sabato 11 giugno 2016

Omelia 11 giugno 2016


UNDICESIMA DOMENICA DEL T.O.



Vi ricordate la favola di Biancaneve: «Specchio, specchio delle mie brame che è la più bella di tutto il reame?». La sindrome dello specchio è più diffusa di quel che pensiamo e col tempo si è geneticamente modificata. Non colpisce più solo l’idea di bellezza, ma anche quella della bontà, della correttezza, dell’ineccepibile pretesa non solo di essere a posto, ma di essere anche migliori degli altri. Qui a Godego il virus è abbastanza diffuso e agisce ancor prima che ne rilevi l’esistenza: quando uno si affretta a dirti tutto il bene che ha fatto per gli altri, per la contrada, per la parrocchia… E magari è anche vero: solo che talvolta si dimenticano altre vicende che il virus ha meticolosamente cancellato dalla memoria. Egemonie per difendere il proprio territorio, prevaricazioni per affermare la propria volontà, dissapori che sono diventati fossati. Ma credi di essere se non il meglio, almeno meglio di molti altri. Gesù a casa di Simone il fariseo, si trova in una situazione analoga. Nel contesto di un invito a pranzo arriva una donna, cosa sconveniente perché nella mentalità di allora il banchetto era riservato ai soli uomini. Inoltre non si tratta di una donna qualsiasi: è un personaggio ben noto che anima le notti della città, forse anche quelle di Simone e dei suoi amici ineccepibili. E questa donna scoppia a piangere, (brecho, verbo del lavandaio che mette i panni in ammollo) cosparge di profumo i piedi di Gesù, li bacia e li asciuga con i suoi capelli. Un gesto pieno di tenerezza ma certamente fuori di ogni codice di opportunità, di rispettabilità e di convenienza che suscita imbarazzo, scandalo, graduatorie… vediamo cosa succede.


1.    Prima reazione è il sospetto e il pregiudizio. Se sapesse che genere di donna è questa… Vedete il pensiero del fariseo? Non è una donna, ma un genere di donna, una che porta un’etichetta infamante: amartolós, peccatrice, fatta di peccato. Il sospetto si regge su una persuasione che cerchi di avvalorare in tutti i modi. E selezioni: prendi quello che ti serve, che corrisponde alle tue idee e scarti tutto il resto. Pensate a un coniuge che sospetta dell’altro: osserva, controlla, verifica, cerca nelle tasche, nella messaggistica. È deluso se non trova conferme, mentre se trova un indizio dice: «Ecco, lo sapevo. Avevo ragione». Il sospetto inacidisce, logora i legami, fa vivere di ombre. E spesso ciò che uccide i rapporti non è ciò che si sospetta, ma il fatto di sospettare, di vivere con qualcuno cercando di prenderlo in fallo, di cercare corrispondenze tra la persona e le etichette che in maniera pregiudizievole le hai già attaccato, magari con la presunzione di avere Dio dalla propria parte o di insegnare anche a Dio: Se sapesse che genere di donna è…


2.    Gesù mostra un’altra logica. Non fugge e prende tempo. I gesti di quella donna possono essere strani, equivoci? Prima di etichettarli Gesù aspetta, accoglie, sta a vedere. E poi chiama il padrone di casa: «Simone ho una cosa da dirti…». Non ha qualcosa da dire alla donna, ma a Simone. Ecco, anche noi dobbiamo smetterla con le nostre supposizioni, i nostri film e metterci ad ascoltare il Signore. Cosa vuole dirci? A volte noi presentiamo al Signore le nostre situazioni difficili, ma non lo ascoltiamo. È un monologo, non preghiera. Guarda che il Signore qualche volta non dice quello che hai in mente tu. Sovverte i tuoi criteri di giudizio e anche i giudizi che esprimi sugli altri. Guarda che forse non è il vicino di casa che non capisce niente: sei tu che vuoi spadroneggiare; guarda che tua suocera che ti vuol parlare e che vuol vedere i suoi nipoti non è quel mostro che credi tu. E se ti ha chiesto perdono e tu non glielo dai, il mostro sei tu. Guarda che se il cane abbaia e il vicino si lamenta non è detto che sia nevrastenico di suo. Può darsi che rimanendo sveglio ogni notte nevrastenico lo stia diventando grazie al tuo amico a quattro zampe con cui vai a caccia. Simone, ho qualcosa da dirti…


3.    Infine Gesù descrive una serie di atteggiamenti che ha registrato. «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece… Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi…». Da un lato c’è un’ospitalità deferente ma fredda, dall’altra ci sono i gesti dell’affetto. E Gesù conclude: «Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato». Ciò che conta per Gesù non è l’osservanza delle consuetudini o delle leggi, non sono i giudizi che vorrebbero insegnargli gli uomini, ma la capacità di accoglierlo nella vita mettendosi con verità di fronte a lui. Quella donna non fa paragoni, non mette etichette. Sa di aver bisogno di misericordia e la chiede con verità, con la forza dei gesti. Ecco ciò che conta, dice Gesù, vinci la tua presunzione di essere il più bello del reame e lascia che la misericordia di Dio ti stringa e dica anche a te: Ti sono perdonati i tuoi molti peccati perché hai molto amato.