domenica 12 maggio 2013

Omelia 12 maggio 2013

Ascensione del Signore 2013

A Gerusalemme, nella piccola moschea che oggi racchiude il luogo dell’ascensione, viene custodita una roccia dove ci sarebbe l’impronta del piede destro di Gesù. Ma l’orma autentica di Gesù non è quella che egli lascia sulla pietra, bensì nel cuore dei suoi discepoli mentre li saluta per raggiungere il Padre. L’evangelista Luca, ci consegna la scena alla fine del vangelo e all’inizio del libro degli Atti e in essa indica l’eredità che il discepolo raccoglie mentre il suo Signore sale al cielo.

1.     L’eredità anzitutto è Gesù, la sua presenza che nuovamente raggiungerà i discepoli mediante il dono dello Spirito. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso. Il cristianesimo non ha il volto della nostalgia, ma quello della presenza: non viviamo di bei ricordi ma del Vivente che ci accompagna e ci riveste di forza dall’alto. Il nostro cristianesimo occidentale ha sviluppato la consapevolezza dell’operosità puntando molto sulla responsabilità dell’uomo, sulla sua iniziativa e il suo impegno. Quello che talvolta dimentichiamo è il mistero della presenza di colui che ci abita. Mediante il dono dello Spirito, Dio diviene parte di te e tu divieni parte di lui. Sei abitato. Nei giorni scorsi il sessantenne cantante emiliano Giovanni Lindo Ferretti, nell’ambito di un convegno ha parlato della sua esperienza di conversione, da militante comunista anticlericale alla riscoperta cristiana. E ha detto: Avevo perso la fede ma la fede non ha mai perso me. Sono tornato a casa. Nel nostro cuore c’è la presenza di Dio che non ci perde e pazientemente ci riporta a casa.

2.     Una seconda eredità è la sua parola. Così sta scritto: il Cristo. Gesù insiste perché i suoi discepoli ricordino tutto quello che ha fatto e insegnato e perché vivano di tale messaggio. L’orma che ci accompagna è il Vangelo che custodisce la bella notizia della risurrezione ma anche il cammino che ad essa ha portato. Se vivi di quella parola anche tu risorgi e sali al cielo, come Gesù. Di quale parole viviamo? Oggi siamo stregati dalle parole in streaming e pensiamo che averle a disposizione subito e avere le parole di tutti possiamo cambiare le cose. Ma non si tratta solo di controllare le parole: si tratta di capire che parole ci muovono, di quale parola ci fidiamo, quale opera novità. E purtroppo non sempre attiviamo lo streaming evangelico. Lo scorso mese è uscito “Il male ero io”, libro testimonianza di Pietro Maso, quel ragazzo che nel 1991 a 19 anni ha ucciso i suoi genitori. È in buona parte la storia di un cambiamento avvenuto mediante l’incontro con un sacerdote che è riuscito a bucare l’isolamento nel quale il giovane si era rinchiuso ed era stato confinato. Parlando del prete, Pietro Maso dice: «A volte era paterno. Altre duro, aspro. Non sapevo mai cosa aspettarmi. Ma c'era sempre. Non ha mai saltato un sabato. La sua fede, la sua tenacia, mi hanno dato una forza incredibile. Se lui faceva questo per me, dovevo diventare degno del suo sacrificio». E poi il giorno dell’incontro con le sorelle, con tutta la paura di affrontarle, loro che fanno il primo passo e gli dicono: «Pietro, ti vogliamo bene, sei nostro fratello». «Ho gli occhi chiusi. Dio mi sta facendo il regalo più grande della mia vita. Non posso crederci, sta succedendo davvero, a me. Non me lo merito». Ecco, quando si liberano parole evangeliche, nella vita succede l’inaudito.

3.     La terza eredità sta negli ultimi gesti di Gesù: «Alzate le mani li benedisse». La benedizione nella bibbia è un momento importante: benedire vuol dire consegnare il senso della vita. E Gesù lo fa alzando le mani. Come se volesse dire: il senso della vostra vita è in alto. Non lasciatevi appiattire. Cercate sempre orizzonti più grandi di quelli che vi accerchiano e che cercano di imprigionarvi. Qui sta la vostra benedizione. Ci troviamo ormai di fronte a un appuntamento elettorale che interessa la nostra città e, lo sappiamo, i cristiani sono presenti in tutti gli schieramenti. E per tutti c’è stima, anche se alla fine qualcuno sarà eletto, qualcun altro no. A tutti però diciamo: dateci la benedizione dell’alto! Una politica alta: che non si insterilisca nelle polemiche partitiche ma intraveda il bene comune. Un’amministrazione alta: che non sia solo tombini ma sforzo di ripensare questa città. Un servizio alto: che non si limiti alle polemiche sugli stipendi, ma intraveda il senso di una missione. L’alto non cancella il basso, la concretezza e l’urgenza delle problematiche, ma gli impedisce di fossilizzarsi, di confondere la terra con il cielo di cui sempre abbiamo bisogno per capire chi siamo e dove siamo.

Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. La festa dell’ascensione – lo abbiamo capito – non riguarda solo Gesù. Ci appartiene. E ne viviamo un frammento ogni volta in cui anche noi, accanto allo ius soli, come facciamo in questo tempio, ricerchiamo lo ius caeli, che Dio stesso ci ha garantito.