sabato 13 aprile 2013

Omelia 7 aprile 2013

Seconda domenica di Pasqua
Credo in un solo Dio, la Natura, Madre onnipotente, generatrice del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, l'Uomo, plurigenito Figlio della Natura, nato dalla Madre alla fine di tutti i secoli: natura da Natura, materia da Materia, natura vera da Natura vera, generato, non creato, della stessa sostanza della Madre.
Credo nello Spirito, che è Signore e dà coscienza della vita, e procede dalla Madre e dal Figlio, e con la Madre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti dell'Intelletto.
Aspetto la dissoluzione della morte, ma non un'altra vita in un mondo che non verrà.

È il credo ateo redatto da Piergiorgio Odifreddi, espressione di un atteggiamento scientifico inconciliabile con le ragioni del trascendente poiché solo ciò che è empiricamente dimostrabile può essere ritenuto vero. È una posizione discussa e discutibile, anche dagli stessi scienziati. Perché non tutta la conoscenza passa per gli alambicchi di un laboratorio e l’esperienza umana ci dimostra che molte nostre acquisizioni e convinzioni incrociano i sentimenti, non solo i ragionamenti, le relazioni e non solo le dimostrazioni. Basta pensare all’esperienza dell’amore e a quanti aspetti della vita ci fa conoscere. Non si tratta di acquisizioni scientifiche, ma non per questo meno vere. E si tratta di acquisizioni che implicano la fede, perché tu ami solo se credi. Se credi in chi ti sta accanto, nella storia che può nascere, nel futuro che ti apre. Ci sono motivi scientifici? No. Ci sono motivi ragionevoli e tale ragionevolezza è condizione sufficiente per cercare di aprire un nuovo varco nella vita. Anche il varco di Dio.
La vicenda di Tommaso rappresenta proprio tale apertura. Dalle pretese investigative che appartengono agli strumenti della ragione a nuove condizioni di conoscenza. Per questo è il Gemello: è il gemello di ogni uomo in ricerca!

1.      Anzitutto la vicenda iniziale. Gesù appare la sera di pasqua e Tommaso non c’è. Non era con loro quando venne Gesù. Quando i suoi amici gli raccontano dell’incontro con il Signore, le sue pretese risentono della sua assenza. «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». La relazione si è trasformata in dimostrazione, l’esigenza di metterci il cuore con la pretesa di toccare con mano. Funziona così anche nella vita: ti allontani dai luoghi che ti appartengono, dalle persone che ti sono affidate e ti lamenti perché gli altri non ci sono o non sono all’altezza delle tue aspettative. Ma tu dove sei? L’altro ti viene dato in uno spazio di gratuità e di libertà non di rivendicazione o di pretesa. L’altro si dà nella misura in cui qualcuno è disposto ad accoglierlo, così com’è. E nelle questioni della fede non è diverso. Ci siamo allontanati dai luoghi degli appuntamenti con il Risorto, dall’esperienza dell’incontro con lui e pretendiamo che lui ci dia prove convincenti della sua presenza. Quelle che stabiliamo noi. E ci dimentichiamo che la condizione fondamentale per incontrare il Signore è la relazione che egli stabilisce con la comunità dei suoi discepoli. Lì lo trovi, non sotto i tuoi microscopi indagatori. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Dove sei?

2.      Gesù ritorna otto giorni dopo. Anche questo dato è importante. Documenta la costituzione di una tradizione di fede che fa della domenica l’occasione dell’incontro permanente con il Risorto. Come se Gesù conoscesse le nostre difficoltà e ci desse una possibilità di trovarlo ogni volta che ne abbiamo bisogno. Non c’è solo un luogo per trovare il Signore ma anche un tempo. È quello che ci ha detto il Libro dell’Apocalisse. Il discepolo tribolato, deportato a Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza, nel giorno del Signore è preso dallo Spirito e ode una voce potente che apre una nuova consapevolezza sulla storia. Anche noi viviamo oggi in una situazione di deportazione che mette a rischio la fede. La pratica del suicidio, da cui è tragicamente segnata anche la cronaca di questi giorni, sembra l’unico approdo della disperazione. E rischiamo di esserne succubi. Il giorno del Signore è un regalo che Dio ci fa per ricordarci che lui è vivo, che ha vinto la morte, che le regioni della vita sono più forti di qualsiasi condizione di crisi con cui ci misuriamo. Guarda che c’è ormai un giorno nuovo nel quale Dio ci chiama ad abitare, anche quando i giorni terreni sembrano smentirlo. La fede cresce se metti in conto l’ottavo giorno e ti sforzi di vederne già oggi gli anticipi, mettendo in discussione ogni logica di morte, di chiusura e di rassegnazione.

3.      E infine le piaghe. Queste sono le prove che Dio ci dà. Il Risorto poteva cancellare le sue ferite, invece se le tiene. Per dirci che è là che ci aspetta. Quelle impresse nella sua carne, per dirci che è proprio lui. E quelle impresse nella carne di ogni uomo verso il quale ti fai attento e premuroso. Perché in tale attenzione e premura lui sarà presente e lo potrai incontrare. Come ci ha ben fatto capire Papa Francesco con il gesto della lavanda dei piedi. E non a caso il vangelo di oggi si conclude dicendo che Gesù fece molti altri segni che non sono stati tutti scritti. Sono quei segni che passano attraverso le nostre mani e i nostri piedi e ci fanno capire che lui è ancora risorto e vivo.

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