lunedì 23 ottobre 2017

Omelia 22 ottobre 2017



Ventinovesima domenica del T. O.

Come funziona una trappola? Si conduce l’ignara vittima su un terreno apparentemente tranquillo sotto il quale si nasconde un’insidia. E più la preda è ambita, più la seduzione si fa raffinata. Pensate alle ragazzine che vengono adescate sulla rete. Da dove parte il molestatore? Dai complimenti. Così anche Gesù oggi è raggiunto dai complimenti: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno». Non aver paura di alcuno, essere liberi e veri. Ci piacerebbe essere così e ci piacerebbe che qualcuno ce lo attribuisse. In realtà è una strada che conduce a un’insidia. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? L’insidia è ti tipo economico. Visto che Gesù non lo si può imprigionare col dibattito teologico, cerchiamo di farlo con quello tributario. Quando si parla di tasse gli animi si accendono e si finisce per dire anche quello che non si vuole. La Palestina era infatti soggetta alla dominazione romana e ogni cittadino doveva versare all’imperatore un’imposta particolarmente odiosa. Se Gesù avesse detto che bisognava pagare sarebbe apparso come un alleato del dominatore, nemico del popolo; se avesse negato la tassa sarebbe apparso come un sovversivo. In ogni caso non avrebbe avuto vita facile. Invece Gesù fiuta l’inganno e percorre un’altra strada, facendo capire ai suoi discepoli come ci si muove in ambito pubblico. 

1.   Anzitutto Gesù smaschera la malizia dei suoi inter-locutori. Ipocriti, perché mi tentate? Attento all’ipocrisia che tenta di separare le questioni degli uomini dalle questioni di Dio. Mostratemi la moneta del tributo. Gesù si trova nel tempio e quella moneta non doveva proprio entrare nel santuario, tant’è vero che c‘erano i cambiavalute. Ma con facilità e disinvoltura la richiesta viene esaudita e appare un denaro, uscito dalle tasche di qualcuno. Vuol dire che i soldi appartengono alla sfera della vita; vuoi o non vuoi entrano nel tempio e interrogano anche la fede. Questo ci aiuta a capire che non possiamo far a meno di confrontarci con un’economia, pensando di escluderla dalle ragioni del vangelo. Dice Papa Francesco: L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione… nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano (EG 55). Oggi Giornata Missionaria, siamo interpellati anche a questo livello: portare il vangelo vuol dire portare anche attenzione sul versante economico. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano (EG 58).

2.   Fatto salvo questo principio, Gesù ne annuncia un altro: Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Non si tratta di pagare, ma di restituire. A Cesare innanzitutto. È l’immagine di ogni ordinamento pubblico con cui il cristiano si misura. Restituisci qualcosa a quella compagine sociale alla quale appartieni: non nasconderti, non defraudarla, perché fai del male a te stesso e fai del male agli altri. Non è solo una questione di tasse ma di senso dello Stato, della partecipazione alle vicende del Paese, di pretese e di doveri a cominciare, ad esempio, da come gestisco i rifiuti, visto che le borsette del secco vengono sistematicamente disseminate nel territorio. Ma restituire piuttosto che pagare a Cesare, vuol dire anche chiedere a Cesare che faccia la sua parte in termini di equità e di solidarietà, di servizi e di opportunità. Perché non si restituisce ciò che non si riceve. E a volte si patisce l'assenza dello Stato, specie nell'ambito dell'assistenza, del sostegno alla famiglia, del recupero della marginalità. E non solo lo Stato a volte è assente, ma rende complessa la presenza di chi cerca di porre rimedio ai disagi, senza prevedere sgravi e aumentando la burocrazia, come sta avvenendo nel terzo settore. 

3.   L’altra parte del binomio invita invece a riconoscere a Dio ciò che gli appartiene. Se il denaro recava l’effigie di Tiberio, si tratta di cercare la moneta che reca l’iscrizione di Dio. E quella moneta è l’uomo, creato a sua immagine. Allora il criterio ultimo che regola l’economia e anche i rapporti con Cesare è la restituzione di ogni uomo a quello che Dio ha in mente. Un uomo non saccheggiato della sua interiorità e non privato della sua dignità. Quello che è successo all’Università di Macerata e le spropositate reazioni a un’Ave Maria ci avvertono di come un ordinamento pubblico a volte, in nome della laicità, inneschi battaglie fuori luogo. Così il richiamo di Papa Francesco nei riguardi delle persone con disabilità, che non sempre hanno voce e che nello stato appartengono talvolta alla cultura dello scarto. Restituire a Dio vuol dire che costoro per lui sono moneta preziosa, da non perdere.

Occhio dunque alle trappole. Sono quelle che ci imprigionano nell'individualismo, nella logica di un personale tornaconto, ma sono anche quelle che ci impediscono di liberare l'umanità che Dio ha in mente. Rendere a Cesare e rendere a Dio. Per il bene comune, per il bene di ciascuno.

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