lunedì 29 agosto 2011

Omelia 28 agosto 2011

Ventiduesima domenica del T. O.

Un antico proverbio cinese dice: Su una piccola pietra inciampò l’imperatore. Un modo per dire che nessuno è mai al sicuro e che talvolta le insidie si nascondono nelle situazioni in cui ci si sente più garantiti. È quello che è capitato a Pietro. Di fronte a Gesù ha professato la sua fede: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Un’affermazione cui aveva fatto seguito il compiacimento di Gesù: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa». Ma quando Gesù spiega che essere il Cristo significava andare a Gerusalemme ed essere crocifisso, Pietro non ci sta più: lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Pietro pensa di poter insegnare a Gesù che cosa vuol dire fare il messia e la prospettiva di una morte ignominiosa proprio non rientra nelle possibilità. Gesù, per tutta risposta, torna a voltarsi e dice a Pietro: Tu mi sei di scandalo. Scandalo è una parola greca che indica la pietra insidiosa su cui si inciampa. E Pietro, la salda roccia della chiesa nascente, è definito proprio così. È un sasso d’inciampo rispetto a Gesù e a quel disegno che il Padre ha in mente per lui.

1.    Anche nella nostra vita può funzionare così. Abbiamo professato la nostra fede in Gesù e pensiamo di dovergli insegnare il mestiere: come si salva e come ci salva. Pensate ai numeri straordinari della GMG. Non c’è alcun evento al mondo che possa raccogliere simultaneamente due milioni di giovani. E ci piacerebbe questo cristianesimo molto visibile, di grande impatto mediatico, capace di imporsi con una sua chiarezza e forza. Ma se guardiamo con attenzione come alcuni media laici hanno letto questo straordinario incontro giovanile capace di dare un segnale di speranza a questo nostro vecchio continente c’è da rimanere disorientati. Qualsiasi gay pride avrebbe ottenuto più visibilità giornalistica. È importante manifestare la presenza cristiana soprattutto a giovani che hanno bisogno di segni. Ma il segno non sono le folle numerose, bensì la croce da portare anche quando la festa finisce e si torna a casa. «Va’ dietro a me». Ecco il posto del cristiano: dietro a Gesù, rinnegando se stesso e portando la croce.

2.    Dov’è che oggi intravediamo quella croce? Mi pare che essa corrisponda proprio al cristianesimo di minoranza nel un contesto secolarizzato in cui viviamo: la sensazione di essere poco significativi, perdenti in mezzo a osservazioni o critiche da parte di chi ha ragioni da vendere. Provate a pensare alla polemica montata ad arte contro la chiesa accusata di essere il grande evasore fiscale del momento. Freezer e microonde. Dal freezer vengono estratte vecchie questioni e riscaldate al microonde mediatico riproponendo il caso della chiesa agevolata che elude la scure fiscale. La chiesa gode dell’esenzione Ici per gli immobili non destinati a attività di reddito e utilizzati per fini assistenziali e educativi come ne gode qualsiasi altro ente no profit, anche laico. E non basta inserire una cappella all’interno per garantire tale prerogativa che, a norma di legge, riguarda l’intero immobile. Adesioni su Facebook, pagine e pagine di giornali faziose, basate sulla disinformazione e sull’esclusione di ogni possibile contraddittorio. Calunniate, calunniate che qualcosa resterà. E qui noi continuiamo a portare la croce, invece di darla sulla testa a qualcuno o invece di deporla, come sarebbe più conveniente, perché sappiamo che c’è in gioco un bene più grande: non tanto quello della chiesa ma quello del paese, dei giovani, degli anziani, delle famiglie anche di quelli che contestano la chiesa e usufruiscono dei suoi servizi. E perché sappiamo che vi è un valore di solidarietà che va al di là delle polemiche. Rinnegare se stessi vuol dire mettere da parte anche il nostro amor proprio, la volontà di rivalsa e di continuare a fare con serietà ancora più grande quello che abbiamo sempre fatto in termini di servizio e di condivisione.

