Esequie Diego Marchesan (29 dic.
2021)
(Letture bibliche: Rm 8, 31-39 / Lc 2,41-52)
Non si sa se certe persone siano nate così o se sia
stata la vita a plasmarli. Fatto sta che Diego, fin da piccolo mostrava le sue propensioni.
Il papà lo andava a prendere in asilo e lui dov’era? Nascosto in fondo ai
tombini che formavano il trenino colorato da cui usciva solo quando gli veniva
promesso che avrebbe guidato lui il motorino per rientrare a casa. Era
affascinato dal vento. Gli piaceva vedere l’albero in giardino agitarsi quando
arrivava il temporale. «Stai lontano, gli diceva sempre il papà, c’è un leone,
ti mangia». Ma questo avvertimento rendeva la faccenda ancora più interessante.
Così, se c’era una collina, lui doveva arrivare in cima rima degli altri e, se
c’era un fiume, lui si doveva sporgere sull’argine. Poi arriva l’adolescenza
con le sue turbolenze, con le raccomandazioni che sembrano fatte per niente,
con la ribellione che accompagna numerosi ragazzi e che si riflette sulle loro
famiglie, su genitori che registrano l’inefficacia dei loro interventi.
La vicenda di Maria e Giuseppe che perdono il loro
figlio dodicenne forse ci può aiutare a comprendere quello che succede a casa
nostra, a rileggere la vicenda di Diego e a capire che perduti e ritrovati, in
fondo, lo siamo un po’ tutti.
1.
Anzitutto c’è la constatazione
di un’assenza. Un ragazzo che non è più nella carovana. Maria e Giuseppe erano
stati a Gerusalemme, per la festa di pasqua e avevano portato anche il loro
figlio. La visita ai parenti, la
liturgia del tempio, le ricorrenze, i ricordi, in una ritualità consegnata da
una generazione all’altra. Poi il ritorno, a Nazaret. Le famiglie viaggiavano unite
per affrontare meglio il cammino e i ragazzi, come avviene anche oggi, stavano
insieme, sotto lo sguardo degli adulti. Ma non era un controllo serrato. E così
Maria e Giuseppe, credendo
che Gesù fosse
nella comitiva si accorgono che manca,
solo dopo una giornata di cammino. E tornano indietro. Ecco la prima questione
importante: accorgersi di chi manca e iniziare a cercare. Non è detto che
troviamo subito chi manca, che chi è scomparso sia disposto a rientrare. Ma, cercando, evitiamo di sparire anche noi, di sottrarci alla nostra
responsabilità di padri, di madri, di educatori. Un ragazzo prima o poi prenderà
le distanze da casa, ma anche questa salutare e necessaria operazione sarà
possibile solo se c’è una casa, un riferimento, perché dal nulla non ci si può
distanziare. La vicenda di Diego interroga i rapporti che ci legano, famiglie e
genitori che spesso si chiedono che cosa possono ancora fare per un figlio che
rompe gli abituali confini, ma anche le relazioni, le compagnie di quel figlio:
stai custodendo i tuoi amici o qualcuno manca all’appello? Diego aveva tanti amici e in queste ore sono
stati proprio loro a farci conoscere qualcosa in più di lui: i suoi
spostamenti, le sue idee, la sua sensibilità, compreso il cuore che nascondeva
sotto la corazza del ragazzo testardo e ribelle. La vicenda di Diego interroga
anche le istituzioni, quelle alle quali era un po’ allergico. Ma forse è
proprio per gli allergici che dovremmo imparare ad esserci, senza pensare che
debbano sempre adeguarsi loro e accettando qualche volta di poter cambiare anche
noi, chiesa compresa. Il tentativo di costruire un oratorio risponde a questa
esigenza e dovrebbe essere un pensiero non solo del prete ma dell’intero paese
che a volte non ha idea di dove siano i suoi giovani o li presuppone nella carovana.
Uno degli aiuti che Diego ha avuto nella sua adolescenza è stata la vecchia Agenzia delle idee, realtà che ha accompagnato la storia di Castello
di Godego e che forse potrebbe ricordarci uno stile di prossimità e aiutarci a
capire se i perduti siano i ragazzi che ci provocano con il loro stile poco
convenzionale o non siamo noi incapaci di raccogliere i loro segnali. Cercare e
cercarsi. Ascoltarsi, magari mandare segnali. Attivare i localizzatori.
2. Nella ricerca di Maria e Giuseppe ci sono però
anche le loro domande: Figlio,
perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io angosciati ti cercavamo. Penso a quante volte Renato e Daniela avran fatto o
si saran fatti questa domanda. Ed è proprio questo l’atteggiamento importante:
farsi domande, capire, tenere aperta la vita e la possibilità che essa ci
riveli qualcosa in più, che l’altro di dica qualcosa in più. Perché in genere,
più che domande noi formuliamo risposte, sulla base di idee, non sempre verificate
o di pregiudizi che già hanno collocato l’interlocutore di turno nelle nostre
semplificazioni o nelle nostre esclusioni: tu sei, tu devi, tu non… Un genitore
però fa il suo lavoro e ci prova sempre: a capire, a ragionare, a dire la sua.
