domenica 4 settembre 2016

Omelia 4 settembre 2016


Ventitreesima domenica del T. O.



La figura di Madre Teresa che oggi viene collocata tra i santi della chiesa è certamente quella di un testimone credibile del vangelo. Umiltà, semplicità, coerenza e una carità grandissima sono la forza della sua testimonianza che ha portato la carezza di Dio ai poveri della terra e ha interrogato i potenti del mondo. Che significa essere testimoni di Gesù? Proprio Gesù oggi ci indica alcune direttrici.

1.    Attenzione alle apparenti appartenenze. C’è parecchia gente attratta da Gesù. Lui anziché mostrare compiacimento, si volta e pone delle condizioni. Se. Il cristianesimo non si regge sulla forza dei numeri ma sull’accoglienza e sulla coerenza di una proposta. Tutti hanno accesso al Signore, nessuno escluso, ma il suo vangelo non ammette ambiguità. Lui si volta, indica un cammino da percorrere e non una festina in cui divertirsi. Fino a che punto sei disposto a giocarti? E il monito vale per tutti. Sabato sera un gruppo di ragazzi sulla strada verso Poggiana cantava in bicicletta. Niente di male fin qua. Peccato che cantasse bestemmie. Bestemmie come quelle che affollano luoghi di lavoro, campi sportivi, conversazioni al ristorante. E poi ce la prendiamo con i musulmani che arrivano in Italia e minacciano il nostro patrimonio cristiano. La minaccia più grande al cristianesimo è il cristianesimo stesso, quando viene edulcorato, svigorito, tradito da assetti religiosi che del vangelo non hanno più neanche il nome.

2.    Altra questione: gli amori della vita. Dice Gesù: Se uno viene a me e non mi ama di più… non può essere mio discepolo. Gesù non vuole mettere in contrapposizione gli amori della vita, ma vuole aprirli a una dimensione più grande, una misura che gli appartiene: fa’ in modo che in ogni amore risplenda il mio! Mentre ami tuo padre, tua madre, tuo figlio, tua moglie… cerca l’amore che viene da Dio. A volte ho l’impressione che alcuni amori famigliari abbiano perso di vista l’amore di Gesù. Ad esempio: nasce un figlio e due genitori sperimentano una bellezza d’amore che prima non conoscevano. Mentre accarezzano il loro bambino è come se sulla terra scendesse l’abbraccio di Dio. Ma può capitare che il loro amore si affievolisca, che l’intimità tra loro cominci a sparire, che l’altro inizi ad essere quasi fastidioso. E così l’amore per il figlio diviene totalizzante e inghiotte l’amore per il coniuge. Non è più l’amore di Dio, non è più il suo progetto. Così anche quando l’amore si concentra unicamente sulla propria famiglia e ti fa perdere di vista la comunità in cui vivi, la società, il mondo. La famiglia è un segno con cui Dio intende dire agli uomini che con tutti loro vuole formare una famiglia. Ma se tu perdi di vista questo respiro universale, l’amore soffoca. Lavori una vita intera per i figli, magari anche per far loro una casa vicina alla tua. E poi i tuoi figli ti salutano. Perché? Perché non era amore, ma sequestro di persona. Mai fare la casa ai fili. Sono i figli che si fanno la loro casa!

3.    Infine il discepolo di Gesù è un uomo di calcolo e di previsione. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa? Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare l’esercito? Cerca di valutare, dice Gesù quello che stai facendo e quello che sta succedendo. Perché tu non venga travolto. Pensate ad un dibattito rovente che sta accompagnando questi giorni: il fertility day programmato dal ministero della salute per il 22 settembre. Un modo con cui chi ci governa vorrebbe farci riflettere su alcune problematiche, mediche e culturali, legate alla possibilità di avere un figlio. Le reazioni: qualcuno se la prende con i cartelloni pubblicitari, perché non è certo uno slogan che ti porta a fare un figlio. Altri sostengono che sarebbe più intelligente creare condizioni strutturali per favorire gestazione e maternità: orari di lavoro adeguati, sgravi, asili, spazi per giocare. Altri ancora segnalano gli spettri dell’inverno demografico: se su mille abitanti in un paese come l’Uganda nascono una quarantina di bambini, in Italia ne nascono otto. A noi non interessa la polemica. Non possiamo però ignorare l’importanza della questione, anche a motivo del fatto che a volte non ci sono solo aspetti strutturali che impediscono la nascita di un bambino. A volte c’è un mito di perenne giovinezza che trascura l’orologio biologico e pretende risultati in un delirio di onnipotenza, a volte c’è una cultura della realizzazione dove conta di più essere manager che essere madre, a volte c’è una limitazione di prospettive dimentica che il regalo più bello da fare ad un figlio è quello di un fratello. Pensare un po’ a queste cose forse non ci fa male. Vuoi costruire che cosa? Una torre o un castello di carte? Vita cristiana vuol dire anche serietà di chi non si racconta balle e sta in piedi di fronte alla vita e a quello che capita. Che cosa tenere, a che cosa rinunciare?

I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni. Gesù ci invita a riflettere con la sua sapienza. Le strade della verità sono a volte un  po’ in salita, ma con un po’ di ascesa si vede meglio.






Nessun commento:

Posta un commento