Tredicesima domenica del T.O.
Ci siamo
confrontati anche questa settimana con la vicenda di un noto imprenditore che
si è tolto la vita. Un impero economico che sembra non rispondere alle
problematiche umane, all’esigenza di fare i conti con situazioni, sentimenti,
drammi per i quali i soldi non sono la soluzione a quello che si sta cercando.
Dove sta la vita autentica? Il vangelo di oggi ci presenta due episodi dove la
vita è minacciata dalla malattia e dalla morte. E Gesù interviene in entrambi i
casi facendoci capire che chi custodisce la vita è lui e lontano da lui c’è
spazio solo per l’inquietudine e il l’oscurità. Dove sta la vita che ci
promette Gesù? La donna malata, Giairo, la bambina.
1.
La
donna. L’evangelista descrive attentamente le sue
sofferenze. Malata da dodici anni, sottoposta a terapia di molti medici senza
risultati, anzi peggiorando. Un’emor-ragia che esponeva la donna al male fisico
e all’esclusione sociale. Eppure questa donna vince il controllo della gente e
della religione e si avvicina a Gesù. Se
riuscirò anche solo a toccare le sue vesti sarò salvata. Ecco dove sta la
vita: quando tocchi Gesù. Notate: Gesù si rende subito conto di quello che è
avvenuto e cerca l’autore del gesto: «Chi
ha toccato le mie vesti?». Ai discepoli quella domanda sembra assurda, ma
assurdo risulta invece l’atteggiamento di gente che preme Gesù da tutte le
parti ma non lo tocca. È un rischio che corriamo sempre: tanta confusione ma
non tocchiamo il Signore. Il verbo apto
indica un toccare deciso, un afferrare. Pensate a come è stata accolta
l’enciclica di Papa Francesco sull’ambiente. Fin che c’è da difendere qualche
foca in giro per il mondo grande attenzione degli animalisti, quando c’è di
mezzo l’ecologia della solidarietà allora ci si limita a qualche titolo di
spalla. Scomode certe parole… C’è vita quando tieni ben saldo il Signore e non
ti limiti a educati convenevoli spirituali.
2.
Giairo.
È un papà angosciato per la sorte della propria bambina: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporgli le mani». Un
crescendo di disperazione che trova il suo culmine quando vengono a dirgli: «Tua figlia
è morta, perché disturbi ancora il maestro?». E Gesù che raccomanda: «Non temere, continua solo ad aver fede!».
Ecco, è la fede in Gesù la condizione per la vita. Ma essa si può confrontare
talvolta con le voci del disincanto o con quelle della derisione, proprio come
nel caso di Giairo. Pensate ai matrimoni: credo che buona parte della fatica
che fanno due ragazzi per giungere a questo momento sia dovuta proprio alle
voci che mettono in discussione la fede nel sacramento. E due sposi devono
lottare contro genitori che dettano leggi sulle bomboniere, amici che talvolta
non sanno far altro che bere, ritualità volgari che alterano i contorni della
festa. Ma poi la sensazione che in fondo quello che si sta facendo non serva a
granché visto che si può stare insieme ugualmente e che anche chi si sposa in
chiesa poi si molla. «Non temere,
continua solo ad aver fede!». Mi sembrano parole rivolte oggi anche agli
sposi. Continua a pensare che il Signore può rinnovare la tua vita, la tua
relazione, la tua famiglia, anche quando tutto sembra smentirne l’efficacia.
3.
La
bambina. Gesù le si avvicina e la prende per mano. «Talita kum». A questo gesto però
corrisponde un’azione della bambina che si alza e si mette a camminare. Come se
qualcosa potesse fare il Signore e qualcosa gli uomini. Lui ti rialza (anéste), ma tu cammina (peripatéo)! Ecco, a volte la vita di Dio
non scorre perché rimaniamo un po’ stesi, assopiti nelle nostre incertezze e
oscurità. Siamo un po’ impigriti. La guarigione funziona se ti metti in moto: certo
che la morte è un brutto momento ma perché lasci che il pensiero dei morti ti
faccia morire? Non vedi che questo stato d’animo sta intristendo la vita tua e
quella degli altri? Subito la fanciulla
si alzò e si mise a camminare. Qual è il subito che il Signore ci sta indicando? Lascia che la vita di Dio
possa scorrere e lascia che possa farlo anche con te.