sabato 25 gennaio 2020

Omelia Tiziano Turcato


Esequie Tiziano Turcato (21 gen. 2020)

(Gal 5,16-25 14,7-12 / Mt 6,1-6)


A Tiziano appartenevano numerosi mondi: la sua famiglia, il bene più prezioso che aveva, il lavoro con i suoi fratelli, la parrocchia, dove non mancava di pulire la chiesa e varie esperienze di volontariato, servite con premura e generosità. Ma il mondo che più gli piaceva ce l’aveva dietro casa: l’orto e il frutteto cui dedicava buona parte delle sue giornate, ossigenando la sua vita di amore per la terra e di amicizia con tanta gente che, in maniera non sempre disinteressata, specie nella stagione delle ciliegie, lo andava a trovare.

Certo, c’erano ciliegie, pesche, albicocche, ma c’erano anche altri frutti che crescevano nel campo di Tiziano, quelli di cui ci ha parlato S. Paolo poco fa: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo nello Spirito”. Tiziano mentre coltivava ciliegie era attento anche ai frutti dello Spirito. E guardando la sua vita mi pare che ne possiamo raccogliere alcuni. La discrezione, la precisione, la partecipazione.


1.    Discrezione. Tiziano era anzitutto un uomo sobrio. Non amava la visibilità e quello che faceva non aveva bisogno di pubblico encomio. Quando fai l’elemosina non suonare la tromba come fanno gli ipocriti per venire lodati dagli uomini. Tiziano non amava elogi, neanche al suo funerale, tanto che a casa raccomandava: “No ste dirghe tante robe al prete, fe presto”. Preoccupato dalle troppe parole,  controllava anche la rotta delle conversazioni e, prima di incorrere nelle secche delle critiche o delle chiacchiere inutili, tagliava corto e diceva: “Dai, Maria, va fare el caffè”. Era il segnale che si era già detto abbastanza. Anche gli scherzi andavano misurati, perché potevano diventare mancanza di rispetto, ferire e non divertire. “Sto comportamento no me piaze”. Come dire: non esagerare, fermati finché sei in tempo. La discrezione apparteneva anche alla malattia, vissuta sempre con dignità e coraggio, senza ostentazione. Della gravità Tiziano era ben consapevole, ma non c’era la necessità di caricarla sugli altri. Non era però un atteggiamento impavido, eroico. Perché poi si commuoveva spesso, soprattutto in questi ultimi giorni, ma lo faceva con chi sapeva di poterlo fare, con la sua famiglia che lo assisteva, con alcuni amici, con me nel momento in cui sono andato trovarlo e gli ho dato l’unzione degli infermi, assicurando che lo avremmo portato nelle nostre preghiere. La sobrietà non è indifferenza rispetto a quello che capita: è orientamento, senso della misura, capacità di cogliere l’essenziale. Occhio ai discorsi che senti, ai discorsi che fai. Perché talvolta nascondono la necessità di mettersi in mostra, di ottenere riconoscimento, di compiacere qualcuno. Ma il valore delle persone, sta poco nei loro discorsi, sta in quello che fanno e in quello che scelgono, anche se parlano poco. Tiziano preferiva parlare con la vita.


2.    Precisione. Di poche parole, Tiziano era però un uomo preciso. Al lavoro si rigava dritti, anche se i dipendenti erano i suoi figli. Orari, puntualità, regole, esattezza. ”De lá dea rete semo casa, de qua semo in officina”. Uno stile che continuava nella vita. Non esistevano “sì, no, forse, vedemo...”. O era o era no. E parola era parola. Era preciso anche con il Signore, Tiziano che, piuttosto di entrare in chiesa a messa iniziata, andava a quella dopo. E ogni sera concludeva la giornata con le preghiere, recitate con sua moglie. Padre nostro, Avemaria, Gloria... Quando pregate non sprecate parole... E tuttavia, questa vita ordinata, dritta come dritte voleva le gombine dell’orto, riusciva a far posto anche a ciò che arrivava un po’ inatteso, ai tempi che cambiavano, a figli che a volte variano i progetti dei padri. Perché la vita non é una gombina e Tiziano lo aveva capito, integrando la sua precisione con la benevolenza, la pazienza, la possibilità di lasciarsi sorprendere ancora, fino a vedere un matrimonio il giorno prima di morire. Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro, raccomanda Gesù. Ma il Padre è perfetto nell’amore, non nel rigore, nella pazienza non nella sentenza.


3.    Partecipazione. È il frutto buono della vita di Tiziano che in molti abbiamo raccolto. Perché parecchi, “quando andranno in pensione”, promettono di dedicarsi al volontariato. Poi non sempre se ne ricordano, forse per colpa di quote che tardano ad arrivare. Tiziano invece, se ne è ricordato e ha iniziato a dare una mano a tanti: Auser, Pro Loco, Parrocchia, Crocetta, Festa dei popoli. Mi pare che le distinzioni non fossero la sua preoccupazione e dove c’era bisogno, c’era anche lui, specialmente al mattino, quando per parecchi anni, in pulmino, accompagna alcuni nostri ragazzi disabili nelle loro cooperative di lavoro. Non c’era solo il servizio, ma un legame fatto di simpatia, di solidarietà e di affetto. Partecipazione, come compagnia buona da stabilire nella vita per vincere la solitudine e l’indifferenza. E qui ascolto Tiziano. Mi fermo. Perché questa è la terra della carità, la terra di mezzo tra Dio e gli uomini, la terra dove Dio ama riservarci le sue sorprese e le sue ricompense, quelle del Padre che vede nel segreto. A questa terra di novità e di vita affidiamo Tiziano. Forse non troverà ciliegie ma troverà i frutti dell’amore, quelli che Dio coltiva e quelli che non vanno perduti.