrettanto. Che cosa suggerisce?
1. Anzitutto vigilare e registrare quanto accade.
Mentre qualcuno dorme, infatti, qualcun altro agisce di nascosto. Un nemico venne… seminò… se ne andò. Tre
azioni che sono passate inosservate. Il cristiano si confronta con forze che
avversano l’azione di Dio, che attendono il momento in cui abbassiamo la
guardia per diffondere il loro veleno. Notate che in greco il termine zizzania è al plurale: seminò delle zizzanie. La zizzania è una
specie di “radice mutante” che si annida nel cuore umano in tante forme. Se il
buon seme è quello del vangelo, le zizzanie sono le esperienze che lo
contrastano. E sono esperienze che crescono boriose e rivendicano il loro
dominio, la loro supremazia. Ti confondono a tal punto da credere che siano
esse la piantagione buona. Ma non portano frutto: anzi, disumanizzano. Pensate
all’erba cattiva del sospetto, della maldicenza, del giudizio. Pensate alla
velocità con cui cresce. Ma che frutti genera? Frutti di morte. Vorresti
somministrarli a qualcuno ma intanto avvelenano la tua esistenza. Pensate anche
alla bugia e al sotterfugio: furbo chi arraffa di più! Ma intanto la tua vita
diviene un imbroglio. Pensate a quei dirigenti di Rovigo che approfittando
della caduta del sindaco e della giunta, con un vero e proprio blitz si sono aumentati
lo stipendio. Attento al nemico in azione: impara a distinguere la spiga del
loglio da quella del buon grano.
2. Vi
è però una seconda tentazione, più pericolosa della prima. È quella di intervenire
immediatamente, di fare pulizia, di pretendere l’eliminazione della zizzania: Vuoi che andiamo a raccoglierla? È il
gioco subdolo del nemico che mentre ti dà l’idea di poterlo eliminare, in
realtà sta rafforzando sé stesso. Perché se tu ti metti subito a combatterlo trascuri
alcuni aspetti importanti: non ti rendi conto che la zizzania non è solo degli
altri ma un po’ è anche tua, non ti rendi conto che la zizzania ha uno parte
aerea visibile una radice sotterranea, ramificata, non ti rendi conto che
estirpandola rischi di sradicare anche qualche pianticella buona, indebolendoti.
Il male ci dà fastidio, vorremmo eliminarlo, ma chi domina il mistero del male
è uno solo. E se vuoi partecipare della sua vittoria devi unirti alla sua
lotta, accettando la difficile convivenza. Lasciate
che buon grano e zizzania crescano insieme, raccomanda il padrone ai servi.
Perché è importante questa crescita simultanea? Perché ti consente di vedere
meglio i confini tra le due realtà, di conoscerne l’azione e gli esiti, di
sviluppare risorse. A volte la vita ci riserva dei dispiaceri: dissapori con
qualcuno, attese deluse, ferite che ci arrivano. E vorremmo strappare questa zizzania
con misure risolutive, sia quando prendiamo le distanze da qualcuno, sia quando
proclamiamo improbabili cambia-menti. Prova a metterti con calma di fronte al
bene e al male che ti appartengono: forse la colpa non è solo degli altri. Prova
a vedere se la tua vulnerabilità ti insegna qualcosa: forse c’è qualcosa da
imparare anche dalle fatiche. Prova a vedere se l’esperienza dolorosa può
renderti può attento a quello che patiscono anche gli altri.
Come
diceva Paolo: Lo Spirito viene in aiuto
alla nostra debolezza. Non alla nostra presunzione. Quando il criterio di
riferimento è la perfezione subentra la rabbia e la devastazione. Quando
sperimentiamo la debolezza impariamo ad essere un po’ più umili, a conoscere il
Padre, a sentirci custoditi da lui, a invocarlo. A diventare come lui misericordiosi e pietosi (salmo), più
indulgenti con noi stessi e con gli altri.
3. C’è
un terzo intervento che consente di contrastare l’azione della zizzania. Mentre
essa va raccolta e bruciata, il grano va riposto nel granaio. Ebbene il termine
che indica questa seconda operazione è il verbo synágo (come sinagoga) vuol dire raccogliere insieme. Ecco, forse il
buon grano cresce anche in uno sforzo di comune impegno che va oltre gli sforzi
personali. È un appello comunitario, collettivo, per tessere relazioni buone, occasioni
di coesione e di partecipazione in cui il regno cresca e si diffonda. Non solo
cosa posso fare io, ma anche cosa
possiamo fare noi, perché di fronte
ad alcune provocazioni culturali, belliche, politiche da soli si fa poco. E non
solo come contrastare insieme il male, ma come fare insieme il bene. Provare a
alimentare sinergie di bene, per sottrarre terreno alla zizzania ed essere fare
spazio al Regno che viene.