sabato 22 novembre 2014

Omelia 16 novembre 2014


Trentatreesima domenica del T. O.

C'è un ritornello che torna di frequente nelle considerazioni economiche di questo tempo: tornare a investire. E ci si chiede dove e in che modo, a motivo di una situazione che ci sembra incerta. Così il nostro disorientamento finanziario diventa disorientamento della vita e facciamo fatica a investire anche con Dio. Il vangelo di questa domenica però ci richiama un’esigenza importante: se non si investe si perde tutto. A chi ha verrà dato e sarà nell’abbondanza, a chi non ha sarà tolto anche quello che crede di avere. A volte pensiamo che la fede abbia una vita propria a prescindere dalle nostre responsabilità. In realtà la fede non esiste. Esiste il credente che la accoglie e la fa fruttificare. Non lasciare dunque inattivo il dono di Dio.

La parabola dei talenti ci aiuta a capire come funziona l’investimento della fede.

1.    Anzitutto c’è un uomo che parte per un viaggio e che affida ai suoi servi il suo patrimonio: i talenti. Un talento corrispondeva a circa 26 chili di argento, sufficienti per pagare l’equipaggio di una nave con tre file di rematori per un mese. Il talento dunque è qualcosa di prezioso, che fa avanzare la barca della vita. Il talento è il dono della fede, della vita che il Signore ti ha donato. È di questa ricchezza che talvolta non ci rendiamo conto. Mentre infatti una volta la fede era contrastata, anche in termini accesi e aggressivi, oggi essa subisce una sorta di deprezzamento culturale e viene consegnata all’irrilevanza. Hai un patrimonio che non ti dice più nulla: ciò che vale ti sembra collocato altrove. Altre volte la fede subisce il fenomeno vintage, come avviene per i nostri arredi: fai una casa moderna, ma ci metti un mobile antico, magari ritinteggiato di bianco. È lì in un angolo, magari ti serve anche a qualcosa, ma capisci che la vita è altrove. Ma non si tratta di valori, di istruzioni per l’uso. Questi sono in molti a darteli. La fede è incontro con il Signore, con il Vivente. Questo è il talento. Come ha fatto capire un anziano della nostra comunità quando il ministro straordinario gli ha portato l’eucaristia. Son qua quelli della comunione, gli ha detto la figlia. No. È qui il Signore, ha risposto lui. Ecco il talento prezioso.

2.    Consegnati i talenti l’uomo parte. È l’immagine di Gesù risorto che ritorna al padre. Un Dio che non ti sta col fiato sul collo. Ti consegna un dono e lo affida alla tua cura, alla tua responsabilità. Mettici fantasia, creatività, impegno: ma sta a te inventare qualcosa. I talenti infatti non sono le capacità, ma vengono dati secondo le capacità. Mi pare molto affascinante questo aspetto, perché anche le cose più semplici possono essere preziose per Dio. Sei stato fedele nel poco, ti darò responsabilità su molto. Cosa sai fare? Non ti preoccupare se ti sembra poco. Mettilo a servizio di Dio e dei suoi progetti. Vi ricordate quello che ha detto Sr. Cristina la prima volta che è andata a The voice? «Ho un dono, ve lo dono». E lo ha donato in un contesto assolutamente lontano dall’ombra del campanile. Ecco, ci fa capire il Signore, fa in modo che le tue capacità traffichino vangelo: in parrocchia, nel gruppo, ma anche quando sei a scuola, al lavoro. Non importa il quanto, ma il come. L’immagine di quella donna della prima lettura che cura attentamente le faccende di casa ci fa capire che c’è anche una modalità famigliare per essere servi attenti e fedeli.

3.     Infine c’è qualcosa che blocca gli investimenti. È quello che dichiara il servo che è andato a sotterrare il talento: Ho avuto paura, La paura ci paralizza. Paura di che cosa? Due paure: sei esigente – mieti dove non hai seminato. La prima paura nasce dall’idea che ci siamo fatti di Dio. A volte ci pare troppo duro, severo, pretenzioso. Ma questo sei tu, non lui. A lui basta anche il tuo poco, fatto con responsabilità e amore. La seconda paura nasce dal suo modo di fare: raccoglie dove non ha sparso. Dio è padrone dell’impossibile e devi credere che questa è la logica nella quale ti coinvolge anche se talvolta non ti pare ragionevole. Impiegare i talenti vuol dire accettare di percorrere strade un po’ strane. Oggi inizia il corso fidanzati. 18 coppie contro le 28 degli anni scorsi. Un dato che si allinea con le statistiche diffuse qualche giorno fa dall’Istat: dal 2008 al 2013, in Italia ci sono stati 53mila matrimoni in meno. Sentite che in questo calo c’è molta paura: della crisi, della solidità di quello che si fa, dell’altro. Come vincere questa paura? Bisogna vedere se le risorse di cui disponiamo siano solo il controllo o anche la fede in chi fa crescere anche in terreni dove sembra impossibile. Il talento rende se lo impieghi. Non dare fiducia alla paura più di quanta tu ne dia a Dio! E torna a investire con lui.

Prendi parte alla gioia del tuo padrone. L’investimento cristiano non è funzionale all’impegno ma alla gioia. Ci aiuti il Signore a intravederla e a disseppellire il talento nascosto.

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