3.    Perché ci comportiamo così? Cosa ce ne viene? È l’atteggiamento di chi guarda avanti. Quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? Il cristiano non cerca successo o plauso ma vita ed essa non sempre corrisponde ai criteri più di moda né alle rivendicazioni per poterla affermare. Ci arrabbiamo tanto in questi giorni per lo sciopero dei calciatori e il rinvio d’inizio campionato. E ci indigniamo per i capricci di strapagati giocatori. Ma chi mantiene tutto questo apparato? Lo mantiene il tifoso, criticando una logica che alla fine sostiene e per la quale paga. Prova a fare a meno di fare l’abbonamento Sky calcio, solo per un mese, solo per dare un segnale. Vediamo cosa succede. Vediamo se riusciamo a far capire a questi signori com’è la vita reale e a capire che essa vale né per i miliardi che si portano a casa né per quei 90 minuti di circo, che non si può dire certo “regalano” ogni domenica.

Pietra solida o pietra d’inciampo? Il crocevia di Pietro è sempre di fronte a noi. C’è però un modo per non inciampare: lasciarsi sostenere dalla croce, dal suo stile, dal suo orientamento.

Se volete documentazione su Chiesa e Ici, andate a consultare questo dossier: http://www.avvenire.it/shared/laveraquestua/la%20vera%20questua.pdf 

domenica 21 agosto 2011

Omelia 21 agosto 2011

Ventunesima domenica del Tempo Ordinario

La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo? Ma voi, chi dite che io sia? Queste due domande si incrociavano dentro di me martedì scorso quando ho percorso a Gerusalemme l’antica Via dolorosa che ancor oggi accompagna i pellegrini dal luogo della flagellazione di Gesù al Calvario ora racchiuso nella Basilica del S. Sepolcro. Mentre salivamo meditando le stazioni della Via crucis non si poteva sfuggire allo sconcerto generato dallo scarto tra l’intensità del momento spirituale e la confusione che ci girava intorno. Il suk arabo che offriva i suoi prodotti, il canto del muezzin dagli altoparlanti, un fotografo pazzo che sparava raffiche di scatti sulla nostra salita reggendo con una mano la macchina e con l’altra il cellulare. Che dice la gente di Gesù? Proprio la sua terra, nella quale i cristiani rappresentano solamente il 2% della popolazione, dice che può essere un fastidio o un elemento folcloristico, o un buon affare.

1.    Non è diverso in fondo da quello che viviamo anche in Europa in questo momento storico segnato da una certa indifferenza e insofferenza rispetto al cristianesimo. Lo abbiamo visto sullo sfondo di quegli indignados che contestano la visita del papa a Madrid in occasione della GMG. Non c’è solo una questione economica a indignarli, ma anche una riserva in ambito religioso, dato che in alcuni cartelli apparivano slogan del tipo: Chiudere il vaticano, Guantanamo dei cervelli. Bisognerebbe capire se l’intelligenza te la spegne il vaticano o una certa cultura laicista che avendo chiuso le porte all’esperienza religiosa ne dichiara l’inconsistenza e l’inesistenza. Cosa ci fanno tanti giovani a Madrid? «Molti di loro – ha risposto il papa -vedono la superficialità, il consumismo e l’edonismo imperanti, tanta banalizzazione nel vivere la sessualità, tanta mancanza di solidarietà, tanta corruzione. E sanno che senza Dio sarebbe arduo affrontare queste sfide ed essere veramente felici». Che dice la gente? È importante la prima domanda di Gesù. Può farci prendere contatto con l’ostilità di qualcuno, ma può farci capire che nel cuore di molti – come sempre ricordava il papa- c’è la voce di Dio che li spinge a cercarlo più assiduamente.

2.    Ma dopo la prima ricognizione, Gesù incalza con la seconda domanda: Ma voi, chi dite che io sia? L’interrogativo è introdotto da una congiunzione che segna una certa distanza: ma voi. Un ma che allude a un rapporto con Gesù nel quale si sviluppa una diversa conoscenza, quella di Pietro: Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente. E Gesù: Beato te Simone perché non la carne e il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. Pietro è partecipe di un modo nuovo di vedere Gesù che gli è suggerito non da laboriose elucubrazione, né dalle idee in voga ma da una intuizione interiore che ha per artefice Dio stesso. Noi impieghiamo tante energie per rendere ragione della fede e ci pare che le ragioni di chi non crede siano più forti delle nostre. Ma chi ha detto che il criterio di verifica di ciò che è vero sia sempre la pretesa di documentare tutto? Il viaggio in Terra Santa è affascinante per il rapporto bibbia-archeologia. Ma dove si rivela la vera conoscenza: nelle pietre di Gerico, più antica città del mondo, o una donna anziana che entra a fatica con te nel S. Sepolcro e scoppia in pianto? Ma voi, chi dite che io sia? A Dio si accede per mezzo di Dio, se gli dai fiducia, se credi a quelle intuizioni a volte semplici che cominci a vedere quando rinunci alle tue pretese e cominci a considerare plausibile anche quello che non sembrerebbe tale.

