lunedì 22 aprile 2019

Omelia pasqua 2019


PASQUA 2019


È viva nella nostra mente l’immagine del rogo di Notre Dame, in particolare di quell’ardito pinnacolo avvolto dalle fiamme che ad un certo punto collassa sull’edificio. Un tonfo che rimbalza nel cuore della gente sbigottita e incredula. Gente che osserva, piange, prega, scatta foto che presto fanno il giro del mondo.
Un evento che fa riflettere perché in una Francia laica, in un’Europa secolarizzata, una cattedrale ha ancora la forza di parlare, di risvegliare memorie che sembravano perdute, come quella custodita in un antico edificio cristiano. Qualcosa crolla e qualcosa rimane. O qualcosa crolla proprio per farci capire che cosa rimane, nonostante tutto.
La pasqua è proprio così. Dio scuote le nostre certezze, il vuoto che abbiamo fatto intorno a lui, la presunzione di bastare a noi stessi e risveglia la sua presenza, in maniera inedita, come l’ha risvegliata in quel giorno dopo il sabato in cui le donne, preoccupate di mettere fine a una sepoltura, hanno trovato la pietra rovesciata. Non è qui, è risorto.
Dov’è che il Signore risorto ci dà appuntamento, che cosa scuote e che cosa ci lascia? Ritorniamo alla cattedrale che brucia, con tre fotogrammi.


1.    Il primo. Le cause dell’incendio. Da dove è partita quella scintilla sciagurata che ha prodotto il disastro? L’ascensore, un filo scoperto, una lampada? Fai attenzione a chi sta appiccando il fuoco alla tua vita, alle persuasioni che ti hanno accompagnato, al battesimo e alla fede che hai ricevuto in dono. La cultura del sospetto che ha accompagnato stagioni passate verso un ateismo militante si è trasformata nella cultura dell’indifferenza e della svalutazione che si propaga come un fuoco devastatore in maniera subdola, nascosta. E ci lascia vuoti, prigionieri di una superficialità che ci inghiotte o di un lavoro che ci travolge. Se togli Dio dalla costruzione della tua vita quale architettura rimane? Quella del pian terreno. Ma sta attento anche a chi appicca il fuoco alle tue scelte importanti, a chi ti insinua che lo studio non serve, che il tuo matrimonio ti imprigiona, che nel lavoro devi essere scaltro, che l’idealità è illusione. Pensate a Greta Thunberg e al suo sogno. Gesù risorto è una sfida verso nuove soluzioni. Pensa in grande la vita e occhio a chi la mortifica, a chi si veste di modernità ma ti mette addosso un abito vecchio. Cercate le cose di lassù.

2.    Il secondo fotogramma è quello della guglia che cade. La guglia è un dito verso il cielo, quello che i costruttori della cattedrali lanciavano in maniera ardita, con grande ingegno di uomini e di mezzi. Ma in quel dito che si spezzava vi possiamo riconoscere anche un monito: quello di non cercare Dio guardando semplicemente in alto, ma di ricercarlo quaggiù, nei luoghi dove ci dà appuntamento. Qualcuno si è scandalizzato perché facoltosi uomini d’affari hanno subito stanziato milioni per la cattedrale, mentre per i poveri del mondo ci sono solo le briciole. Non è giusto opporre le pietre alla gente, ma la provocazione rimane. Perché casa di Dio non è solo la chiesa, ma lo è ogni uomo presso il quale il Risorto ci aspetta: ero affamato, ero nudo, ero malato, ero forestiero. La pasqua allora ridisegna la bussola della fede: il dito di Dio ci indica il fratello, quello da aiutare, quello da accogliere, quello da perdonare o dal quale ricevere perdono. È la pasqua più bella e sorprendente, quella che ti restituisce la gioia e ti regala la certezza che le cose possono davvero cambiare.

3.    Ultima immagine è quella dell’altare polveroso tra le macerie e della croce, trafitta da un raggio di luce. È pasqua perché il Signore vuole ricondurci all’essenziale, a quel segno antico, crocevia della nostra fede, che non cessa di provocarci per quello che significa: dono di sé, vita consegnata, seme che muore per un frutto solo sperato. E quell’altare in cui tutto questo si rinnova, di domenica in domenica, pasqua della settimana. Forse anche il nostro altare ha un po’ polvere, ma il Signore non è tipo che si fa tanti problemi e ogni volta che ci sediamo a questa tavola lui arriva, come quel raggio di luce, foriero di nuovi inizi. Crolla una cattedrale, ma germoglia un seme. E questo a Dio basta perché la nostra vita è la cattedrale di Dio, il luogo della sua pasqua, quella per cui ostinatamente ci lega a se e ci rende per il mondo segno di speranza.