venerdì 13 ottobre 2017

Funerale Bruno Civiero


Bruno Civiero (13 ott. 2017)

Rom 8,31-35.37-39– Lc 12,54-59


«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade». Bruno si alzava presto al mattino, osservava il cielo ed emetteva il suo personale bollettino meteo: Na bea giornada. Daghe aria a camara. Vardè che piove oggi, toive a ombrea. Il tempo influisce sulla vita degli uomini, ne condiziona le giornate, gli appuntamenti, il lavoro, l’abbigliamento... Ma Gesù non si dà troppa pena per questo. È preoccupato piuttosto che i suoi discepoli, più che il tempo, sappiano scrutare i segni dei tempi, sappiano cogliere le cose importanti della vita: Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? E Bruno era così; pur attento al sole e alla pioggia, non si limitava alle vicende atmosferiche: sapeva abitare il tempo, osservare gli eventi, raccoglierne le conseguenze per sé e per gli altri. Quali tempi ha vissuto Bruno, quali segni vi ha intravisto?


1.    Innanzitutto il segno della responsabilità. Responsabilità è una parola che oggi non ci piace molto. Ci sa di costruzione, di impegno, di risposte da dare. E invece vorremmo essere svincolati, evasivi, liberi dalle pressioni altrui. La vita però ci viene consegnata in una trama di relazioni: qualcuno si è preso cura di noi e noi ci prendiamo cura di qualcun altro. Responsabilità è rispondere a un appello che l’altro ci rivolge, corrispondendo alla partita doppia della vita che è dare e avere. Hai ricevuto, prova a restituire qualcosa. Bruno viveva la responsabilità nel lavoro, nella sua presenza in famiglia, in una comunità cristiana dove per tanto tempo ha fatto parte del coro. Esserci, portare il proprio contributo. E Bruno lo faceva con prontezza, senza neppure il bisogno di chiederglielo e senza troppe parole, convinto e lieto di poter dare una mano. Non si faceva problemi neanche se c’erano i letti da fare e non badava a chi, reduce di passate idee di maschile e femminile, gli diceva: «Te gai messo a traversa?». La “traversa” del resto l’ha indossata anche Gesù, facendoci capire che quando ci dobbiamo essere, dobbiamo farlo davvero, vivendo il servizio fino in fondo. Ecco la responsabilità.

2.    Poi il segno della concordia e la gioia. Bruno teneva alla sua famiglia più di ogni altra cosa e ai suoi figli ripeteva: «Un boccon de par de manco, ma cerchè de ndar d’accordo». Una comunione che lui alimentava in vario modo: con il rispetto che esigeva e insegnava, con i silenzi e le parole. Nelle circostanze importanti, Bruno scriveva raccoglieva i suoi sentimenti in qualche riga: per i cinquant’anni di matrimonio con Anna, ad esempio, aveva detto che di figli lui non ne aveva avuti tre, ma sei, includendo tra essi anche genero e nuore. E poi i nipoti e nipotini, la sua gioia, fatta di gioco e di storie, come solo i nonni sanno fare. E quando poteva nascere qualche divergenza, lui in genere aspettava e interveniva successivamente, ragionando con calma con le persone interessate, stemperando i dissapori. La concordia è importante, ma essa non è uno slogan: ha bisogno di pazienza, di lungimiranza, di fiducia. In paradiso entra solo la comunione e quando la alimentiamo sulla terra la troveremo anche in cielo.


3.    Infine il segno della prova. Sono gli ultimi giorni della vita di Bruno. Sul letto della terapia intensiva ha vissuto momenti di grande fatica. Aveva sete ma non gli si poteva dare che qualche sorso d’acqua. E ciò nonostante ha avuto la forza di osservare: A me va meio del Signore. A lu i ghe ga dato azeo! Bruno aveva compreso che stava arrivando l’incontro definitivo e l’ha vissuto con fede, rimanendo all’ombra della croce, accanto a quel Gesù che ogni domenica gli dava appuntamento in questa chiesa. Chi ci separerà dall’amore di Dio in Cristo Gesù? La tribolazione, la malattia, un letto di ospedale? Noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Bruno lo sapeva e nelle mani di Gesù ha messo la sua vita, con la fiducia che in quelle mani non si sarebbe perso. Perché se noi del tempo viviamo qualche attimo, Gesù dei tempi è la pienezza e quando qualcuno gli appartiene nulla va perduto. E mentre Bruno se ne stava andando, ha regalato l’ultima carezza a sua moglie, come per dire: nessuno ci sottrae ciò che di bello abbiamo vissuto e a ciò che di bello ci viene preparato, la morte non ci separa. Alle mani di Gesù, allora, affidiamo questo fratello: per lui chiediamo misericordia, per noi chiediamo il dono della fede e della speranza, per noi chiediamo di scrutare i tempi secondo le dimensioni dell'eterno.






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