sabato 24 novembre 2012

Omelia 25 novembre 2012

Cristo Re 2012

In questo clima preelettorale, le tematiche legate al governo e al buon governo non cessano di interrogarci. Quali sono le caratteristiche che vorremmo vedere in chi si prende cura delle sorti del paese? Quale regno vorremmo si stabilisse dopo gli anni di piombo, gli anni di mani pulite e gli anni di una crisi che investe non solo l’economia ma anche la percezione del bene comune? La festa di Cristo Re ci dà modo di riconoscere quale regalità ha in mente Dio e il modo con cui egli desidera affermarla sulla scena del mondo.

1.    La regalità innanzitutto ha a che fare con lui e con il suo Figlio. La domanda di Pilato è al crocevia della pretesa di Dio di regnare sul mondo e del sospetto ironico e guardingo nei suoi confronti. Dunque tu sei re? È quello che talvolta anche noi affermiamo rivendicando un’autonomia di giudizio e di potere priva di ogni riferimento trascendente. Non vogliamo che vi siano criteri e autorità più grandi di quelli che ciascuno riesce a stabilire e riconoscere in nome della libertà individuale. Ma in questa maniera non siamo più liberi e neppure più potenti. Ci consegniamo a quella che il Papa, da parecchi anni, chiama la “dittatura del relativismo”, tirannia che nasce proprio dove vorremmo morisse ogni tentativo di ingerenza sulla nostra vita. Pensate al dibattito sull’autodeterminazione sessuale che ci fa tanto discutere. Un giovane tedesco ha trovato spazio nei giornali dei giorni scorsi perché è innamorato del suo cane e la sessualità… la condivide con lui. Per il bene suo e dell’animale, come ha precisato. La questione ci sembra aberrante ma perfettamente in linea con le idee non sempre chiare di autonomia e di libertà che stanno avanzando. E in questo caso, ci sono due questioni che oggi appaiono imprescindibili: da un lato la libera scelta dell’orientamento sessuale, dall’altra i diritti degli animali. Noi inorridiamo per gli esiti della faccenda, ma quali argomenti giuridici possiamo opporre nel momento in cui un ordinamento civile esclude un’idea di uomo un po’ più grande della propria autodeterminazione? O quando la base del diritto è comune per uomini e animali? Togliamo Dio dall’orizzonte e non c’è più un progetto creazionale, un “cosmos”, un ordine. E regnano altre logiche. Dunque tu sei re?

2.     Un secondo aspetto su cui riflettere è la domanda con cui Gesù risponde a Pilato: Dici questo da te o altri ti hanno parlato di me? Qual è l’idea che ti appartiene? Hai un’idea? È una domanda di straordinaria attualità in questo tempo di omologazione in cui traiamo conseguenze e indicazioni per il vivere su presupposti non verificati. La questione riguarda anche noi cristiani affascinati a volte da pensieri che ci sembrano vincenti e che acriticamente assumiamo. Sull’Espresso del 9 novembre scorso, ad esempio, c’era un reportage di un viaggio a Gerusalemme di Piergiorgio Oddifreddi il quale, girando per le vie della città, incapace di leggere i segni del sacro, ma con la pretesa di saperlo fare, conclude dicendo: «La Gerusalemme cristiana è una specie di Las Vegas Celeste, in cui tutto è ovviamente fasullo, ma tutti fingono felicemente che non lo sia». Un approccio che non merita neppure l’appellativo di laico, tantomeno di scientifico, perché è guidato unicamente dalla superficialità e dal pregiudizio. Ecco, di fronte a questi guru siamo talvolta, se non affascinati, almeno disorientati, finendo così per attribuire loro le corrette prospettive dell’interpretazione dei fatti, anche della fede. Dici questo da te o altri te l’hanno detto? Guarda che Dio non ha bisogno delle verifiche di Oddifreddi e che nel tuo cuore e nel cuore della storia ci sono ragioni sufficienti per credere, a partire dai segni di Dio e da quel vangelo che hai ricevuto in dono. Se la matematica non può conoscere qualcosa, non è detto che qualcosa non ci sia. Attento a non ridurre il regno a quello che qualcuno ha in mente.

