sabato 14 aprile 2012

Omelia 15 aprile 2012

Seconda domenica di Pasqua

In questi giorni in Vaticano si è concluso il restauro conservativo della risurrezione di Fazzini, la scultura bronzea che sta sullo sfondo dell’aula Nervi nella quale il Cristo emerge da un intrico di rami e di radici che sembrano volerlo trattenere. In realtà quell’intreccio percorre il cuore di ogni uomo nel momento in cui si trova di fronte all’evento della risurrezione. Mito o realtà? Che vuol dire risurrezione? È ragionevole credere? Sono le domande che pone Tommaso, il nostro gemello, nel momento in cui gli altri discepoli attestano di aver veduto il Signore. «Se più non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Qual è il percorso mediante il quale il Risorto vince l’intrico di rami e radici che sembrano pregiudicare la pasqua nel cuore di Tommaso?

1.    Anzitutto una notazione cronologica. Otto giorni dopo. Otto giorni dopo Gesù ritorna. Un aspetto importante che ci fa capire che i tempi di Dio non sono i nostri e le occasioni che ci dà sono innumerevoli poiché continuo da parte sua è il desiderio di raggiungere i suoi figli. Quando un’azienda ti dà gli otto giorni vuol dire che è finita. Gli otto giorni di Dio segnano invece la perenne possibilità di cominciare e ricominciare. Non è mai tardi. Forse è per questo che la comunità cristiana ha iniziato a celebrare la domenica: è l’ottavo giorno che ci viene offerto ogni settimana per poter incontrare, riconoscere e accogliere il Risorto nella nostra vita. Mentre osserviamo che su questo giorno si addensano le nubi delle liberalizzazioni che fanno del negozio l’elemento determinante, da cristiani non possiamo dimenticare che la domenica ci è data come giorno di rottura, come giorno “altro” rispetto al modo produttivo e commerciale per vivere il tempo: il giorno della gratuità nel quale anche Dio “gratis” si fa presente, come sorpresa, come novità. Un prete della nostra diocesi ha fatto molto parlare di sé in questi giorni per aver invitato i fedeli che di domenica fanno la spesa ad andarsi a confessare. Noi viviamo in questo mondo e sappiamo che non è più la campana a decretarne i ritmi. Ma nel mondo possiamo custodire uno spazio per Dio perché ogni otto giorni possa tornare a dirci chi siamo

2.    Quando il Risorto appare, nuovamente ripete quella parola: Pace. Lo trovi se accogli questa logica. Se invece vivi agguerrito trovi solo te stesso e le tue pretese: Se non vedo non credo. A volte Dio ci risulta incomprensibile perché ci manca un po’ della sua pace. Preferiamo la contrapposizione, il conflitto, la ribellione. Preferiamo farne il grande nemico perché questo paradossalmente ci rassicura e non ci costringe a cambiare. Provate a pensare al fatto che in questi giorni ha trovato molto spazio sui giornali. Un ragazzino di Ferrara disabile grave cui sarebbe stata negata la comunione. Ne sono state scritte di tutti i colori e tutte riconducibili a una chiesa arcigna che pone le sue regole disciplinari prima della persona. Invece la chiesa aveva concordato con la famiglia del ragazzo un gesto di accoglienza nell’impossibilità di dargli adeguatamente la comunione: una carezza, da parte del parroco nella quale si voleva custodire ed esprimere tutto l’affetto di Dio per quel suo figlio disabile. Ma questo non fa notizia: meglio evocare gli spettri informativi che confermino il caricaturale postulato della Chiesa e della stessa fede "maligne" ed estranee alla vita vera della gente. Un preconcetto che crea astio, rancore, diffidenza e che porta a concludere che anche Dio sia una montatura o un nemico. Pace a voi, dice Gesù risorto. Guarda quel che capita con un po’ di serenità in più. Se hai deciso in partenza che Dio ti è ostile o si è messo in mano a gente sbagliata, come potrà dirti e darti qualcosa di sé? E se a quegli apostoli che lo hanno abbandonato Gesù è tornato a dare fiducia perché un po’ di fiducia non puoi averla anche tu?

3.    Infine quei segni. Incontri il Risorto se ne vedi le piaghe, se su di esse poni la mano. Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente. Non sappiamo se Tommaso abbia messo quella mano. Ma quello che ha visto è stato sufficiente per riconoscere il Risorto. C'è la piaga, ma non è più quella di prima. La ferita è diventata una feritoia che lascia intravedere qualcos’altro. Alcuni dei catecumeni che a pasqua hanno ricevuto il battesimo hanno storie molto sofferte. Per qualcuno il cristianesimo è diventato addirittura estromissione dalla propria famiglia. Ma una di loro diceva: «Se con quello che ho patito riesco a perdonare, capisco che c’è Gesù». Ecco le ferite che si trasformano e ci fanno intravedere una nuova luce. Dov’è il Risorto? Nel rancore che si trasforma in perdono, nel farci prossimo anche se siamo dei bisognosi, cercando di esserci invece di fuggire, nell’impegno operoso invece di gettare la spugna. Le ferite ce le portiamo addosso, ma non ci spaventano perché qualcuno le trasfigura.

Ecco il Risorto di Fazzini: si dà sempre così, come uscita dal groviglio, tenace affermazione che la morte non può avere la meglio. E diventiamo gemelli di Tommaso non solo per incredulità ma anche nella fede che con stupore dichiara: Mio Signore e mio Dio.

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