sabato 29 dicembre 2012

Omelia 25 dicembre 2012

Natale 2012

Sono sempre struggenti i film che ridestano la memoria dell’Olocausto e, nei giorni scorsi, quando la TV ci ha riproposto Il bambino con il pigiama a righe, mi ha fatto riflettere la scena di Bruno, il figlio dell’ufficiale nazista che entra nel campo di concentramento. Non un lager qualsiasi, ma quello a pochi metri dal giardino di casa, raggiunto nonostante i perentori divieti dei genitori e luogo in cui si sviluppa un’amicizia intensissima con un bambino internato, Shmuel. Il filo spinato che divide questi due ragazzi non ostacola il dialogo e neppure il gioco, finché un giorno Shmuel comunica a Bruno che suo padre non c’è più. E allora, la grande decisione: «Vengo di là e lo andiamo a cercare». La scena avvincente è quella di Bruno che scava un passaggio sotto il filo spinato e di Shmuel che consegna il pigiama a righe, lo stesso che lui indossa, perché l’amico si possa confondere con gli internati. I due bambini ritroveranno il padre, ma passando per la stessa tragica morte che ha subito. Il film dice il mistero del Natale. C’è un Dio che si avvicina, che si fa compagno di giochi dell’umanità, che stringe amicizia e che ad un certo punto dice: «Supero il filo spinato, ti vengo accanto, ti aiuto a cercare quanto di più importante ti sta a cuore».

1.    Questa immagine ci riconsegna il volto più autentico del Dio cristiano. È un Dio vicino, partecipe delle nostre vicende, anche quando presumiamo di far senza di lui. Nei prossimi giorni il Comitato delle Costituzioni dello Scoutismo mondiale è chiamato a pronunciarsi su un’istanza tanto singolare quanto dolorosa: quella di togliere il riferimento a Dio nella promessa degli scout. Con l’aiuto di Dio, prometto di fare del mio meglio. Qualcuno sta sottraendo gli spazi di Dio in un’esperienza educativa che è nata e cresciuta con un forte riferimento religioso. È un segnale in piena sintonia con una deriva laicista e secolarizzata con cui ci misuriamo ormai da tempo, quella stessa che toglie il nome stesso di Cristo dal natale anglofono e ne fa l’X-mas anziché il Christmas. Baden-Powel, nel suo testamento, raccomanda ad ogni scout di lasciare il mondo un po’ migliore di come l’ha trovato. Siamo così sicuri che il mondo senza Dio che stiamo consegnando alle giovani generazioni sia davvero il meglio che possiamo regalare? E tuttavia, Dio non si dà per vinto e ogni anno alza il reticolato del lager culturale nel quale viviamo per starci accanto, per aiutarci a reagire all’appiattimento, per riprendere la ricerca di quanto ci fa uomini. Ecco il Natale: è Dio che ci sottrae alla follia di fare senza di lui e ci ricorda che terra e cielo sono uniti nell’abbraccio divino e non c’è pace vera se cancelliamo l’orizzonte della gloria di Dio.

2.    Come Dio ci fa capire queste cose? Lo fa con un Bambino. Pensate, poteva parlare attraverso i sapienti o i potenti del tempo, poteva affidare la sua rivelazione a un intelligente raggio cosmico… e invece Dio appare sulla scena del mondo con i vagiti di un bambino. Un paio di giorni fa, passando sotto la Loggia dei Cavalieri, mi sono imbattuto nelle immagini del reparto di neonatologia del nostro ospedale. Un’esposizione salutare in un’Italia attraversata da un inverno demografico che non solo interroga il nostro futuro, ma rende inquieto il nostro presente privandoci di partecipare al miracolo della vita e a quello che la vita porta con sé, a chi nasce e a chi l’accoglie. Perché quando stringi un bambino tra le braccia scopri un mistero del quale sei partecipe ma non sei l’artefice, scopri che la verità non appartiene solo ai ragionamenti ma anche ai sentimenti, scopri che nella vulnerabilità c’è una forza che libera un’altra parte di te. E questo è anche il Dio cristiano: si fa bambino per dirti che è alleato della vita, per riguadagnare la tua parte migliore, per risvegliare il fascino di un rapporto con l’Assoluto che è fatto di un cuore che batte e non solo di vecchie fotografie o di inaccessibili teoremi. Dio si fa bambino per poter essere accolto con fiducia e, nel realismo della sua incarnazione, non si nasconde solo nel segno del presepe, ma in ogni bambino della terra: per nascere e rinascere, come uomini e come credenti.

3.    Ed infine quel Bambino ci ricorda l’oscura vicenda di una notte che non è solo quella poetica descritta dai canti natalizi, ma è quella che corrisponde ai motivi dell’incarnazione. La notte del cuore umano, segnato da un male che sembra invincibile, come quello che spinge il piccolo Bruno e l’amico Shmuel nella camera a gas. Dio viene per strapparci da questa realtà, per dirci: la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. A volte la camera a gas è quella cui condanniamo la nostra e l’altrui esistenza con le nostre chiusure, le pretese indebite, i risentimenti. Camera a gas è quella che porta un figlio a mettere in casa di riposo la madre per affittarne l’appartamento, è quella che ci rende irremovibili di fronte a chi ci chiede perdono, è quella di chi condiziona pesantemente i rapporti familiari imponendo se stesso. Se a Natale intuiamo che c’è qualcosa che può andare diversamente, forse questo non è solo un attimo di emozione, ma è la novità di Dio che sta giungendo, la sua luce che ti vuole condurre fuori dal gas e restituirti al respiro di Dio. Per questo quel Bambino è venuto e per questo si fa compagno di tutti i tuoi giorni: perché sia sempre aperta la possibilità di ritrovare la tua dignità. A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio a quelli che credono nel suo nome. Fa’ del Natale la possibilità di rinascere in quella novità con cui Dio ti ha pensato e non lasciare che l’oscurità abbia la meglio. Questo sarà il Buon Natale: che Dio ha in mente e che oggi, ancora una volta, rende possibile.

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