E allora Diego marcava le distanze: «Basta,
madre! Te me ghe insegnà tutto. Desso fasso mi». Daniela, per tutta risposta, gli mandava una faccina
con la bocca cucita. E lui allora, di lì a poco, nuovo messaggio: «Scusa, mammetta». Madre, quando si impuntava e difendeva il territorio, mammetta quando capiva che quel legame era vitale. E così Daniela si rifugiava
nelle parole di Madre Teresa. I figli sono come gli aquiloni: gli insegnerai
a volare, ma non voleranno il tuo volo. Gli insegnerai a sognare, ma non
sogneranno il tuo sogno. Gli insegnerai a vivere, ma non vivranno la tua vita.
Ma in ogni volo, in ogni sogno e in ogni vita rimarrà per sempre l’impronta
dell’insegnamento ricevuto. Educare vuol dire credere in
una promessa di vita buona, anche quando tarda a realizzarsi. E forse, proprio
per questo, Daniela, pensando ai suoi figli, ogni tanto si affacciava sulla
finestra di casa, verso il Santuario della Crocetta, dicendo: Ciao, Maria,
ricordate che i ze tui. Eora vedi ti.
3. Infine
le convinzioni. Perché ogni ricerca insegna qualcosa. Ci possono far
riflettere le parole che Gesù rivolge ai suoi: «Perché mi cercavate? Non
sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Sia chiaro,
Diego non era Gesù, come Daniela e Renato non erano Maria e Giuseppe. Come noi
non siamo nessuno per intervenire nelle loro faccende. Ognuno porta con sé
risorse e fatiche, energia e limite e ciascuno a casa propria nasconde qualcosa
che gli altri non sanno. Ma quella risposta di Gesù non va a frugare nei
nascondigli: è un invito a figli, padri e madri, forse anche a fratelli, nonni,
amici a interrogare la vita ad un livello più alto. Quello delle cose del
Padre. Perché a volte la confusione avviene quando siamo troppo legati alle
cose della terra e non ci rendiamo conto che è il cielo la nostra misura
più vera, come questo tempo di natale ci aiuta a ricordare. Gloria a Dio nei
cieli e pace in terra agli uomini che lui ama. Abbiamo bisogno di prendere
sul serio la vita e i suoi confini, abbiamo bisogno di distinguere ciò che resta
da ciò che passa, abbiamo bisogno di agganciare i giorni a Qualcuno che li
accompagni e li custodisca. Chissà qual era il mondo religioso di Diego: non
amava la chiesa, ma don Giovanni Faganello, rettore della Crocetta, gli era
rimasto nel cuore e lo andava a trovare. Non era tipo di tante devozioni, ma tornando
dal Messico aveva con sé le medaglie di Nostra Signora di Guadalupe; chissà se
credeva nella vita eterna, ma per i funerali della nonna era arrivato da
lontano, accompagnandola con le preghiere. E soprattutto era uno dal cuore
buono e generoso, che per aiutarti faceva l’impossibile. Allora, certo, sono
importanti le preghiere, la messa, le medagliette, ma il paradiso è aperto
soprattutto dalla carità, quella che sai praticare anche se non sai che si
chiama così.
Diego scherzando, rassicurava ai suoi: «Vedarì che a 35
anni metto a testa a posto». Poi l’obiettivo dei 35 era stato spostato ai
40. Li avrebbe compiuti proprio oggi, 29
dicembre. Vedrà il Signore se quella testa, Diego, l’avesse messa a posto.
Forse però poco importa. Perché quel che interessa a Dio non è tanto la tua
testa, ma il tuo cuore. Che possa aprirsi a lui e agli altri, che possa
ospitare ribellione ma anche verità, che possa battere delle tue passioni ma
anche delle passioni di Dio per ciascuno dei suoi figli, compresa la passione
con cui li va a cercare nel momento della morte. Diceva S. Paolo poco fa: Chi
ci separerà dall’amore di Dio in Cristo Gesù? Chi può resistere alla sua
ricerca? Affidiamo Diego al Signore. Lo accompagni all’incontro la Vergine
della Crocetta, sua vicina di casa, che l’ha visto crescere e che meglio di
ciascuno di noi sa leggere e comprendere il cuore di questo suo figlio. E la
Vergine accompagni anche noi e ci insegni la maternità vera, quella di una
chiesa e di una società che non perdano nessuno e che possano essere ugualmente
casa, ovunque un ragazzo, un giovane o un uomo mettano la loro dimora.
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