3.    Ma non è in gioco solo l’identità di Gesù. Da quell’intuizione sorprendente segue la percezione di una nuova identità anche per Pietro: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa. Parole che alludono a Pietro e ai suoi successori. Parole che però riguardano ogni credente perché quando nella fede dici un “tu sei” a Gesù, anch’egli ti restituisce un “tu sei” che ti manifesta la tua novità. Tu sei Cristo. E tu chi sei? Nel Monzese è stato ucciso un ragazzo, durante una lite e la sua mamma - annotano le cronache - nel pianto e nello sgomento del giorno dopo, rivolgeva il pensiero al ragazzo “assassino”. «Piango anche per lui, chissà come si sente». E al momento del funerale: «Voglio fare arrivare un abbraccio al ragazzo che mi ha tolto il figlio e alla sua famiglia, in attesa di un incontro. Perché deve vincere il bene». A Torino, invece, il gioielliere che ha sparato a un rapinatore, uccidendolo, di fronte a quanti gli mostravano “solidarietà” per il “coraggio” avuto, con la testa tra le mani ha detto: «Sto male. Mi hanno detto che era sposato e che aveva due bambini. Non posso accettare l'idea che non rivedranno mai più il loro papà perché l'ho ucciso io». Se hai conosciuto Gesù ciò che sembra normale non lo è più: scopri una nuova identità che ridisegna la tua vita in maniera diversa.

Ma voi, chi dite che io sia? “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”, dice lo slogan della GMG. Comprendiamo che non è solo questione di memoria da custodire, ma di umanità da interpretare. Quella che ha vissuto quel tale di nome Gesù e quella che siamo chiamati a vivere in lui e con lui.

domenica 7 agosto 2011

Omelia 7 agosto 2011

Diciannovesima domenica del T. O.

«Eravamo trecento. Ma un centinaio, soprattutto donne, non ce l’ha fatta e gli uomini sono stati costretti a buttare in acqua i loro corpi». Sono le parole drammatiche dei sopravissuti all’ennesima tragedia del mare che è approdata a Lampedusa in questa settimana. E di fronte a questi fatti siamo sconcertati. Ci viene da chiederci dove fossero i soccorsi, specie se qualcuno ha fatto finta di non vedere e di non sentire e ci viene da chiederci dove fosse Dio, dato che lui ci vede e ci sente benissimo.
La vicenda di Elia è emblematica. Il profeta sta fuggendo da Gezabele, moglie straniera e idolatra del Re Acab, che aveva importato in Israele i culti pagani cananei. Elia aveva fatto uccidere tutti i profeti di Baal e Gezabele insegue il profeta per metterlo a morte. E in quella fuga disperata tra deserto, monti e dirupi, Elia cerca Dio: dov’è andato a finire in quel momento drammatico in cui ha bisogno di lui? Ed ecco ci sono dei segni nei quali Dio potrebbe rivelarsi: il vento, il terremoto e il fuoco. Elia cerca un Dio potente, in grado di farsi chiaramente percepire, capace di sbaragliare il nemico e di affermare in maniera energica il suo dominio. Ma in ciascuna di queste esperienze ecco la constatazione: il Signore non c’era. Finché Elia percepisce una brezza leggera e in quell’alito di vento riconosce la presenza di Dio. Dio sta insegnando al profeta un’altra modalità per poterlo riconoscere: Dio è presente anche quando ti pare di non vederlo, anche quando i modi con cui si presenta non sono quelli che ti aspetteresti. Così anche nella vita cristiana: Gesù risorto è presente ma non come vorresti tu. Viene come un’ombra sul mare tumultuoso della vita e aspetta che ti accorga di lui. Vediamo quello che succede seguendo il vangelo di oggi. Anche Pietro e i suoi amici infatti fanno una certa fatica a riconoscere Gesù.