3.    E proprio questo orizzonte ulteriore ci può far riflettere, come appare dalla risposta di Gesù: Il mio regno non è di questo mondo. Gesù non sta identificando solo un confine tra la terra e il cielo, ma anche la diversa regalità di cui è interprete. “Non faccio il re come succede in questo mondo”. È infatti un re che dona la vita, che spende tutto se stesso per quel popolo che ama. È questo il regno che Gesù intende stabilire, nella direzione del servizio e della gratuità. Ne sentiamo il bisogno a livello politico, ma comprendiamo che la questione parte da lontano, da un ambito educativo che rischia di non suggerire più questa prospettiva. E la fatica che, in questa Giornata del Seminario, riscontriamo nell’ambito delle vocazioni al sacerdozio, ha a che fare con la stessa radice: il dono di sé. I politici (e i preti! e gli uomini!) di domani sono i ragazzi di oggi, ma se non li aiutiamo a capire che ogni uomo viene a questo mondo con un debito di gratitudine che non si restituisce se non con la gratuità, l’uomo perde se stesso, la vocazione che lo colloca nel mondo. Se vuoi regnare mettiti a servizio, suggerisce Gesù: ritroverai te stesso, gli altri e forse anche un quadro politico differente. Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo: lascia che regni e impara a regnare da lui.  

sabato 17 novembre 2012

Omelia 18 novembre 2012

Trentatreesima domenica del T. O.

Ormai ci siamo. La fine del mondo secondo il calendario Maya è prevista il 21 dicembre prossimo. E a confermarla sarebbe anche un asteroide vagante, grande come il Texas, che forse precipiterà sulla terra.
Ogni tanto simili previsioni tornano a evocare panorami apocalittici, a chiusura dell’umana vicenda. Li ascoltiamo inizialmente con una leggera apprensione che, in genere, si trasforma in battuta o in una scrollata di spalle. Gesto saggio da un certo punto di vista, che ci mette in guardia dai profeti di sventura e da visioni catastrofiste, ma non fino al punto da credere che un confronto su questo capitolo dell’esistenza non sia necessario. Non con i Maya o un asteroide, ma col vangelo, con quello che Gesù ci suggerisce in relazione a tale evenienza.

1.    Un primo aspetto su cui riflettere è proprio la conclusione della vicenda umana sulla terra. In quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo. Il sole per l’uomo biblico è il segno della vita che cresce e risplende, la luna scandisce l’avvicendarsi dei mesi e delle stagioni, le stelle indicano l’orientamento dell’uomo. La vita tra tempo e spazio: è l’esistenza umana e i suoi contorni essenziali. Gesù sta dicendo: non dimenticarti che l’orizzonte e i giorni in cui ti muovi sono sempre esperienza penultima e dunque destinata a finire. L’orizzonte ultimo, il giorno vero sono io. È una visione che non vuole farci paura, ma restituirci le corrette proporzioni della vita contro le strettoie di un secolarismo egemone che, se un tempo non ci consentiva di riconoscere l’oltre, oggi ci illude di essere i padroni dell’universo. Padroni della scena politica tanto da pensare di essere insostituibili, padroni della protesta tanto da trasformarla in devastazione, padroni di chi protesta, tanto da ricorrere alla violenza. Come stai vivendo i tuoi giorni? Hanno oscurato il giorno di Dio o gli lasciano ancora un posto?

