giovedì 6 ottobre 2011

Omelia 2 ottobre 2011

Ventisettesima Domenica del T. O.

Siamo ancora una volta nella vigna dove si incrociano e si scontrano due logiche: una legata al proprietario che cura la sua vigna, la protegge, ne attende il frutto. L’altra legata ai vignaioli che vogliono mettere le mani sull’appezzamento, gestirlo autonomamente e impossessarsi del raccolto. Essi reagiscono con violenza ad ogni tentativo del padrone di intervenire nella sua vigna fino a mettere a morte il figlio: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Gesù sta parlando ancora una volta ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo e l’accusa nei loro confronti non è per nulla velata. Sono loro i contadini cui Dio ha affidato la sua vigna, tradendo però il contratto e inserendo altri criteri che non erano quelli originari. A nulla è valso l’intervento di Dio attraverso i profeti né quello mediante il proprio Figlio Gesù, cacciato fuori della vigna e ucciso.
Qual è la colpa che Gesù denuncia? È quella di aver ridotto la fede a sistema, di averla privata di Dio e della sua presenza, di averla snaturata e barattata con altro.

1.    Il rischio accompagna non solo i capi dei sacerdoti e i farisei, ma il cristianesimo di ogni tempo. Può diventare un sistema. E i problemi possono essere interni al sistema stesso o in chi lo accosta cercando di mantenere alcune opportunità. Pensate ad esempio alla ricerca del “catechismo conveniente”: perché se devo fare la cresima in terza media devo fare catechismo dalla prima? E allora genitori che astutamente tengono a casa i figli mandandoli solo in prossimità del sacramento. Ma il catechismo è un corso o un’opportunità di crescita, di appartenenza ad una comunità? Il riferimento ad una parrocchia è un optional generico o una relazione da vivere nella fede? Ma pensate all’intervento del card. Bagnasco nei giorni scorsi e al forte richiamo rivolto alla moralità sociale e politica: «Bisogna purificare l'aria, perché le nuove generazioni, crescendo, non restino avvelenate». Di fronte a queste parole c’è stata qualche reazione scomposta come quella di chi ha invitato la chiesa a pensare alle questioni dell’altare e a dire qualche messa in più. Ecco un altro sistema che può far comodo: un cristianesimo che si limiti a dire messa. Come se la messa non dovesse liberare energia profetica nella vita. Che cristianesimo stai cercando? Ti stanno a cuore Dio e il suo regno o l’idea che ti sei fatto di lui?

2.    Gesù però ci conduce ad una maggior profondità di analisi. Facendo del cristianesimo un sistema non c’è una semplice legittimazione di un modo di fare più conve-niente. C’è un giudizio sul cristianesimo stesso che ne fa una “pietra scartata dai costruttori”. Il giudizio è quello dell’inutilizzabilità. È inutilizzabile mediaticamente: le notizie che lo riguardano sono quelle scandalistiche o quelle della contrapposizione. È inutilizzabile anche linguisticamente, dato che l’emittente inglese Bbc d'ora in poi non darà più le date del giorno o dei fatti nominando Cristo. Niente "dopo" e niente "avanti": si dirà "common era". È inutilizzabile culturalmente perché dà l’idea di qualcosa che sa di sacrestia mentre la cultura odierna rivendica libertà di pensiero. Ricordate quando tra i banchi del parlamento è stata eletta Cicciolina? Si trattava di una battaglia di libertà. Adesso che va in pensione con tremila euro al mese ci rendiamo conto che quella libertà non era la nostra. I criteri cristiani oggi sembrano inutilizzabili. Ma questa è una bella cosa, perché vuol dire che non ci siamo venduti né abbiamo venduto il vangelo. Una pietra su questo sistema è destinata a crollare nella rovina di una modernità che vende l’ambiguità come verità e il vuoto come garanzia della libertà. Ma la pietra non va perduta perché Dio la colloca altrove, a sostegno di un altro assetto sociale.

3.    In questi giorni c’è a Treviso la Settimana Sociale sulla fi­gura di Giuseppe Toniolo, un economista cristiano vis-suto nel secolo scorso il cui pensiero però è di una straordinaria attualità e riguarda la dimensione etica dell’economia, pa­rola che fino a qualche tempo fa sembrava “scartata dai costruttori” della finanza mondiale. Adesso ci si rende conto che così non funziona e si insiste su un risparmio etico, su principi della responsabilità e della solidarietà… Erano i principi con cui nel medioevo il movimento france­scano sosteneva la nascita dei monti di pietà e delle ban­che. Principi perduti e con i quali il mondo capisce che deve tornare a misurarsi per il bene della stessa econo­mia. E non solo il mondo, ma anche chi lo abita, iniziando ad esempio a chiedersi di che banca ci si serve e che obiettivi persegue, come usa i tuoi soldi, come ne fa stru­mento di promozione sociale. Ecco, la pietra che inizia a costruire e a sorreggere qualcosa di diverso. Qualcosa di cui puoi dire: Una meraviglia ai nostri occhi. È anche il ti­tolo della lettera pastorale del nostro vescovo con la quale sollecita quest’anno la fede di cristiani adulti in una chiesa adulta. Ma non solo per la chiesa: per il mondo. Perché stia in piedi e perché ci si possa credere ancora.

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