1.    Anzitutto il contesto. È quello di un mare agitato e di un vento contrario. Finché si mangiano i pani della moltiplicazione è semplice riconoscere il Signore. Ora sembra un estraneo, un fantasma. È quello che ci capita: quando siamo a messa, di solito non ci poniamo troppi problemi e possiamo pensare che quel momento ci faccia bene. Ma nella vita è un’altra cosa, specie se essa ci riserva momenti dolorosi come la morte improvvisa di un quarantenne nel pieno della sua vitalità professionale, sportiva e familiare. E' quello che viviamo questi giorni a Treviso. Dov’è Dio? Ci sembra impossibile che possa rivelarsi in una simile circostanza. Eppure lui è già là. Non toglie il pericolo dalla nostra vita, ma nel pericolo ci invita a fare un po' di conti: di chi ti fidi? Dove riponi la tua sicurezza? La nostra vita sarà sempre segnata dalla fragilità e dalle forze della morte. Esse appartengono ad una creazione che ancora attende la liberazione dal male. Ma quella liberazione sarà possibile solo se vi partecipi con Gesù, se ti fidi di lui e accogli il suo invito: «Coraggio, sono io, non abbiate paura». Senza di lui restano i fantasmi.

2.    Pietro però non è del tutto convinto e chiede: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». In questa affermazione c’è qualcosa di bello: andare verso Gesù. Ma c’è anche una condizione che viene posta: sulle acque. Gesù tuttavia accetta la richiesta: «Vieni». Come se Gesù volesse dire al discepolo: “Prova. Se ti fidi di me cammini anche dove sembra impossibile”. C’è un cortometraggio che ha avuto un sacco di visualizzazioni su internet: Il circo della farfalla. È la storia di un uomo che lavora in un circo e riesce a tuffarsi nel classico barile d’acqua lanciandosi da un’altezza incredibile. Niente di strano se non che l’acrobata è un tronco d'uomo, senza braccia – solo qualche centimetro d'omero sporgente – e senza gambe, con due «piedini» focomelici per reggersi e spostarsi come può. Ebbene quell’uomo è interpretato da Nick Vujicic un giovane australiano di 29 anni che nonostante la menomazione fisica testimonia una fede incrollabile e ripete ai tantissimi giovani e malati che incontra: tutto posso in colui che mi dà forza. Se ti fidi di Gesù a volte puoi camminare sulle acque. Puoi rischiare un equilibrio anche quando sembra impossibile.

3.    Ad un certo punto però Pietro è in difficoltà. È preoccupato di quel vento che soffia, sta affondando e ritorna la paura. «Signore, salvami!». Gesù lo afferra e lo interroga: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Come dire: attenzione a non lasciarti prendere dall’entusiasmo: la fede domanda tenacia, resistenza, pazienza. In questi giorni mentre sui giornali locali vi è una certa insistenza sul diritto di morire, mi facevano pensare le parole di una catechista vicina a Castelfranco che da parecchi mesi sta assistendo il papà in uno stato vegetativo. “Facciamo così perché gli vogliamo bene”. E quel bene si trasforma nel gesto di Gesù che afferra e ti afferra. Afferra il padre malato, restituendogli dignità, afferra i suoi congiunti che non si lasciano trasportare dalle ondate emotive e hanno il coraggio di rischiare il vento contrario delle opinioni prevalenti.
Dov’è Dio? Dio ha rinunciato allo show e al gioco di prestigio. Si rivela tra le luci e le ombre, per restituirci il gusto della ricerca e perché alla sua mano tesa possa corrispondere anche la nostra. Fiduciosa e consapevole.

Se volete vedere il film:

sabato 6 agosto 2011

Omelia 31 luglio 2011

Diciottesima domenica del T. O.

«O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte». Vorremmo che queste parole del profeta Isaia potessero essere rivolte alle popolazioni della Somalia vittime di una grave carestia che mette in pericolo la vita di 12 milioni di persone, 2 milioni dei quali bambini. A partire dal mese di gennaio, oltre 96.000 persone sono fuggite in Kenya, più di 74.000 in Etiopia e circa 2.500 a Gibuti, Paesi a loro volta colpiti dalla più drammatica siccità nella regione degli ultimi 60 anni. Ci piacerebbe che Gesù operasse anche oggi la moltiplicazione dei pani affinché tutti mangiassero a sazietà. Ma se il miracolo è possibile, esso avviene, oggi come allora, mediante Gesù e i discepoli, con le sorprese di cui lui è capace e con la nostra responsabilità. L’evangelista Matteo, più di ogni altro, ricordando questo episodio vuole sollecitare la comunità cristiana a non dimenticare i gesti di Gesù: Spezzò i pani, li diede ai discepoli e i discepoli li diedero alla folla. Anche in Somalia. Come si realizza tale eventualità?