2.    Un altro aspetto riguarda l’incontro di quel giorno. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con potenza e gloria grande. La fine del mondo è l’incontro con Gesù, non la catastrofe. Ed è interessante che Marco, il primo evangelista a raccontarci di Gesù, non aggiunga ulteriori riferimenti apocalittici, né introduca la scena del giudizio finale, come farà Matteo più tardi. A Marco preme rassicurare i cristiani ai quali scrive il suo vangelo che la bella notizia è proprio questa: Gesù ritornerà. E lo farà con la meticolosa preoccupazione di cercare tutti i suoi fratelli. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dall’estremità della terra all’estremità del cielo. Gesù cerca ogni uomo che ha creduto e sperato in lui: non perde nessuno di coloro che il Padre gli ha affidato. E manda i suoi angeli, un’immagine che corrisponde non solo al ritorno glorioso, ma a qualcosa che lo anticipa, nel momento in cui un angelo ci gira intorno e ci porta o ci riporta da Gesù. Il papa in questi giorni ha pubblicato il messaggio che accompagna la prossima GMG a Rio. Ricordando la celebre statua del Cristo Redentore sul Corcovado con le sue braccia aperte e accoglienti, il Papa dice ai ragazzi: "Siate voi il cuore e le braccia di Gesù! Andate e testimoniate il suo amore, siate i nuovi missionari animati dall'amore e dall'accoglienza!". Ecco, ogni volta che qualcuno ci riporta a Cristo o quando siamo noi a portargli qualcuno, noi affrettiamo e anticipiamo l’incontro finale.

3.    Un’ultima riflessione è legata all’immagine del fico e ai suoi germogli che preludono l’estate. Con essa Gesù ci restituisce il senso e il valore del tempo che stiamo vivendo. È la stagione del germoglio, diversa da quella rigida dell’inverno e da quella in cui si possono assaporare i frutti. Il cristiano si muove sulla scena del mondo facendo attenzione alle gemme nei quali Dio racchiude la sua novità. Sono i germogli che racchiudono qualche versetto del vangelo, la parola che non passa! Come quelli liberati nei giorni scorsi dai colleghi di lavoro di Mariangela, una commessa di 44 anni di Cagliari che, colpita da un ictus, era stata messa in mobilità, anticamera del licenziamento: «Noi siamo convinti che possa farcela e siamo pronti a impegnarci con tutte le nostre forze per aiutarla in ogni modo. Siamo convinti che anche una multinazionale, che deve preoccuparsi di mercati e bilanci, abbia un cuore: non può lasciare sola una sua lavoratrice che, a causa di un ictus, per il momento non può essere la stessa.  Mariangela è una donna capace e leale, sempre pronta al consiglio. Abbiamo rischiato di perderla quel maledetto 23 maggio e non vogliamo perderla mai più». Le difficoltà di Mariangela sono innegabili, ma i suoi colleghi puntano sul futuro, sul germoglio. E anche loro diventano un germoglio che sottrae interesse alla spasmodica domanda sulla fine del mondo, perché quello che conta non è la fine, ma il fine, il senso che dai alle cose. E quando liberi una parola di vangelo quel fine già comincia a realizzarsi e noi iniziamo a vederlo: In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. E non c’entrano i Maya, ma i discepoli di Gesù, che, in attesa del ritorno glorioso del Signore già ne scorgono i segni e su quei segni continuano a investire speranza.

sabato 3 novembre 2012

Omelia 4 novembre 2012

Trentunesima domenica del T. O.

Lo scrittore tedesco Herman Hesse, in una sua opera pubblicata dopo la morte, afferma: I libri hanno valore soltanto se conducono alla vita, se servono e giovano alla vita, ed è sprecata ogni ora di lettura dalla quale non venga al lettore una scintilla di forza, un presagio di nuova giovinezza, un alito di nuova freschezza. (Scritti letterari I, 1972).
Forse è anche l’idea che sta nel cuore di quello scriba che raggiunge Gesù per domandargli: Qual è il primo dei comandamenti? Uno scriba è uno che di libri se ne intende e in Israele il suo compito è quello di scrutare le Scritture, di commentarle, di ordinarle. Ma, ricondotte alla loro essenza, - sembra chiedere quest’uomo - quale messaggio contengono? Quale scintilla di vita?
È un’occasione che ci viene offerta per ripensare alla fede, ai comandamenti, alle parole che ascoltiamo ogni domenica, al modo con cui viviamo l’esistenza credente: che cosa viene prima? Che cosa racchiude in sé la giovinezza del cristianesimo?

