domenica 10 maggio 2020

Omelia 10 maggio 2020


Quinta domenica di pasqua

I fatti capitati lungo i Navigli, a Milano, sono l’icona di questi giorni in cui qualcuno esce, incurante delle misure di sicurezza e in cui qualcuno cattura chi esce, con le proprie foto e con i propri post, in un misto di indignazione e forse di invidia. Perché il nostro sdegno non è mai del tutto puro e spesso porta con sé una inconscia voglia di rivincita, di fare altrettanto, quello che a noi è proibito. Siamo come i discepoli di lingua greca che mormorano contro quelli di lingua ebraica perché vedono dei privilegi inaccettabili nel modo di gestire la comunità. Non è detto che dal virus usciremo cambiati, non è detto che usciremo migliori. Intorno a noi percepiamo sentimenti che non sono sempre quelli della solidarietà che questo tempo ci ha regalato. Sentiamo che spesso montano la rabbia, la cattiveria, il risentimento, la preoccupazione che ci toglie la pace. E soprattutto la tentazione di fare confronti. Tra prima e dopo, tra noi e gli altri. A rimedio di questa agitazione Gesù suggerisce la fede. Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Ecco l’invito importante rivolto ai discepoli: smettetela di guardarvi tra voi, di riempirvi di sospetti, di alimentare le paure. Vivete la vostra vita con me. Che non vi capiti di guardare i Navigli più di quanto non guardiate il vangelo! E per darci la persuasione che di lui ci possiamo fidare, Gesù riserva ai suoi amici un’altra delle sue grandi affermazioni. Io sono. Ogni volta che Gesù parla di sé in questo modo, sta evocando il nome santo di Dio, la sua presenza, la sua alleanza, come ha fatto con Mosè. Io sono colui che sono. Che vuol dire: ci sono, ti puoi fidare, ho ancora tante cose da dirti e da darti. E a queste parole di rassicurazione, Gesù aggiunge tre immagini. Io sono la via, la verità e la vita.

Ed ecco allora l’immagine di oggi. Van Gogh, Sentiero di notte in Provenza, 1890. Van Gogh, Sentiero di notte in Provenza. 1890 Museo Kröller-Müller, Otterlo, Paesi Bassi È l’anno di morte del pittore, quindi questo è uno degli ultimo lavori, quando l’artista si trovava a St. Remy, nella primavera di quell’anno.

Van Gogh non ha in mente il vangelo, tanto meno la pagina che abbiamo appena ascoltato, ma ci fa capire con la sua esperienza e la sua riflessione artistica, come il vangelo ci possa stare in mezzo, anche alle nostre inquietudini.

1.    Anzitutto osservate la strada. Su di essa si muovono due uomini a piedi e, più lontana, una coppia in calesse. La strada, come la vita ha varie velocità e intreccia i cammini degli uomini. Osservate poi i movimenti e i panorami: è una strada sinuosa, sterrata, fatta di cielo e di terra, di paesaggi, di un canneto, di una casa. Una casa che sembra dire: esci di casa e fa della strada la casa. E poi strada di cui non si vede l’origine, né la destinazione, non perché non siano importanti, ma perché non di meno lo è il preciso tratto che stai percorrendo. La fede che Gesù ti chiede è nell’abitare la strada con lui, qualunque sia il tratto di strada che la vita ti riserva. E poi di sentire che lui è strada per la tua vita. Io sono la via. Non perché ci sono i capitelli o le chiese, ma perché lui è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Dov’era Dio nella pandemia? Con tutte le risorse spirituali che abbiamo scatenato? Ci aspettavamo il miracolo. Ma il miracolo è stato nel non crederci diversi dagli altri uomini, il miracolo di chi ti vive accanto, il miracolo della solidarietà, della preghiera, di chi si prende cura di te perché scorge le tue difficoltà. Il miracolo della strada.

2.    Altro aspetto affascinante del dipinto è il cielo. Il blu cobalto che piace tanto a Van Gogh. E in questo cielo, da un lato la luna: una falce di luna crescente. Dall’altro una stella, anzi, due stelle, una più grande e una più piccola, che splendono quasi impazzite di luce. Gli astronomi pensano che quelle due stelle siano Venere e Mercurio, che brillano verso il 20 aprile nel cielo della Provenza. Da un lato luce riflessa, dall’altro quella sorgiva. La verità è attingere alla sorgente della luce. Chi fa la verità viene alla luce, assicura Gesù. E la verità è lui. Lasciati illuminare. Che vuol dire: sii meno perentorio nelle tue affermazioni, rifletti, abbi pazienza. Sta attento a quello che ascolti, verifica la fonte: non tutti sanno tutto. E poi prova a ricordare qualche versetto di vangelo e a collegarlo alla vita. In questo tempo alcuni genitori che aspettavano il battesimo dei loro figli e magari con l’idea di fare una bella festa, mi stanno dicendo: Don, la festa è il battesimo. Il resto quando si potrà. Mi pare sia proprio la sfida della verità. Brilla il Signore e brilla anche quel sacramento in cui si fa azione. Due stelle che illuminano la nostra vita di un figlio che cresce.

3.    E infine quel cipresso, albero che Van Gogh amava e che ritorna frequente nei dipinti. Alto solenne, è un’immagine di vita che va oltre la vita. Non a caso i cipressi sono l’albero dei cimiteri, quasi a indicare cammini ascensionali. Io sono la vita, dice Gesù. Ma, con Van Gogh, sembra interrogarci: che vita cerchi? Guarda in alto e recupera le misure più alte della vita, recupera il rispetto per ogni vita. Abbiamo capito che la morte vera è la solitudine e che qualche volta arriva anche prima di andarsene, quando sei fuori gioco, quando sei escluso, quando sei scarto. La liberazione di Silvia Romano ci mette di fronte a una bella pagina di vita: quella di questa ragazza, ma anche quella di coloro ai quali lei è andata a portare vita, con il suo volontariato. È in questa vita piena, audace, controcorrente che il Signore ci invita a credere e a operare, ovunque ci sia un appello per sottrarre l'uomo a mani nemiche della vita, ma anche dove la vita non si accontenti della terra e cerchi orizzonti più alti, fatti di cielo. 

Non rimanere nei Navigli, fermo all'apericena. Mettiti sulla strada di Dio, guarda oltre e in Gesù riconosci la via, la verità e la vita.

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