Funerale
Egidio e Massimiliano Battaglia (4
mar. 2021)
(Testi di riferimento - Ap 21,1-7 / Mc 1,
12-15)
In quel tempo lo Spirito sospinse Gesù nel deserto. È la pagina delle tentazioni che ha aperto il tempo
della quaresima e che ha accompagnato anche questi nostri difficili giorni.
Anche noi siamo stati sospinti, anzi gettati
nel deserto ed esposti ad una aridità che non pensavamo esistesse.
Gettato nel deserto
Egidio, prigioniero di una diagnosi mal comunicata o mal intesa, che per lui
era diventata un valico insuperabile.
Gettato Massimiliano,
fragile germoglio di vita, strappato ai suoi giorni, proprio da chi quei giorni
li voleva assicurare in tutta la loro bellezza.
Gettata Adriana, che
ha visto crollare un progetto famigliare condiviso con Egidio e con il suo
bambino, travolta da una sofferenza che nessuna madre dovrebbe conoscere.
Gettata nel deserto anche
la famiglia di Egidio, perché un figlio che si sposa, un nipotino che arriva
sono quanto di più bello la vita ti riservi e non vi sono difficoltà che non
possano essere condivise e affrontate con la forza dei nonni.
Nel deserto anche gli
amici di Egidio che ricordano la simpatia, la responsabilità di un ragazzo che
ai legami teneva parecchio e che, caparbio com’era, forse non li voleva
appesantire con quello che portava nel cuore.
E gettati anche noi, piccolo
centro di provincia, in una cronaca sproporzionata che pensavamo appartenesse
solo alle grandi città, dimenticando che il male serpeggia invisibilmente e, ovunque,
getta inquietudine, dolore, sconcerto.
Nel deserto. Tutti. Sperimentando
ancora una volta la tentazione. Quella di capire senza la pazienza di
ascoltare, quella di parlare senza sostare sul silenzio e sulle domande vere,
quella di cercare altrui responsabilità, senza intravedere le nostre, ivi
comprese quelle legate a questo tempo faticoso che ci impedisce e talvolta ci
fornisce l’alibi, di esserci veramente accanto e di portare i pesi gli uni
degli altri.
Proviamo delusione anche sul piano della fede,
l’ipotesi dell’assenza di un Dio che doveva esserci e ci ha dato buca. Dov’era
il Signore quando Egidio ha fatto quello che ha fatto? Ma anche questa è tentazione:
di sfuggire a noi stessi e alla conoscenza di un Dio che non interviene
magicamente nella vita degli uomini, ma agli uomini dà sempre la garanzia di
una speranza più grande. Dov’è Dio e dove siamo noi quando lui ci dà
appuntamento, quando vuole suggerirci i segreti della vita, quando vuole
regalarci orizzonti più grandi di quelli terreni? Non è lui che ci abbandona,
siamo noi che a volte pensiamo di farcela senza di lui. Ma Dio non se ne va
indispettito. Ci aspetta nel nostro deserto, insieme a Gesù e ci suggerisce tre
parole che forse abbiamo smesso di udire. Parole ricche di vangelo, quello che
Gesù annuncia dopo la tentazione e al quale chiede di orientare la nostra vita.
Convertitevi e credete al vangelo.
1. Fragilità. La prima parola ci ricorda la verità della vita, alla
quale appartengono le imprese di cui siamo capaci e i limiti di cui facciamo
esperienza. Penso ad Egidio, al suo coraggio e alla determinazione imparata
nella Brigata Folgore dei paracadutisti. Penso al suo lavoro tecnico-specialistico
in giro per il mondo a collocare impianti, ad aggiustare quello che non
funzionava, qualche volta in assenza dei pezzi necessari e cercando ugualmente
di far fronte ai problemi. A volte però la vita presenta situazioni dove le
soluzioni non sembrano disponibili e dove l’imprevisto appare più grande di
ogni rimedio. Egidio è stato paracadutato nella vicenda di un figlio che sembrava
affrontare la vita con qualche incertezza, come spesso capita nei bambini. La
diagnostica ha evocato alcuni rischi e tanto è bastato per chiudere la
speranza: quello che poteva essere un ragionevole passaggio evolutivo di un
bambino è divenuto un varco inaccessibile per il padre. E mai come in questo
caso ci si rende conto di quanto sia importante la prudenza nel momento in cui
si elaborano referti, si suggeriscono cure, si evocano gli scenari successivi.
