Ventinovesima domenica del T. O.
Come
funziona una trappola? Si conduce l’ignara vittima su un terreno apparentemente
tranquillo sotto il quale si nasconde un’insidia. E più la preda è ambita, più
la seduzione si fa raffinata. Pensate alle ragazzine che vengono adescate sulla
rete. Da dove parte il molestatore? Dai complimenti. Così anche Gesù oggi è
raggiunto dai complimenti: «Maestro, sappiamo che
sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di
alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno». Non aver paura di alcuno, essere liberi e veri. Ci piacerebbe
essere così e ci piacerebbe che qualcuno ce lo attribuisse. In realtà è una
strada che conduce a un’insidia. È lecito
o no pagare il tributo a Cesare? L’insidia è ti tipo economico. Visto che
Gesù non lo si può imprigionare col dibattito teologico, cerchiamo di farlo con
quello tributario. Quando si parla di tasse gli animi si accendono e si finisce
per dire anche quello che non si vuole. La Palestina era infatti soggetta alla
dominazione romana e ogni cittadino doveva versare all’imperatore un’imposta
particolarmente odiosa. Se Gesù avesse detto che bisognava pagare sarebbe
apparso come un alleato del dominatore, nemico del popolo; se avesse negato la
tassa sarebbe apparso come un sovversivo. In ogni caso non avrebbe avuto vita
facile. Invece Gesù fiuta l’inganno e percorre un’altra strada, facendo capire
ai suoi discepoli come ci si muove in ambito pubblico.
1. Anzitutto Gesù smaschera la malizia dei suoi inter-locutori. Ipocriti, perché mi tentate? Attento all’ipocrisia che tenta di
separare le questioni degli uomini dalle questioni di Dio. Mostratemi la moneta del tributo. Gesù si trova nel tempio e quella
moneta non doveva proprio entrare nel santuario, tant’è vero che c‘erano i
cambiavalute. Ma con facilità e disinvoltura la richiesta viene esaudita e
appare un denaro, uscito dalle tasche di qualcuno. Vuol dire che i soldi
appartengono alla sfera della vita; vuoi o non vuoi entrano nel tempio e
interrogano anche la fede. Questo ci aiuta a capire che non possiamo far a meno
di confrontarci con un’economia, pensando di escluderla dalle
ragioni del vangelo. Dice Papa Francesco: L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una
nuova e spietata versione… nella dittatura di una economia senza volto e senza
uno scopo veramente umano (EG 55). Oggi
Giornata Missionaria, siamo interpellati anche a questo livello: portare il vangelo vuol dire portare anche attenzione sul versante economico. Vi esorto alla
solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad
un’etica in favore dell’essere umano (EG
58).
2. Fatto salvo questo principio, Gesù ne annuncia un altro: Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio
ciò che è di Dio. Non si tratta di pagare, ma di restituire. A Cesare innanzitutto. È l’immagine di
ogni ordinamento pubblico con cui il cristiano si misura. Restituisci qualcosa
a quella compagine sociale alla quale appartieni: non nasconderti, non
defraudarla, perché fai del male a te stesso e fai del male agli altri. Non è
solo una questione di tasse ma di senso dello Stato, della partecipazione alle
vicende del Paese, di pretese e di doveri a cominciare, ad esempio, da come gestisco i
rifiuti, visto che le borsette del secco vengono sistematicamente disseminate
nel territorio. Ma restituire
piuttosto che pagare a Cesare, vuol
dire anche chiedere a Cesare che faccia la sua parte in termini di equità e di
solidarietà, di servizi e di opportunità. Perché non si restituisce ciò che non
si riceve. E a volte si patisce l'assenza dello Stato, specie nell'ambito dell'assistenza, del sostegno alla famiglia, del recupero della marginalità. E non solo lo Stato a volte è assente, ma rende complessa la presenza di chi cerca di porre rimedio ai disagi, senza prevedere sgravi e aumentando la burocrazia, come sta avvenendo nel terzo settore.
3. L’altra parte del binomio invita invece a riconoscere a
Dio ciò che gli appartiene. Se il denaro recava l’effigie di Tiberio, si tratta
di cercare la moneta che reca l’iscrizione di Dio. E quella moneta è l’uomo,
creato a sua immagine. Allora il criterio ultimo che regola l’economia e anche
i rapporti con Cesare è la restituzione di ogni uomo a quello che Dio ha in
mente. Un uomo non saccheggiato della sua interiorità e non privato della sua
dignità. Quello che è successo all’Università di Macerata e le spropositate
reazioni a un’Ave Maria ci avvertono di come un ordinamento pubblico a volte, in nome della
laicità, inneschi battaglie fuori luogo. Così il richiamo di Papa Francesco nei
riguardi delle persone con disabilità, che non sempre hanno voce e che nello
stato appartengono talvolta alla cultura dello scarto. Restituire a Dio vuol
dire che costoro per lui sono moneta preziosa, da non perdere.
Occhio
dunque alle trappole. Sono quelle che ci imprigionano nell'individualismo, nella logica di un personale tornaconto, ma sono anche quelle che ci impediscono di liberare l'umanità che Dio ha in mente. Rendere a Cesare e rendere a Dio. Per il bene comune, per il bene di ciascuno.
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