domenica 6 maggio 2012

Omelia 29 aprile 2012

Quarta domenica di Pasqua

È deciso: in Germania sarà ristampata l’opera Mein Kampf di Adolf Hitler, con la quale colui che sarebbe diventato il Führer esponeva la sua visione della Germania, dell’Europa, della storia e dell’umanità. È l’affermazione della razza ariana e della nazione tedesca in un delirio di onnipotenza che giustifica ogni forza violenta dato che il parlamentare eletto dal popolo è un «verme», la fiducia nella democrazia è «idiota». L’universo è regolato da una legge: la vittoria del più forte sul più debole; è una legge morale, il più forte è migliore e il più debole è peggiore. Così tra uomo e uomo e tra razza e razza. Quel che stupisce è che il testo non è reticente: non si può dire “non era chiaro, non avevamo capito”. È l’ideologia della follia cui hanno aderito migliaia di persone con gli esiti drammatici che conosciamo. Io sono il buon pastore, afferma Gesù. Ma subito emerge un’altra figura: oscura, sinistra, quella del mercenario al quale le pecore non appartengono: vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. La storia ci riserva numerosi mercenari. Ma per fortuna c’è qualcun altro che veglia, che si prende cura e che di quella sua attenzione ci invita ad essere interpreti. Chi è il Buon Pastore e come diventarne segno?

1.    Il Buon Pastore conosce le sue pecore. È il verbo della vicinanza, dell’interesse, della partecipazione. Oggi si è fatta strada in Italia una posizione pericolosa, chiamata anti-politica che, muovendo dallo scontento e dall’indignazione cerca di propugnare una alternativa al sistema dei partiti ritenuti, non senza ragione, interpreti di una politica che anziché porsi al servizio del paese, di esso si serve. È legittima un’anti-politica? Dobbiamo fare forse un po’ d’attenzione perché se determinate situazioni di privilegio, di indebito arricchimento, di interesse privato nell’agire pubblico vanno stigmatizzate, questo non  deve avvenire a spese della politica che continua ad essere partecipazione, presenza, cura della polis come ricerca del bene comune. Fa bene al nostro Paese un segnale anti, quanto meno per esprimere distanza e riprovazione di certi modi di fare. Ma non per allontanarci, bensì per esserci, sapendo che il sistema partitico, per quanto degenere, è garanzia di un confronto e di una responsabilità che dalle piazze deve ritrovare tavoli di lavoro, attenta valutazione delle situazioni, risposte adeguate e non solo proclami. Giuseppe Toniolo, oggi beatificato, è l’immagine di un cristianesimo che ribadisce nella città degli uomini le esigenze dell’onesta, della giustizia, di un’economia alleata dell’etica alla ricerca del bene comune.

2.    Il Buon Pastore dà la vita per le proprie pecore. Ciò che fa la differenza col mercenario è proprio questo. Sei pastore se ti doni e non ti trattieni. Oggi è la giornata di preghiera per le vocazioni. Pensate a un dato che ci riguarda molto da vicino: il numero dei preti a Treviso. Due saranno ordinati quest’anno e due il prossimo. Un calo preoccupante che interroga l’educazione al dono di sé. In questi giorni sta uscendo un film giapponese di animazione molto atteso: Il castello nel cielo. La ricerca di un tesoro come in altri film, ma per conquistarlo c’è una pietra da custodire. Dice il regista: «Ho voluto raccontare una storia sulla dedizione e il dono di sé, per toccare il cuore dei bambini trafiggendo lo strato di ironia e di rinuncia che lo avvolge». Ironia e rinuncia. Mi sembrano due drammatiche situazioni che segnano la vita dei ragazzi precocemente smaliziati di fronte alla vita e sfuggevoli agli impegni. Le questioni importanti della vita non le indica l’ironia ma la poesia, la capacità di sognare. Ed esse si raggiungono se ci credi e ti impegni non se batti in ritirata. Come il Buon Pastore che dà la vita. E non è solo questione di consacrarsi al Signore e diventare preti. Ma diventare uomini.

3.    Un ultimo aspetto di quel Buon Pastore sta nel fatto che le pecore ne ascoltano la voce. Solo così il lupo non ha la meglio su di esse. Chi ascolti? Pensate alle recenti vicende calcistiche: non avevamo fatto neppure in tempo ad apprezzare la scelta di sospendere il campionato per la morte di un calciatore che, domenica scorsa, ancora una volta il calcio ha dato il peggio di sé. Una partita sequestrata da una tifoseria arrogante e violenta che intende imporre le proprie logiche non solo alla squadra ma anche al resto dei tifosi che magari volevano solo una domenica pomeriggio di divertimento. La voce del calcio può diventare così forte che ti fa perdere il senso di altre voci, ad iniziare da quella del buon senso e della legalità. Comprendiamo allora che non è solo un problema di classe politica ma di generale disponibilità ad ascoltare una voce che talvolta sovverte i criteri umani e ci suggerisce prospettive che devono tener in piedi la vita, la tua e quella degli altri, anche fuori di un campo sportivo. Chi ascolti? Le mie pecore ascoltano la mia voce, ribadisce il Buon Pastore e forse riaprire il suo vangelo, anche di questi tempi, può farci percepire un po’ di più la sua presenza e le coordinate verticali che tengono in piedi la vita.

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