Prudenza determinata dall’oggettiva valutazione del caso ma anche
dall’attenzione ai genitori cui ci si rivolge, non sempre attrezzati ad entrare
nella nuova esperienza. E chi non lo sarebbe? Un problema amplificato da questa
nostra società che ha manomesso i concetti della normalità e li ha sostituiti con
una ricerca di perfezione che altera i contorni della vita e dimentica che i
limiti sono importanti: per capire chi siamo, per riconoscere fin dove possiamo
arrivare, per fuggire alle pretese di onnipotenza. E per riconoscerci bisognosi
di aiuto, di protezione, di vicinanza, di conforto. Quello che Egidio
assicurava a tanti suoi amici e faceva fatica ad accettare per sé.
Non avere paura dei
tuoi limiti. E non aver paura neanche delle difficoltà che può incontrare un
bambino, perché anche se le valutazioni terrene muovono da una presunta
normalità, tuo figlio non è mai sbagliato e ti viene affidato come una risorsa,
mai come un problema. Ne sono testimonianza i papà e le mamme raggiunti da
questi bambini, genitori che li hanno circondati di premura, di affetto e di
opportunità, lottando senza sosta contro la cultura dello scarto, promuovendo il
loro riconoscimento e l’integrazione, affermando un supplemento di umanità in
questo mondo in cui dell’umano, a volte, perdiamo pezzi per strada. Fai della
fragilità la tua forza. Fai della fragilità la possibilità di ospitare anche il
Signore. L’onnipotente è lui e nei piccoli della terra continua a fare grandi
cose.
2. Famiglia. La vicenda di Egidio ci ricorda l’universo famigliare
nascosto a casa nostra. Era bello Egidio quando faceva volare per aria il suo
figlioletto ed era bella la mamma Adriana che non si tratteneva al lavoro un
minuto in più per tornare a casa ed abbracciare Massimiliano. E questa realtà
piena di energia e di vita ci rassicura sulle misure della gioia che ogni
famiglia a suo modo sa custodire. Nello stesso tempo a casa nostra ci sono
anche le fatiche, le inquietudini, i tumulti interiori di cui talvolta ci si
rende conto quando è troppo tardi. La pandemia ha esasperato i disagi, ha circondato
di paura la vita, ha alterato la percezione di sé e degli altri, tanto che
facciamo fatica a riconoscerci. Pensiamo di essere sempre gli stessi, invece
qualcosa è cambiato. Forse nelle dinamiche di coppia e di famiglia dobbiamo
recuperare una funzione presente nei nostri smartphone: il localizzatore. Ma
quello delle geografie interiori. Per chiederci e rivelarci dove siamo, per
mandare posizioni prima di perderci, per consentire a ciascuno di arrivare in
soccorso dell’altro.
Un supporto reciproco
da non sottovalutare, da non ritenere opzionale, perché le sorprese non siano
quelle della tragedia, della divisione, ma della speranza ritrovata. Dove sei? Domanda che fin dai primordi
dell’umanità Dio continua a fare ai suoi figli, specialmete ai suoi figli che
sbagliano.
3. L’ultima parola è orizzonte.
Afferràti dalle nostre preoccupazioni ci dimentichiamo di alzare lo sguardo e
di mettere in gioco il mistero, l’assoluto, quel Dio che, pur nel computo delle
questioni importanti, non sempre rientra tra quelle più urgenti. Non perdere il
Signore perché lui ti consegna le misure corrette della vita, ti restituisce
speranza, ti mostra risorse che non credevi di avere. La fede non ci sottrae
alle difficoltà: ci aiuta ad abitarle, a riconoscere che non siamo da soli nel
cammino della vita, neanche nelle insidie più grandi. Non è consolazione degli
illusi ma persuasione dei testimoni, di chi continua a ricordare che una pietra
è stata rovesciata dal sepolcro, che un tale di nome Gesù ha aperto un varco di
risurrezione e di vita e ha legato per sempre il chiaroscuro dei giorni al
giorno senza tramonto, in cui Dio terge ogni lacrima, cancella ogni lutto e fa
nuove tutte le cose.
A questo giorno
affidiamo Massimiliano: sulle ginocchia di Gesù sia avvolto di carezze, come i
bambini che al rabbi di Galilea saltavano in braccio sulle strade della
Palestina. A tale giorno, Massimiliano trascini anche il suo papà con la forza
degli innocenti che al Signore
possono chiedere tutto, anche misericordia e perdono per un gesto che ci appare
scellerato ma sulla cui natura vede bene solo il Signore.
Quel giorno rischiari
anche Adriana, la famiglia di Egidio, i suoi amici e questa nostra comunità. Perché
sia la solidarietà a custodirci sempre, perché le luci di Dio prevalgano su
ogni oscurità, perché ogni vita sia accolta e benedetta. Sempre.
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