Giuliano
Santi (3 mag. 2017)
Letture del giorno. 1Cor 15, 1-8 - Gv 14,6-14
Signore, mostraci il Padre e ci basta.
Questa domanda di Filippo a Gesù ci aiuta a ricordare la figura di Giuliano
Santi la cui vita di religioso salesiano e di missionario è stata un segno
particolarmente luminoso della vicinanza e della compassione di Dio non solo
per i ragazzi per i quali Giuliano si è speso, ma anche per tutti coloro che lo
incontravano e collaboravano con lui. Mostraci
il Padre. Dove Giuliano ci ha aiutato a vedere la presenza di Dio?
1. Anzitutto
nel suo carisma salesiano. Aveva maturato tale vocazione frequentando
l’Istituto Arti Grafiche di Colle don Bosco, negli anni che seguivano la
Seconda Guerra Mondiale. Lì, misteriosamente, si intrecciavano tre sensibilità
che avrebbero segnato tutta la vita di Giuliano. Un mestiere imparato con
passione e creatività, la vita interiore coltivata nella preghiera, la bellezza
di una famiglia allargata nella quale anche i ragazzi trovavano posto. Giuliano
mise queste tre intuizioni nelle mani di Dio e nel 1952 divenne salesiano. Viveva
un rapporto strettissimo con la sua Congregazione, quasi di devozione. Nessuna
decisione senza il consenso dei superiori e uno straordinario legame con d.
Bosco. Tant’è che un ragazzo cui gli si chiese se preferisse d. Bosco o il sig.
Santi rispose di preferire Giuliano, perché in lui ...vedeva d. Bosco! Vedere
Giuliano, vedere d. Bosco, vedere Gesù, vedere il Padre... Nella nostra vita
abbiamo questa straordinaria possibilità riverberare il mistero, di aprire finestre sul mondo di Dio, di conoscere e far conoscere la sua presenza e il suo amore.
2. Ma
il vangelo di oggi ci parla anche di opere.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere
che io compio e ne compirà di più grandi di queste. Giuliano nel 1957 partì
per l’India. Don Bosco aveva allargato il suo cortile anche ai ragazzi di
Madras. Giuliano piomba in un mondo che lo sconvolge: povertà, divisione in
caste, lingue e difficoltà di capirsi, mancanza di mezzi. “Mi muovevo come un
robot”, commentava e qualche volta vi è anche la tentazione di tornare a casa. Ma
non si perde d’animo. Giuliano sa che c’è Dio in azione: Qualunque cosa chiederete nel mio nome, io la farò. E, persuaso di
questo, comincia a dare forma alla Scuola Salesiana per Arti Grafiche (SIGA) che darà
futuro, dignità, lavoro a migliaia di ragazzi. E senza mai apparire, con molta
umiltà, rimanendo povero tra i poveri: nelle sue mani passava molto denaro, ma non una rupia rimaneva incollata alle sue dita. Giuliano diventa un maestro, un
fratello, un padre. «Ho sempre cercato di
fare mio il detto di d. Bosco: “Miei cari ragazzi, per voi studio, per voi
lavoro, per voi vivo, per voi sono disposto a dare la mia vita”». Le fatiche iniziali lasciavano posto alla sorprendente azione di Dio che operava le sue meraviglie: «Scendendo le scale per andare a riposo, mi sono domandato: Se dovessi tornare indietro nel tempo, cosa farei? Rifarei senza esitare la scelta fatta». Giuliano
però ha un’altra preziosa intuizione: crea ponti. Inizia a scrivere, a far
conoscere le situazioni, le persone e progressivamente tesse una rete di
solidarietà che dalla sua famiglia, da questa nostra comunità e da numerose
altre realtà sociali e imprenditoriali arriva a Madras. Non c’era solo il
sostegno economico: c’era un legame che portava l’India in Italia e l’Italia in
India. In questa maniera, non sono cresciute solo le strutture; è cresciuta
anche la nostra apertura del cuore e la nostra sensibilità missionaria.
Giuliano ha aperto i confini del nostro mondo e ci ha fatto capire che se
stiamo chiusi ci soffochiamo. Si vede il Padre nella misura in cui vediamo gli
altri come fratelli e nella misura in cui le mani si aprono nella carità.
3.
Infine Giuliano ci ha aiutato a vedere
la presenza di Dio anche in questi ultimi anni della sua vita, segnati dalla
malattia. «Ho accolto con gioia e fede la
vocazione salesiana e missionaria… ora accolgo con fede la prova della
malattia». Era un’occasione per essere vicino a chi pativa come lui e per
sentirsi accompagnato da quella comunità che era diventata la sua vita. Si spende una parte della vita per amare gli altri, ma scuola altrettanto importante è quella di lasciarsi voler bene. «Qui ho il sostegno di tante persone che mi
vogliono bene e che con il loro sorriso o con semplici ma tanto care
attenzioni si prendono cura di me. Da qualche mese sono in carrozzella, spinta
da angeli custodi, i ragazzi della scuola che mi sono vicini 24 ore su 24». A
quei ragazzi andava l’ultima sua opera: Il
canto del cigno, struttura a quattro piani per dare ospitalità agli studenti poveri che
provenivano da villaggi lontani e non trovavano in città la necessaria
sistemazione, se non a costi esorbitanti. Giuliano sapeva che il tempo ormai si
era fatto breve e si preparava all’incontro con il Signore: «L’8 marzo di quest’anno ho commemorato i
miei 60 anni in India. Con la nave “Vittoria” sono arrivato al porto di Mumbai.
Nel mio tramonto non lontano non mi resta che ringraziare il Padre di lassù». Un'altra nave era in arrivo. E
se sessant’anni fa, partendo da Genova, Giuliano non riusciva a staccare lo
sguardo da terra, ora crediamo che il suo sguardo raggiunga anche noi e ci
regali qualche riflesso della luce di Dio. Signore,
mostraci il Padre e ci basta. Signore, grazie di averci mostrato
il volto di Dio attraverso Giuliano, grazie perché la sua luminosa testimonianza ci parla di te.