1.    La risposta Gesù inizia a darla richiamando l’antico invito del Deuteronomio, che costituisce la preghiera che gli ebrei osservanti recitano anche oggi al mattino e alla sera: Ascolta, Israele. Per primo c’è l’ascolto. Israele prende coscienza della propria identità perché Dio parla. Questo è il primo comandamento: in quella parola che viene dall’alto è custodita la misura compiuta dell’esistenza, quella che ti ricorda il limite di molte altre parole che vorrebbero scalzarla. In questi giorni tra Londra e Edimburgo ci sono una serie di eventi legati al Fertility Show, dove si parla di concepimento, di gravidanza, di inseminazione, di interruzione. Appuntamenti tra conferenze e stand espositivi che affermano di promuovere la vera parità tra donna e uomo dando finalmente alla donna la possibilità di decidere di sé senza “rimanere vittima della propria fertilità”. E poi i centri fertilità che espongono le loro tecniche di fecondazione con diagnosi reimpianto che “garantisce l’eliminazione di embrioni di scarsa qualità”. Abbiamo scollegato l’ascolto di Dio nell’area della vita e immediatamente prendono posto altre parole, come quelle della Exelgyn, l’azienda che commercializza la pillola abortiva RU486, che è lo sponsor principale del congresso. Ascolta, Israele. Il Signore tuo Dio è l’unico Dio…

2.    Il secondo invito di Gesù è quello di collegare la propria vita all’amore. Qual è la scintilla del cristianesimo? L’amore. Ma perché l’amore sia tale, deve trovare sempre le proporzioni di Dio e l’affidabilità nell’altro. Le dimensioni di Dio ti ricordano che l’amore reca con sé tutto ciò che sei: il tuo cuore, la tua anima, la tua mente, la tua forza. Non lasciarti sottodimensionare in progetti che parlano d’amore, ma che mancano di affetto, di intelligenza, di volontà.
Il prossimo ti ricorda che l’amore non è un’astrazione, ma la possibilità di essere restituiti a se stessi e di capire che sei fatto per amare ed essere amato.
Su questo orizzonte d’amore sentiamo quanto siano strette alcune prospettive che oggi vengono barattate come amore nascondendo qualcos’altro.
Mi fa tristezza, ad esempio, il modo con cui un paio di emittenti televisive trattano la questione della sessualità, proponendo trasmissioni mascherate di educational, ad un target giovanile che, mentre sembra rigettare vecchi tabù, cade nelle secche di un amore immiserito nei saldi di fine stagione. Ma chi sono gli esperti dell’amore umano? La pornostar che ammiccando allo share interviene con i suoi preziosi consigli? I corsi accelerati di trivialità animalesche con cui puoi trasformare un rapporto di coppia stantio? E anche i sessuologi, guru della rinnovata intesa di coppia: abbiamo verificato che idea di uomo hanno in mente? Le indicazioni cristiane in materia di sessualità ci sembrano anacronistiche ma forse esse intendevano custodire l’amore e in esse l’uomo stesso. Con tutto ciò che gli appartiene e con l’altro che gli è affidato.

3.    Ed infine ci fa riflettere il modo con cui si conclude il dialogo tra Gesù e lo scriba: Non sei lontano dal regno di Dio. Vuol dire che siamo sulla strada giusta, ma c’è ancora un piccolo tratto da fare. Perché il primo comandamento cristiano non è “ama Dio e ama il prossimo” ma quello di Gesù: Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. La forza del cristianesimo è nel come di Gesù. È un “come” intriso di sorpresa, mai scontato, nel quale l’amore cresce e stupisce innanzitutto chi se ne scopre capace. Amore che ti fa resistere al tuo posto, amore che sconsideratamente perdona, amore che trasforma il sospetto con la solidarietà…

Qual è il primo dei comandamenti? La fede cristiana non è un codice da osservare, ma amore da vivere. Gesù ce ne rende partecipi perché ne riconosciamo le misure compiute della nostra vita e la bella notizia per ogni uomo. Perché continui esser e tale o perché ritorni ad esserlo.