1.    Anzitutto evitando i congedi. Il luogo è deserto ed è ormai tardi. Congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare. Si congeda la folla perché in realtà da essa ci si intende congedare. Teniamoci a debita distanza. Pensate proprio alla Somalia e pensate se essa trovava posto nell’ultimo telegiornale che avete visto. Eppure il deserto libico ci viene proposto con regolarità. Forse perché in quello somalo non cresce alcunché mentre in quello libico qualche interesse lo portiamo a casa, magari non subito. Il deserto più minaccioso non è quello esposto alla carestia ma quello dell’indifferenza e della superficialità vacanziera: dopo tutto anche noi abbiamo i nostri problemi e, se non vediamo l’esodo del Corno d’Africa, vediamo però quello estivo con quegli insistenti servizi TG che ci presentano le file inquietanti di auto sulla Salerno-Reggio! Non possiamo mica far fronte a tutti i problemi del mondo: congeda la folla dei disperati perché vada altrove: noi siamo al casello! Gesù riapre la sfida della partecipazione e dell’interesse: Voi stessi date loro da mangiare. È questa provocazione che inizia a sottrarre spazio al deserto. A quello fisico e a quello del cuore: di entrambi Gesù è preoccupato.

2.    Un secondo atteggiamento è il calcolo delle possibilità. Non abbiamo altro che cinque pani e due pesci, dicono i discepoli. Portatemeli qua, risponde Gesù. I discepoli ragionano con la loro stretta logica quantificativa, guardando dentro la borsa. Gesù si guarda intorno e fa sedere la gente sull’erba. Ma come? Non era un luogo deserto? Quando ti accorgi dell’altro e lo fai sedere accanto a te inizia spuntare l’erba. Se guardi solo la borsa ne rimani imprigionato: tutto si risolve al suo interno. Se ti guardi intorno forse scopri nuove possibilità. Pensate a come in questo periodo siamo preoccupati della borsa: della borsa in mano a Tremonti, dei listini di Borsa, della borsa della spesa. Il vangelo sembra indicarci una strada di solidarietà della quale anche i ferrei principi dell’economia si stanno rendendo conto nel tempo della globalizzazione. Perché se il cibo si concentra su un terzo dell’umanità, gli altri due terzi lo verranno a cercare. Non abbiamo altro che cinque pani e due pesci. Partiamo da qua. Partiamo ad esempio da quei 200 quintali di pane che ogni giorno a Roma finiscono nelle immondizie. Forse qualche pagnotta fa la stessa fine anche a casa nostra. Partiamo dallo scandaloso business del cibo per cani e per gatti: ora anche per gatti sterilizzati. Certo, forse non avendo altre soddisfazioni diamogli il salmone migliore e quando muoiono portiamoli in elicottero in Costa Smeralda! Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Ciò che sazia l’uomo è solamente l’altro, riconosciuto e accolto.

3.  Ma Gesù non si limita al pic-nic. Il gesto della condivisione avviene perché c’è quello della benedizione. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione. Gesù si guarda intorno e guarda in alto, cerca il Padre suo, il suo progetto di salvezza sull’umanità. Il pane si moltiplica se scopri che c’è un Dio che ha a cuore la situazione di tutti i suoi figli, che la destinazione dei suoi beni è per tutti, che egli grida con la voce del povero, anche con quella che vorremmo zittire. E dobbiamo ricordarcelo noi, paesi occidentali, tentati dall’indifferenza religiosa e dal secolarismo. E se lo devono ricordare anche coloro che in Somalia in nome di un Islam fanatico e ostile hanno scatenato la guerra civile per diffondere un integralismo che in nome di Dio pretende di imporre sudditanza e controllo. Che Dio hai incontrato? Se ogni domenica ti ritrovi in questa chiesa per spezzare il pane in nome di Dio, questo gesto non può che diventare il tuo stile. Uno stile che crea nuova mentalità e uno stile che crea solidarietà, nelle parole e nei gesti, in ciò che si deve mantenere e in ciò che si può cambiare.