Terza domenica del Tempo ordinario
Il trasloco è una
delle realtà più difficili da gestire, in termini operativi e psicologici. A
volte può essere una necessità, a volte una sfida. Eppure esso porta sempre con
sé la possibilità di ricominciare. E anche Gesù ad un certo punto trasloca: da
Nazaret si trasferisce a Cafarnao, in casa di Pietro, che diverrà il suo punto
di riferimento negli spostamenti intorno alle città che costeggiano il Lago di
Tiberiade. Certo, c’è una logistica funzionale che torna a vantaggio di Gesù,
ma c’è un messaggio ulteriore che indica anche ai discepoli qual è il trasloco
da cercare e da vivere. Messaggio che i discepoli non tarderanno a comprendere e
che determinerà anche il loro trasloco nel momento in cui Gesù li chiamerà con
sé. Come funziona questo trasloco, cosa ci suggerisce, come ridisegna le nostre
condizioni abitative? Mi pare ci siano tre direttrici che rendono comprensibile
il gesto di Gesù: storiche, teologiche e partecipative.
1. Anzitutto
quelle storiche. Perché Gesù lascia Nazaret? Non poteva rimanere ancora in quel
villaggio dove era cresciuto imparando un mestiere? Gesù non rifiuta le sue origini:
è chiamato “nazareno”. Ma quell’ambiente tra le montagne era un borgo piuttosto
remoto, per niente aperto alla novità, curioso, ma nello stesso tempo
diffidente rispetto a ciò che variava le idee, l’assetto sociale, i modi di
fare. I vangeli ce lo ricordano quando Gesù qualche tempo dopo ritorna a
Nazaret e i suoi compaesani lo respingono. Gesù lascia Nazaret per il bisogno
di un respiro più grande, il respiro di Dio. C’è trasloco vero nella vita
quando non ci si lascia imprigionare da mentalità grette e si cercano gli
orizzonti di Dio. Nei giorni scorsi ad esempio, in seguito ad un’ondata di
proteste che si è scatenata su Twitter, la Apple ha rimosso dal proprio
appstore un videogioco che proponeva ai
ragazzi la situazione di una bambina obesa, sulla quale bisognava intervenire
con la liposuzione e il lifting per renderla felice. Ecco il messaggio gretto e
devastante da cui traslocare per ritrovare il messaggio vero di Dio sull’uomo,
l’intera sua bellezza, per i ragazzi e per gli adulti.
2. Le
ragioni teologiche sono quelle che l’evangelista Matteo introduce, ricordando una
pagina di Isaia: Il popolo che camminava nelle tenebre… Ai tempi del profeta la
Galilea era occupata dall’Assiria. Una delle dominazioni più crudeli e
opprimenti. Per il profeta è come se questo territorio fosse prigioniero di una
tenebra nella quale risuona una domanda: quanto resta della notte? Ebbene, a
questa gente desolata, Isaia annuncia una grande luce. Le tenebre non sono per
sempre. Ebbene, Matteo che conosce bene questa storia, quando vede Gesù a
Cafarnao, non può che dire: Ecco la luce annunciata da Isaia, è Gesù! Il
trasloco dunque indica che le tenebre non sono per sempre, c’è speranza nel
mondo. Avete sentito il racconto di quel ragazzino pakistano che è morto
impedendo ad un kamikaze di lasciarsi esplodere in una scuola? «Sua madre ha
pianto – ha detto il padre – ma il suo gesto ha impedito a molte altre madri di
piangere». A volte il kamikaze è anche qui da noi e dentro di noi. È una logica
distruttiva che getta oscurità, veleno, morte. Lavori in un’azienda che produce
carrozzelle per disabili e ti rendi conto che la logica del profitto viene
prima della gente malata a cui è consegnato un prodotto difettoso e criminale
per non perdere il guadagno. Chi vuoi essere? Un kamikaze o uno che costruisce
futuro? Il trasloco che l’umanità attende è un trasloco di speranza, luce nella
notte.
3. Infine
il trasloco è retto da una logica partecipativa nella quale Gesù chiama altra
gente con sé. Sono i primi discepoli, inizio di una nuova relazione che Gesù ha
in mente non solo per i primi chiamati, ma per ogni uomo: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Letteralmente: Vi farò pescatori di vivi. Tu traslochi non
quando ti isoli, ma quando imposti relazioni di vita. E le relazioni di vita
sono quelle che non catturano. S. Paolo nella seconda lettura ci ricorda l’esistenza
di una comunità divisa tra i primi evangelizzatori: Io sono di Paolo, io sono di Cefa, io sono di Apollo… A volte
vediamo che queste catture sono anche a casa nostra: catture del figlio per
isolare il coniuge, o i nonni, o la nuora; cattura del padre per difendere l’eredità
dal fratello; cattura del coniuge per piegarlo alle proprie esigenze, alla
propria idea di famiglia. C’è una nuova famiglia di figli e di fratelli che Gesù
ci indica e qualche volta è salutare “traslocare”, non dalla propria casa, ma
da quella prigione che ne sequestra l’identità.
Il regno di Dio è vicino. Convertitevi
e credete al vangelo. Gesù inizia la sua predicazione
indicandoci un necessario trasferimento di prospettive. Così il suo regno si
diffonde e così entriamo a farne parte.