domenica 28 ottobre 2012

Omelia 28 ottobre 2012

Trentesima domenica del T.O.

Ricordate “Nuovo cinema paradiso”? Quando Alfredo, il vecchio proiezionista, incontra Totò, quel bambino che l’ha salvato da un incendio nel quale ha perso la vista, invita il piccolo ad aprire orizzonti nuovi per il suo futuro. Per il momento c’è quella sala cinematografica dove il ragazzo lavora, ma la vita riserva appuntamenti più importanti. E Alfredo, per avvalorare il suo presagio, dice una frase di grande intensità: Adesso che ho perso la vista ci vedo di più. Ecco la fede funziona così. Finché vedi le cose con le misure di quello che ti si stringe attorno, raccogli ben poco; se osservi con lo sguardo interiore c’è qualcosa di più. Per te e per gli altri. I cristiani sono coloro che vedono oltre e che sanno indicarlo, come il vecchio Alfredo al piccolo Totò.
Ma è un percorso che non si improvvisa. La fede è dono di Dio: è lui che accende lo sguardo interiore. Ma bisogna raccoglierne il movimento, come quel cieco sulle strade di Gerico. Proviamo a capire in che modo la sua vicenda parla alla nostra vita. Ci sono tre esagerazioni di cui il cieco è protagonista, tre slanci sui quali la fede prende forma.

1.    Quando passa Gesù il cieco grida e quando qualcuno cerca di zittirlo, quest’uomo grida ancora più forte. Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me. La prima sproporzione appartiene alla parola liberata, alla rivalsa contro l’intimazione: Molti lo rimproveravano perché tacesse. La fede nasce dalla vittoria sull’intimidazione, sulla congiura del silenzio, sulla sistematica sottrazione degli spazi di informazione legati ad un religioso che non sia di tipo scandaloso o allarmistico: i ricatti ai danni del prete e le scuole materne che chiudono. E noi ne siamo vittime e complici, tanto che i discorsi della fede o non li facciamo o diventano lo specchio di quello che il giornale ci presenta. Prova a far spazio a un po’ di parola cristiana, ascoltata, letta e detta. Ha fatto scalpore nei giorni scorsi la notizia che TV2000, emittente cattolica italiana, canale 28, ha avuto share tutt’altro che insignificanti rispetto ad un palinsesto rinnovato, accattivante e capace di attivare il pensiero. Un bel segno di chiesa che abita il mondo dei media che non ha paura di comunicare le proprie ragioni e forse anche di un mondo che ha bisogno di parole differenti rispetto a quelle dei reality e dell’intrattenimento.

2.    Il secondo movimento sproporzionato va dall’invito ad alzarsi al mantello gettato via. Il mantello è tutta la sicurezza del povero, la sua casa: se qualcuno lo prende in pegno dovrà renderlo al tramonto, dichiara il libro dell’Esodo, “perché sarebbe come prendere in pegno la vita”. Ebbene Bartimeo, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. La sua sicurezza sta ormai in quel balzo che ridisegna gli equilibri. La fede è un passaggio che ti riconsegna alla vita in una maniera diversa, in un movimento che sembra spregiudicato, ma che individua un appoggio altrove, in un terreno più sicuro delle tue sicurezze. È la terra di Dio e del suo Figlio: poggi sull’invisibile. Se ci pensate, noi continuamente facciamo di questi balzi, fidandoci di qualcuno. Perché, allora, non dare anche a Dio questa possibilità? E come nella vita la verità di una persona la scopriamo fidandoci di lei, così anche con Dio: lo scopriamo non previamente alla fede, ma nella fede stessa. Cinque anni fa, in questi giorni moriva d. Oreste Benzi, un uomo vissuto di fede e dell’irremovibile certezza che Dio può cambiare le persone. Lui che di notte raggiungeva i marciapiedi malfamati e consegnava un rosario e il suo numero di telefono alle prostitute, convinto com’era che tali donne non andassero consolate ma liberate e che la prostituzione non andasse regolamentata ma combattuta. Fede vuol dire persuasione che con Dio possa andare meglio: è la sfida che viene rivolta non solo a chi non conosce Dio, ma anche a un cristianesimo nutrito dalla rassegnazione o assestato sulle misure di un pensiero accettabile. Lìberati da questo mantello: Dio è il padrone dell’impossibile e vuol far nuova la vita non consacrare l’adattamento. Sentiamo sinceramente di dover convertire noi stessi alla potenza di Cristo, che solo è capace di fare nuove tutte le cose (Mess. Sinodo Nuova Evang.).

3.    E infine la terza sovrabbondanza. Il cieco guarito viene invitato ad andarsene, ma la vita di prima non gli appartiene: da quel momento decide di seguire Gesù. E subito ci vide e lo seguiva lungo la strada. La fede apre un seguito, una logica permanente di vita nella quale la strada diviene l’appuntamento. Metti fede dove le strade della vita ti conducono e comincia a vedere e ad agire alla luce del vangelo. In famiglia, al lavoro, a scuola, nella crisi, nella malattia… Dove ti dà appuntamento la fede?

Adesso che sono cieco ci vedo di più. È la sfida del vedere oltre, quella che ti porta a riconoscere ragioni altre rispetto a quelle dominanti, quella che restituisce l’uomo ad una reale possibilità di cambiamento, mettendo in gioco anche l’invisibile.

Nessun commento:

Posta un commento